Vittorio Veltroni, Panorama 13/9/2012, 13 settembre 2012
LA GUERRA TRA APPLE E ANDROID FA BENE A TUTTI
Steve Jobs non usava eufemismi quando, al suo biografo Walter Isaacson, rivelava di ritenere Android «un prodotto rubato che mi costringerà a una guerra termonucleare». Eh sì, perché la Apple aveva vissuto un’esperienza simile, negli anni 80, quando, dopo avere ridisegnato la logica dell’interfaccia tra uomo e macchina inventando una navigazione fatta di icone con uno strumento chiamato mouse, dopo avere rivoluzionato il concetto di computer personale con la prima serie di Apple e poi di Macintosh, si ritrovò a soccombere verso un rivale, la Microsoft, che ne aveva riproposto il modello ma trasformato l’approccio commerciale. La Apple aveva deciso di integrare hardware, software operativo e applicazioni per dare più qualità al cliente, mentre la Microsoft sceglieva di concentrarsi solo sul software (sistema operativo e alcune applicazioni) e di licenziarlo a qualsiasi produttore di hardware volesse usarlo. L’esperienza al cliente era meno omogenea, il prodotto meno stabile, ma la comunità di costruttori di pc e di sviluppatori scelse l’apertura del modello Microsoft rispetto alla chiusura del modello Apple. Per 20 anni la Microsoft è stata, sulla base di questa scelta, la società più capitalizzata in borsa, mentre la Apple ha lottato ai confini della bancarotta, con una quota di mercato del 7 per cento dell’allora esplosivo mondo del computer personale. Bisogna perdonare, quindi, un certo grado di paranoia nella casa di Cupertino, quando, con preoccupazione, osserva i dati di quota di mercato nel mondo dei sistemi operativi mobili, dove Android ha superato la mela morsicata proprio in virtù della sua scelta agnostica nei confronti dei produttori di telefoni. Cattivi pensieri sono sicuramente riaffiorati alla luce delle similitudini di approccio e di iconografia tra i due sistemi operativi, al punto da fare entrare la Apple in una guerra legale non tanto contro la Google (che possiede la piattaforma Android) ma contro i singoli costruttori di apparati che licenziano Android dalla casa di Mountainview (situazione complicata dall’acquisto Google della Motorola, terza azienda per commercializzazione di smartphone Android). Guerra che per ora ha dato qualche soddisfazione, con la sentenza che ha condannato la Samsung (principale produttore di telefoni Android) a pagare alla Apple danni per violazione di copyright di oltre 1 miliardo di dollari. Sentenza che ha spinto la Google a ritornare nei laboratori per modificare alcuni aspetti del sistema operativo e della sua interfaccia verso l’utente. La Apple ha imparato la lezione degli anni 90 e difende con le unghie e con il miele il vantaggio competitivo generato con iPhone e iPad. L’ecosistema Apple (iPhone, iPad, iPod) è molto più remunerativo sia per la Apple stessa sia per gli sviluppatori terzi che distribuiscono all’interno di quel sistema. Se è vero che per ogni quattro apparati Android attivati viene venduto un apparato Apple, è anche vero che quel singolo apparato Apple genera tre volte il fatturato di Android. Il che vuol dire che chi sviluppa per la Apple è meglio pagato e chi usa l’apparato Apple ha più applicazioni e prima. Il valore nell’avere una propria piattaforma va ricercato in questa equazione, che poi è la stessa che ha portato al successo la Microsoft nella guerra dei pc, cioè attirare i migliori produttori di software e servizi dentro il proprio ecosistema; ottenuto questo, i clienti finali seguiranno. Secondo la Distimo, l’Appstore genera 5,4 milioni di dollari al giorno per i primi 200 produttori, mentre Googleplay genera 679 mila dollari con un rapporto di 8 a 1. La Apple, nel primo semestre 2012, ha generato il 77 per cento di tutti i profitti della industria mobile. I dispositivi mobili sono più personali del personal computer, contengono non solo le nostre comunicazioni ma anche dati legati a geolocalizzazione, gerarchie sociali e comportamenti di consumo; i dispositivi mobili stanno diventando il cuore distributivo dell’informazione e dell’intrattenimento. In sostanza, possedere il rapporto con il cliente in questi campi permetterà di definire l’ecosistema di visibilità e distribuzione dei contenuti, delle informazioni, del commercio elettronico e delle attività di conversazione sociale. Il tutto a fronte di una quota di intermediazione e fatturato ricorrente. Questo territorio non fa gola solo a chi produce software; oltre ad Apple, Google, Microsoft e Rim, ci sono anche le Telco e i produttori di telefoni. Ci sono i grandi negozi di consumo culturale (Amazon con la sua versione di Android per il suo tablet Kindle), i produttori di contenuti (Netflix, Hulu, Next Issue Media), di televisioni intelligenti, di tablet pc, di console per giochi elettronici. La competizione cresce e, se in parte si manifesterà in cause e patenti, in altra parte si manifesterà nello sviluppo di prodotti e di servizi. Una buona notizia per i consumatori.