Lucia Annunziata, Gioia 13/9/2012, 13 settembre 2012
Il posto di Emma – Di questi tempi, avere un cervello, e saperlo sfoggiare più di gonne e tacchi, porta lontano
Il posto di Emma – Di questi tempi, avere un cervello, e saperlo sfoggiare più di gonne e tacchi, porta lontano. In quella che potremmo definire un’accelerata rivoluzione copernicana, la forza delle donne in Italia si è improvvisamente materializzata. Al punto che in quasi tutti i campi, ma specialmente in politica, basta che arrivi una signora intelligente e competente perché media ed elettori (speranzosi) gridino alla nascita di un nuovo leader. È successo, lo scorso fine settimana, a Emma Marcegaglia, ex leader della Confindustria, acclamata alla festa dell’Udc come nuova, possibile candidata a Palazzo Chigi. Durante l’assemblea autunnale dell’ex (in quanto sciolto di fatto) partito di Ferdinando Casini, è bastato che lei salisse sul palco in jeans e sandali per galvanizzare un uditorio in attesa di novità (e di qualche miracolo). In poche ore numerosi mazzi di rose e articoli di giornale hanno consolidato questo status di leader nazionale della Marcegaglia. A dispetto delle sue stesse, caute, smentite («È troppo presto, per ora devo tornare alla mia azienda e alla mia famiglia»), questo possibile ruolo le si è già appiccicato addosso. Ma davvero può farcela? Prima di rispondere, ritengo opportuno fare una digressione sulle qualità dell’ex signora di Confindustria. La Marcegaglia non è nuova alla scena politica: è dall’inizio degli anni 90 che riveste un ruolo a livello nazionale, iniziato nel 1996 con l’incarico di presidente dei giovani industriali, quando fece irruzione in quel mondo con garbate (e ammirate) minigonne e un piglio che l’organizzazione non conosceva. Da allora si è costruita una biografia degna di nota, che l’ha portata fino all’incarico più alto, quello di presidente di Confindustria, ricoperto fino a qualche mese fa. In meno di vent’anni è diventata una donna accorta, che ha esercitato il suo potere con molta, forse troppa, attenzione. Non ha lasciato il segno in termini di programma: non è stata battagliera come Antonio D’Amato, l’uomo dell’articolo 18 e del berlusconismo rampante, né come Luca Cordero di Montezemolo, uomo dell’élite. Per certi versi, la Confindustria marcegagliana è stata più politically correct che innovatrice. Non è detto, però, che la sua prudenza sia stata sbagliata. Se gli incarichi vanno valutati anche per quello che costruiscono nel “dopo”, è innegabile che anche D’Amato, oggi, sia su posizioni diverse da quelle berlusconiane degli inizi, mentre Montezemolo sia ancora una figura dal profilo irrisolto, in bilico tra impegno pubblico e business. La prudenza della Marcegaglia è invece apparsa subito perfettamente idonea in politica, dove in tempo di crisi cautela e competenza pagano più delle spacconate verbali. Dunque, non è strano che l’Udc, il partito che ambisce a diventare il punto di riferimento di un nuovo mondo moderato, l’abbia adottata. Cogliendone la novità, ma apprezzandone la continuità. Però, per quel che riguarda l’approdo di Emma a Palazzo Chigi, andrei cauta. I giochi politici sono troppo pressanti. In questo senso la prudenza con cui ha accettato e, al tempo stesso, sminuito un suo possibile futuro politico, sono una prova d’intelligenza. Quella camminata in jeans e sandali sul palco dell’Udc ha comunque un significato incontrovertibile: qualunque sarà l’abito pubblico che deciderà di indossare, Emma ha varcato la soglia del nostro orizzonte politico. E ci rimarrà.