Luca Cifoni, Il Messaggero 13/9/2012, 13 settembre 2012
PER L’ITALIA UN ESBORSO DI 14,3 MILIARDI ENTRO IL 2014
Poco più di 14 miliardi di contributo diretto al capitale, da qui al 2014. E un impegno complessivo per oltre 125, che comprende anche il capitale «richiamabile» solo in caso di necessità. Sono queste le dimensioni dell’impegno finanziario dell’Italia nell’ambito dell’Esm, il meccanismo di stabilizzazione che ha appena ottenuto il via libera condizionato della Corte costituzionale tedesca. Ma le somme erogate direttamente al capitale del nuovo fondo rappresentano solo una parte dei contributi richiesti al nostro Paese a seguito della crisi dell’area euro: alla fine dell’anno in corso tutti questi finanziamenti gonfieranno il nostro debito pubblico per una somma pari a circa 48 miliardi, il 3,1 per cento del Pil, in base alle stime contenute nel Documento di economia e finanza. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha parlato di un costo complessivo di 45 miliardi.
Il contributo italiano al meccanismo di stabilizzazione, come avviene per gli altri Paesi, sarà proporzionale alle quote di partecipazione alla Bce, le quali a loro volta dipendono dalla popolazione e dal prodotto interno lordo di ciascuno Stato. Per il nostro Paese la percentuale nell’Esm è dunque fissata al 17,9 per cento. A differenza di quanto avviene con il fondo provvisorio (Efsf) per i Paesi che riceveranno gli aiuti non c’è la possibilità di sottrarsi alla contribuzione e dunque la nostra quota dovrebbe restare costante. Applicata agli 80 miliardi di capitale direttamente versato («paid-in») equivale a un contributo italiano di 14,3 miliardi, da versare in cinque rate uguali fino al 2014. Due rate dovrebbero essere versate quest’anno, per un totale di quasi 5,8 miliardi e sono state contabilizzate, anche se proprio in attesa del pronunciamento tedesco il primo pagamento previsto per luglio non è ancora avvenuto.
Sul capitale totale di 700 miliardi, inclusi i 620 «richiamabili», la quota italiana è di 125,4 miliardi. Non si arriverà però a questo esborso, perché il Trattato che istituisce il meccanismo di stabilità prevede che le garanzie scattino solo in casi ben precisati, ossia se si materializzano perdite di rilevante entità.
Tra Efsf e Esm c’è una differenza fondamentale: il fondo definitivo a differenza di quello temporaneo può emettere titoli in proprio, senza passare per i bilanci degli Stati membri: questo vuol dire che, una volta corrisposto il capitale paid-in, gli effettivi interventi di aiuto non si traducono per loro in nuovo debito pubblico.
Nonostante ciò, la partecipazione del nostro Paese ai vari programmi di sostegno dal 2010 in poi (gli aiuti alla Grecia, il contributo al fondo Efsf e le altre forme di sostegno bilaterale) ha progressivamente appesantito il debito pubblico. Alla fine dello scorso anno l’importo ha superato i 13 miliardi di euro, portando il rapporto debito/Pil dal 119,2 al 120,1 per cento. Per il 2012 il costo della solidarietà è ancora più consistente: 48 miliardi. Questo vuol dire che il nostro debito pubblico avrebbe potuto collocarsi al 120,3 per cento del Pil invece del 123,4 stimato dal ministero dell’Economia. L’effetto negativo sul debito è destinato a proseguire negli anni a venire, con un’incidenza massima pari al 3,7 per cento del Pil nel 2014.
Tra gli impegni a cui fare fronte quest’anno, oltre alla partecipazione al capitale Esm, c’è anche il programma di aiuto alle banche spagnole, che è rimasto sospeso tra Efsf e Esm a causa del ritardato avvio di quest’ultimo. Nello scorso mese di luglio è stato deciso il versamento dei primi 30 miliardi.