
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il tizio che con il mitra e un paio di pistole (sempre un maschio) ammazza tutti in un luogo affollato – un campus universitario, un ufficio, una sala d’aspetto’ è ormai un luogo comune della cronaca nera americana. Nelle ultime 48 ore, di massacri di questo tipo ce ne sono stati due. Uno a Orlando in Florida: nel Gateway Center, un palazzo d’uffici di sedici piani che si trova al centro della città, un uomo di nome Jason Rodriguez, 40 anni, ha aperto il fuoco contro i suoi vecchi colleghi di lavoro. Ne ha ammazzato almeno uno e ne ha feriti cinque, ma le notizie, mentre scriviamo, sono ancora frammentarie. Il presunto assassino è poi scappato a bordo di un Suv Nissan ed è stato arrestato dalle forze speciali nella casa della madre dove si era rifugiato. L’altra sparatoria è avvenuta in Texas, nel Soldier Readiness Facility, il centro medico di Fort Hood. Fort Hood è una delle più grandi basi militari del mondo, 30 mila tra soldati e loro familiari, centri commerciali, cinema, teatro, campo di softball. L’autore della strage – 13 morti, 31 feriti – si chiama Malik Nidal Hasan, 39 anni, nato in Virginia, ma figlio di un immigrato giordano, musulmano convinto e per questo, specialmente dopo l’11 settembre, guardato con una certa diffidenza. E tuttavia con un bel curriculum alle spalle: portava la divisa da vent’anni ed era stato promosso da poco maggiore, s’era laureato in medicina e specializzato in malattie mentali. Adesso sarebbe dovuto partire per l’Iraq e questa prospettiva lo sconvolgeva. Giovedì, dopo essere stato a fare spese in un centro commerciale (ci sono una ventina di foto che lo ritraggono in jellabah , il camice arabo, e sorridente mentre fa acquisti poche ore prima della strage), s’è presentato al centro medico armato di una semi-automatica e di un altro paio di pistole. S’è messo a sparare in mezzo all’andirivieni di militari, medici, infermieri, assistenti e gente qualunque. Mentre faceva fuoco gridava «Allah Akbar», cioè «Allah è grande ». A bloccarlo, a quanto s’è capito, è stata una poliziotta, Kimberly Munley, che appena entrata nello stanzone ha capito cosa stava succedendo e chi era l’assassino e l’ha colpito quattro volte, restando a sua volta ferita molto gravemente. Malik, portato in ospedale, è ancora vivo.
• E’ tutta follia o si può intravedere un qualche movente?
Ci sono poche notizie, dunque andiamo a tentoni. La vicenda di Orlando – l’ex dipendente che va a sparare ai suoi ex colleghi – sembra collegata al dramma della disoccupazione americana, una condizione che riguarda 15 milioni e 300 mila persone. Del maggiore Malik sappiamo invece con certezza che non voleva andare in Iraq ed è certo che il movente del massacro è questo. Il terrorismo non c’entra assolutamente. La follia, sì.
• Ce ne sono molti, così? Che hanno paura, voglio dire? Mi pareva che in Iraq, a parte tutto, il contesto si fosse fatto più sereno.
Mica tanto. Il prossimo 16 gennaio si vota e questo ha provocato una recrudescenza degli atti terroristici. Non si ricorda che pochi giorni fa a Baghdad, in Haifa Street, gli shahid hanno fatto saltare in aria l’hotel Palestine, provocando la morte di 160 persone?
• Sa che cosa c’è? Nessun massacro in Iraq fa più notizia. il risultato di quasi sette anni di orrori ai quali ormai abbiamo fatto l’abitudine.
Sì, ha ragione. Nel caso di Malik c’era poi un altro fatto: aveva lavorato sei anni, come psichiatra, al Walter Reed , l’ospedale militare più famoso d’America. Qui arrivano i feriti della guerra in Iraq. Uno spettacolo orripilante, di cui nessuno si occupa. Una tragedia nella tragedia, i cui effetti si sconteranno nei prossimi quarant’anni.
• Quanti sono questi feriti?
Ci sono sedici feriti per ogni morto. Poiché i morti sono a questo punto poco meno di 4500, i feriti si aggirano intorno ai settanta-ottantamila. un popolo di senza-braccia, di senza- gambe, di relitti umani che la guerra ha fatto diventar ciechi, sordi, balbettanti, impotenti, folli. Chi lavora al Walter Reed vive in mezzo a questa umanità pressoché irrecuperabile. Linda Bilmes ha calcolato che nei prossimi quarant’anni gli Usa dovranno mettere sul piatto della bilancia, tra assistenza medica e compensi di invalidità per questi infelici, qualcosa come 350-700 miliardi di dollari. Ma sa qual è il paradosso?
• Quale?
Si tratta di uomini che in altri tempi sarebbero morti e che la tecnologia ha salvato. In Vietnam, per ogni morto c’erano tre feriti. In Corea e nelle due guerre mondiali meno di due. Adesso il rapporto è di uno a sedici! Questo inferno, di cui fa parte anche il maggiore Malik, ci è stato regalato dal progresso. Mi domando, certe volte, se non sarebbe stato meglio, semplicemente, rimanere sul campo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 7/11/2009]
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