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 2009  novembre 07 Sabato calendario

Fuori gli uomini dalla sala parto - Una stanza quasi vuota, gli strumenti indispensabili, pochi rumori e solo un’ostetrica d’esperienza

Fuori gli uomini dalla sala parto - Una stanza quasi vuota, gli strumenti indispensabili, pochi rumori e solo un’ostetrica d’esperienza. quanto basta a una donna che sta mettendo alla luce un figlio. Anzi, di più: è quanto serve. Il resto non è solo superfluo, ma pure dannoso: invasive le luci forti e i macchinari di monitoraggio costante, ansiogeno il via vai di infermiere, ma soprattutto pericolosa la presenza di uomini. Che siano essi medici, lì per assistere, o futuri padri di chi sta per venire al mondo. Nessuno escluso, la teoria vale specialmente per i papà che, mascherina sulla bocca, circumnavigano la donna in preda alle doglie, muniti di telecamera per registrare l’evento. Ne è convinto il ginecologo francese Michel Odent, che ha anticipato il suo pensiero prima di esporlo alla conferenza del Royal College of Midwives, tra pochi giorni a Manchester. Esperto di nascite da oltre cinquant’anni, Odent teorizza l’«intimità» come elemento indispensabile alla buona riuscita del parto.  famoso per aver creato per primo, in un ospedale, un ambiente a metà strada tra una comunissima stanza di casa e una sala medica, ma specialmente per aver messo in relazione i parti chirurgici con la presenza di uomini al momento della nascita. Secondo lo specialista francese, infatti, si ricorrerebbe ai tagli cesarei perché i papà ansiosi, trasmettendo stress nelle donne, metterebbero in crisi la loro produzione di ossitocina, cioè l’ormone che stimola le contrazioni. Produzione già ampiamente compromessa da una stanza sovraffollata e dal lavoro di medici maschi. Il parto, sostiene in pratica Odent senza snobbismo, è una faccenda per donne. Sono loro le più adatte a occuparsene. «Odent è un genio - dice Rita Farris, capo ostetrica dell’ospedale Mangiagalli di Milano, dove mediamente, nascono oltre venti bambini al giorno - sposo le sue teorie in pieno. Sia quelle sul bisogno di intimità della donna, sia la parte sullo stress alimentato da certi papà in sala parto: ne ho conosciuto uno che mi ha chiesto addirittura i guanti per partecipare alle operazioni». Odent parla dell’evento della nascita in termini di «rintanamento» e osservando ciò che capita in natura spiega che, come l’animale femmina quando sta per partorire cerca una tana, fa scorta di cibo e tende a isolarsi, allo stesso modo la femmina della specie umana ha bisogno di solitudine, di tranquillità, quasi di segretezza. Forse non è per merito delle teorie di Odent, che probabilmente non tutti conoscono, certo è che la «moda» di essere presenti durante la nascita, tra mariti o compagni, è nettamente in calo. Dice ancora la capo ostetrica: «Era un’usanza nata negli anni ’80 e ora fortunatamente superata. Non che i papà in sala parto siano spariti, ma a chiedere di entrare, oggi, sono solo quelli molto motivati e che, anche solo da come si muovono, dimostrano che stanno assistendo a un evento davvero speciale». Pochissimi, ormai, quelli che svengono alla prima goccia di sangue e praticamente scomparso, invece, il papà-voyeur che si intrufola per filmare. Molti anche quelli lasciati fuori dalle future mamme che, chiedendo «l’assistenza dedicata», vietano l’accesso ad allievi e specializzandi. «Fin qui sono d’accordo - dice Pier Giorgio Crosignani, professore ordinario di Ostetricia e Ginecologia all’università di Milano e presidente della Società Italiana della Riproduzione - ma mettere in relazione la presenza di un medico uomo con un parto cesareo mi pare una sciocchezza. Perché tutto dipende dalla sintonia che c’è tra medico e paziente. Alcune donne in quel momento hanno bisogno della direzione di un maschio, come una specie di padre ancestrale che dice loro cosa fare; altre, invece, preferiscono accanto una figura femminile, quella che una volta veniva chiamata ”la gran madre”».