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 2009  novembre 07 Sabato calendario

«LO STATO CI DEVE 500 MILIONI»

«Sono appena arrivato da Detroit, ho i capelli bagnati perché ho fatto poco fa la doccia. Ma non volevo mancare». Nella palazzina storica Zunfthaus zur Meisen, dove si riunisce la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Sergio Marchionne è di casa, nei suoi anni zurighesi è stato anche nel direttivo dell’organismo. Ora l’amministratore delegato di Fiat e di
Chrysler è ospite d’onore. reduce dalla presentazione del piano industriale del gruppo Usa, parla con calma ma è un fiume in piena, durante e dopo il suo intervento. Su tutto: crisi economica, finanza, industria dell’auto.
Sul rapporto tra governi e settore auto in questa fase, chiarisce senza mezze frasi il suo punto di vista. «Noi – dice Marchionne – non abbiamo chiesto niente al governo italiano. Abbiamo crediti di imposta legati al programma di incentivi, è il governo che dovrebbe rimborsarci.
A fine settembre la Fiat doveva avere 400 milioni di euro, alla fine dell’anno saranno più di mezzo miliardo». Il manager italo-canadese traccia la differenza con altri paesi europei, come Francia e Germania, che hanno invece a suo parere esagerato dall’altra parte, con sostegni nazionali che hanno creato altri squilibri nel mercato dell’auto. «Negli Usa ”afferma Marchionne – è diverso, perché l’amministrazione Obama non soltanto ha favorito il recupero veloce dei produttori in difficoltà, ma ha anche elaborato un progetto per un nuovo futuro, sia economico che ambientale». Quanto all’americana General Motors,
la sua decisione di tenersi la tedesca
Opel a questo punto «è del tutto giustificata, anche perché l’intervento del governo di Berlino era focalizzato solo sul problema tedesco».
Tornando sul versante italiano, Marchionne conferma che nelle prossime settimane saranno affrontati con governo e sindacati i riflessi del piano FiatChrysler. Per quel che concerne la quotazione del ramo Fiat Auto, questa «sarà fatta al momento giusto, che non è ancora arrivato». Fiat-Chrysler, insiste Marchionne, è un modello di unione che cerca di andare avanti nel rispetto delle diverse realtà, suscitando sinergie nei processi e nei prodotti, ma facendo convivere anche culture differenti. «Nell’industria dell’auto – dice – ci saranno altre fusioni, ma riusciranno solo quelle che avranno questa impostazione, cioè di fusione tra culture, senza volontà interne di dominio». Lo scenario globale tratteggiato da Marchionne è quello di una crisi finanziaria dolorosa, che però ha lasciato il peggio alle spalle; di una crisi economica di cui ora si inizia a scorgere la fine, ma che sta lasciando il campo a una ripresa dal passo lento; di una crisi sociale, infine, che è alimentata dall’aumento della disoccupazione e che per alcuni aspetti è ora il rischio maggiore. Ma non può fare a meno, dice l’a. d. Fiat-Chrysler, di fornire anche una nota di ottimismo: le crisi sono anche opportunità, da cogliere per accelerare i cambiamenti. E lo schema nuovo del gruppo nuovo che guida, lascia intendere Marchionne, è cambiamento rilevante.
C’è spazio per rispondere anche sulla situazione della piazza elvetica e in particolare su Ubs,
banca di cui Marchionne rimarrà vice presidente non esecutivo del cda solo sino all’assemblea di primavera. «Ubs – afferma – ha risolto la maggior parte dei suoi problemi. I principali problemi che restano sono quelli che impattano sulla Svizzera. Questo paese deve presentarsi in modo integro e affrontare i suoi problemi. una questione delicata,ma l’opinione totalmente negativa che si è creata contro la Svizzera, comunque, non è assolutamente giustificata ». Ancora nel capitolo auto, Marchionne intanto incassa una buona notizia e un buon giudizio sul fronte britannico. Con 2.989 unità vendute nel solo mese di ottobre, la Fiat 500 è entrata per la prima volta nelle Top ten delle vetture in Gran Bretagna. La rubrica Lex Column del Financial Times, inoltre, indica che il piano FiatChrysler è credibile, anche grazie ai risultati ottenuti da Marchionne nei 5 anni passati in Fiat. L’a.d. è un manager che «non manca di ambizione», afferma il quotidiano. A Zurigo, un Marchionne pacato ma a tutto campo conferma, di fatto, la propensione alle sfide difficili.