Eva Cantarella, Corriere della Sera 07/11/09, 7 novembre 2009
Seneca e la vita resa impossibile dalle urla di chi viene depilato - La città? Certo ha i suoi vantaggi
Seneca e la vita resa impossibile dalle urla di chi viene depilato - La città? Certo ha i suoi vantaggi. Ma è faticosa, stressante. Troppa gente, troppo rumore. Così Marziale, nel primo secolo d.C. La città di cui parla è Roma: appena posso, scrive, mi rifugio lontano, nel mio podere silenzioso. Non diversamente da lui la pensa Plinio il Giovane: in campagna regna la quiete più profonda e indisturbata, leggiamo in una delle sue lettere. Le testimonianze sono concordi: la vita a Roma era un inferno. Di notte, urla, canti e risate dei nottambuli ubriachi impedivano di dormire. Per non parlare, ricorda Marziale, delle voci dei fornai, e al mattino quelle dei maestri elementari. Di giorno, l’incubo della folla e del traffico, il fracasso delle ruote ferrate dei carri che percorrevano l’acciottolato di basalto delle strade. Che dire, poi, delle tegole che non di rado cadevano dai tetti, e della pessima abitudine dei romani di sbarazzarsi di ogni genere di oggetti gettandoli dalle finestre? Un inferno, la città. Se uno, poi, aveva la sfortuna di abitare vicino a uno stabilimento balneare, la vita diventava impossibile. Abito proprio sopra un bagno, scrive Seneca: un vocio, urla in tutti toni che ti fanno desiderare di essere sordo: quelli che si esercitano ai manubri mugolano, sibilano e respirano affannosamente. Se qualcuno si fa massaggiare, sento il colpo della mano del massaggiatore, diverso a seconda che la mano sia piatta o incavata. C’è chi litiga, chi chiacchiera a voce altissima, chi si tuffa nella piscina. Il depilatore grida per offrire i suoi servizi e tace solo quando strappa i peli a qualcuno: ma allora strilla quello al quale li strappa. Marziale non ha dubbi: il sonno in città è un lusso che solo chi è molto ricco si può permettere. Sembra proprio che avesse ragione: a parte l’inquinamento atmosferico, chi scappava in campagna, o desiderava di farlo, aveva forse più ragioni di quante ne abbiamo noi, oggi.