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 2009  novembre 07 Sabato calendario

UN PASSAGGIO A OVEST DA 1.500 MILIARDI

Le picconate al Muro erano per la libertà. Ma ci sono altre scene memorabili della Berlino di 20 anni fa. Sono i grandi camion delle maggiori catene di distribuzione dell’ovest tedesco, di grandi produttori del settore alimentare come Coca Cola, Nestlé, vari marchi nazionali che, aperto il portellone posteriore, un camion via l’altro, lanciavano alla folla di tedeschi dell’est che si accalcava su viali e piazze di Berlino Ovest, le braccia alzate, sacchetti con zucchero, caffè, e soprattutto cioccolato e banane. Accadeva sabato 11 novembre.
Anche quello di banane e cioccolato era il sapore della libertà. Sono indelebili le immagini di quei tedeschi dell’est cambiati quasi somaticamente, nel vestito, nello sguardo, nella deambulazione, da 40 anni di un regime che alla fine ha avuto anche recentemente le sue nostalgie, perché provvedeva i fondamentali e alleviava da varie preoccupazioni di base. Compresa quella di pensare.
Finita l’euforia, tre anni dopo, gli economisti incominciavano a parlare dei länder dell’est come del Mezzogiorno tedesco, e con preoccupazione. L’enorme flusso di aiuti finanziari pubblici sarebbe servito a qualcosa? Oggi, dopo anni di pessimismo, si incomincia invece a vedere la fine del tunnel.
L’immagine preoccupante di un Mezzogiorno, pozzo senza fondo, entrava nel dibattito pubblico il 26 marzo con un titolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung che diceva: "Gli economisti temono che la regione si trasformi in un Mezzogiorno tedesco". Il governo federale e i länder dell’ovest avevano a quel momento pagato già 1.100 miliardi di marchi, circa 560 miliardi di euro, un flusso che continua al ritmo di oltre 50 miliardi l’anno, sia direttamente dal governo federale sia, dal 95, attraverso il sistema di solidarietà fra länder. Tutto, si prevede, finirà nel 2019, salvo in parte il sistema solidale di cui anche alcuni länder dell’ovest, Brema e Saar in particolare, traggono vantaggio. Con il 2020 i bilanci dei länder dovranno essere strutturalmente in pareggio. Alla fine, riportare davvero a ovest l’ex Germania dell’est sarà costato forse 1.500 miliardi di euro. Pagati dalla Germania, e un poco anche dal resto dell’Europa, via Bruxelles e via il mercato del credito.
«Ma i länder orientali negli ultimi anni hanno fatto buoni passi avanti», dice Klaus Guenter Deutsch, autore di uno studio pubblicato a settembre da Deutsche Bank Research. Nonostante il difficile 2009, sostiene, l’economia dell’est risulta più robusta di 5 anni fa, «e ci sono più luci che ombre». La ripresa dell’imprenditoria, in un’area che aveva a Chemnitz, Dresda, Lipsia e altrove delle comunità al cuore della moderna industria europea, è un fatto. In Sassonia Anhalt e Thuringia soprattutto, ma anche altrove dice lo studio, sono nate numerose imprese, in media con 80 dipendenti, ormai attive sui mercati internazionali. Le esportazioni fanno il 25% del Pil della Thuringia, mentre erano appena il 5% a metà degli anni Novanta. Sta nascendo una classe media. Anche se mancano ancora 1,5 milioni di posti di lavoro e gli stipendi sono inferiori di un terzo a quelli dell’ovest.
«Le infrastrutture pubbliche della Germania est erano alla vigilia dell’unificazione il 30-40% di quelle dell’ovest», sostiene Helmut Seitz del Politecnico di Dresda. «E la popolazione, che era allora pari al 27% di quella occidentale è scesa al 21 per cento». Un tasso di natalità bassissimo, e una fuga a occidente fanno di quello demografico un problema centrale. Più del 10% della popolazione dell’est è emigrato, in 20 anni, anche se il dato da oltre 10 anni si è stabilizzato. Ma poiché sono i più giovani e preparati a partire, questo crea seri problemi. dall’inizio di questo decennio che la convergenza di produttività e di redditi si è fermata, con ovest ed est che procedono paralleli, il primo sopra la media nazionale il secondo un 20% sotto, e sembrano destinati per lungo tempo a non incontrarsi. Il massiccio afflusso di fondi pensionistici dall’ovest, che elevò gli standard degli anziani a livelli para-occidentali, spiega la forte riduzione dei differenziali di reddito dal 33 al 22 per cento avvenuta tra il 92 e il 2002. Ora si è tornati al 26 per cento.
Ma anche uno studio del berlinese Diw, il più critico dei grandi centri economici tedeschi, dice che nonostante tutto l’est cresce: nel 92 era una landa desolata che produceva il 3,4% del Pil nazionale, oggi produce il 10 per cento. La metà grossomodo del rapporto esistente in Italia fra Centro-Nord e Sud. Ma i tedeschi sono convinti che il loro Mezzogiorno ce la farà più in fretta.