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 2009  novembre 07 Sabato calendario

«LA MIA TAPPEZZERIA INFINITA: 45 MILA LIBRI, TUTTI ITALIANI»


Con i libri, per sua stessa ammissione, ha fatto di tutto. Li ha scritti, vendu­ti, pubblicati, stampati, recensiti, comprati, rifiu­tati, catalogati. Ha dedicato la sua vi­ta alla letteratura: l’ha amata e mai venerata, rispettata ma non idolatra­ta. Ecco perché Cesare De Michelis, presidente della casa editrice Marsi­lio – una biblioteca personale da 45 mila volumi che coprono ogni super­ficie della sua casa veneziana – può permettersi certi aforismi: «I libri so­no come le uova, dopo un po’ vanno a male. Dunque si possono buttare». Paradosso di un collezionista ereti­co.

Quasi un chilometro di scaffali. Solo letteratura italiana. Volumi si­stemati in ordine cronologico, per secolo. E, all’interno di ogni secolo, dalla A alla Z. Troppo complicato? «Io mi ci ritrovo benissimo. La cata­logazione si fa per gli altri, ma que­sta è la mia libreria». Una biblioteca, sarebbe meglio dire. Che si inerpica sopra porte e finestre, che si spinge su ogni parete, che con la sua impo­nenza polverizza ogni altra forma di arredo e diventa protagonista indi­scussa della casa. Semplicissima: as­si di legno (un multistrato rivestito in frassino) tenute insieme da chio­di, e mensole appoggiate su tasselli. La prima fu disegnata da Marco De Michelis, fratello di Cesare, nel 1968. «Con il tempo, spostandoci in varie zone di Venezia, l’abbiamo riadatta­ta e rinforzata. L’impianto, però, è ri­masto identico». Con un segreto: di­ciotto centimetri di profondità: «Co­sì si recupera spazio. Ai libri non ser­ve di più». E se qualcuno è fuori ta­glia, «basta metterlo in orizzontale». Moduli replicati (quasi) all’infini­to. In salotto, nello studio, intorno al­le scale che portano al primo piano, nelle stanze, in cucina («dove tengo solo i ricettari»), ad altezze vortico­se. Solo in camera da letto gli scaffali si fermano sotto le finestre, «per di­sintossicarmi ». E niente libri sul grande tavolo del soggiorno, sui co­modini, sulla panca sistemata dietro al divano. Prime edizioni, enciclope­die, cataloghi, saggi, testi critici, ro­manzi e riviste letterarie trovano se­de solo nella «libreria continua» e la trasformano in una «tappezzeria let­teraria ». «Tutto sommato sono ordi­nato.

Ma non chiedetemi di spolvera­re gli scaffali. O di trattare i libri co­me reliquie». Sottolineature, appun­ti, pieghe: «Io devo viverli, marchiar­li, logorarli. Li firmo quando li leggo e li rifirmo quando li rileggo. E ogni volta che sfoglio spero di riscoprire tracce della mia vita».

Confessioni di un lettore appassio­nato. E dalle idee «controcorrente»: «Non sopporto quelli che regalano i vecchi romanzi alle parrocchie. Per­ché donare titoli scaduti che spesso sono anche scadenti?». No al feticcio del libro. Strano sentirselo dire da uno che non ha un centimetro qua­drato di casa che non sia rivestito di dorsi colorati, tanto belli quanto in­gombranti. Nicchie (in legno) ricavate sot­to le finestre, scaffali che si arrampicano fi­no ai soffitti, altri che seguono le linee degli angoli. «Ma io sono un collezionista, per me è diverso. come con le scatole di fiam­miferi: perché tenerle, a meno che non si vo­glia creare una raccol­ta? ». E per chiarire il concetto: «La conser­vazione oggi non ha senso, tanto più che si stampa su carta pessima, biodegradabile. il motivo per cui non tengo libri in bagno: ho paura che si spappolino».

Monologo sulla caducità del libro moderno. «Se la veste editoriale è scadente, si può passare alle fotoco­pie ». De Michelis è seduto al tavolo del suo studio, «leggo qui, mai a let­to ». Gli scaffali alle sue spalle sono semivuoti. «C’è un motivo: ho appe­na comprato una casa per i libri. Sì, solo per loro. a due passi da casa, sempre nel quartiere di Dorsoduro. Stiamo cominciando il trasloco». Suonano alla porta, è la posta: ogni giorno arrivano almeno tre nuovi ti­toli. «Li conservo tutti, purché siano italiani». Altra regola: «Non spendo più di cento euro per volume e gli stranieri non li tengo, a meno che non parlino di autori italiani. No, Do­stoevskij non c’è. In compenso ho un’Aldina di Manuzio. E Federico Moccia. Non tutto però». E Larsson? Non merita un’eccezione lo scrittore svedese che ha fatto impennare le vendite di Marsilio?». Gli occhi az­zurri di De Michelis hanno un guiz­zo divertito: «Nella mia biblioteca non c’è posto nemmeno per lui».