
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
A Roma la sindaca Raggi sta abbastanza nei guai: si sono dimessi un assessore-chiave, il capo di gabinetto e tre manager di primo piano delle due partecipate ai trasporti e alla nettezza urbana, cioè Atac e Ama. I comunicati con cui la sindaca ha commentato questo terremoto, molto impettiti, sono piuttosto sconcertanti. Il M5s risulta dilaniato tra la fazione pro-sindaca e la fazione anti-sindaca, il Pd sta fermo e Renzi dice anzi esplicitamente, riferendosi ai contrasti sulle Olimpiadi, che non vuole impicciarsi, «i Cinquestelle hanno vinto, i Cinquestelle decidano». Si inseguono mille voci, e tra queste c’è quella che pronostica un Movimento 5 Stelle che abbandona al suo destino la sindaca, chiamandosi fuori, non si sa con quali conseguenze.
• Troppa roba in uno spazio troppo breve. Cominciamo dalle dimissioni.
La storia comincia con la sindaca Raggi che alle 5 di ieri mattina (sottolineo: alle 5 di ieri mattina) annuncia sulla sua pagina di Facebook di aver revocato dalla sua carica il capo di gabinetto Carla Romana Raineri, da lei stessa voluta, peraltro, poche settimane fa. Chiediamoci: come mai un sindaco annuncia qualcosa alle 5 del mattino, quando chiaramente tutti dormono e nessuno potrà leggerla?
• Come mai?
Perché alla Raggi seccava che la Raineri si fosse dimessa, e ha tentato, abbastanza goffamente, di far credere che fosse stata lei a mandarla via. Senonché la Raineri s’era effettivamente dimessa già mercoledì pomeriggio, come ha confermato all’Ansa: «Ho rassegnato le mie irrevocabili dimissioni già ieri». Quindi registriamo che Raggi ha tentato di mascherare lo smacco con una mossa come minimo ingenua.
• Perché questa Raineri s’è dimessa?
Carla Romana Raineri, piacentina, 61 anni, magistrato, in predicato di essere nominata presidente della Corte d’Appello di Milano, ha preferito venire a Roma credendo di poter aiutare la giunta grillina a combattere la corruzione. È una grande esperta di reati finanziari. Naturalmente venendo a Roma ha chiesto e ottenuto uno stipendio in linea con quello che aveva guadagnato fino a quel momento, vale a dire 193 mila euro lordi l’anno. Su questo numero s’è scatenato il finimondo perché gli ultimi capi di gabinetto del Comune di Roma stavano su stipendi tra 70 e 90 mila euro l’anno, dunque i grillini, che in campagna elettorale avevano sbandierato la loro volontà di tagliare tutti i costi, arrivati nella stanza dei bottoni si permettevano di pagare il loro personale il doppio rispetto a prima (questo il tono della propaganda avversa). La guerra alla Raineri, alimentata da queste polemiche, sarebbe stata condotta dall’interno della giunta, e l’anima nera del complotto sarebbe Raffaele Marra, che la Raggi avrebbe voluto come vicecapo di gabinetto vicario - quello che avrebbe firmato tutte le pratiche - ma che il direttorio grillino bloccò per via dei suoi precedenti con Alemanno e con Marino. Marra avrebbe allora istruito una pratica per chiedere all’Autorità Anticorruzione (Raffaele Cantone) un parere sulla nomina di Raineri, sapendo già che Cantone sarebbe stato costretto a bocciare la nomina, in quanto perfezionata secondo un articolo del Testo Unico Enti Locali sbagliato. Questo articolo (il 90) permetteva i 193 mila euro. L’articolo che avrebbe dovuto essere applicato (il 110) avrebbe invece impedito una busta paga tanto alta. Raineri però diffida chiunque dal credere che le sue dimissioni siano dovute a questioni di soldi e annuncia che tra qualche giorno spiegherà tutto. La sindaca, nel suo scritto dell’alba, dice che tutto questo è effetto della trasparenza a cui si ispira il Movimento 5 Stelle. Non risponde invece alla domanda che tutti vorremmo farle, e cioè: perché il parere a Cantone non l’hai chiesto prima?
• E le altre dimissioni?
Saputo che la Raineri se ne andava, ha rassegnato le dimissioni anche Marcello Minenna, assessore al Bilancio, l’uomo che doveva occuparsi delle partecipate e della lotta agli sprechi. Una figura con responsabilità politiche elevatissime, quasi più importante dello stesso sindaco. Minenna viene dalla Consob, l’autorità che sorveglia la Borsa, e sembrava l’uomo forte della giunta. Se n’è andato perché aveva voluto lui la Raineri a quel posto, e senza la Raineri non si sente più garantito. L’uscita di scena di Minenna ha provocato le dimissioni a catena di Alessandro Polidoro, che era appena stato eletto presidente dell’Ama su indicazione di Minenna. All’Atac invece le dimissioni del direttore generale Marco Rettighieri e dell’amministratore unico Armando Brandolese sono dovute a contrasti con la Raggi. I soldi promessi (18 milioni) non arrivano, e la Raggi vuol dire la sua sui trasferimenti interni del personale. Ai grillini è venuto il mal di pancia quando Rettighieri s’è permesso di trasferire un dipendente Atac iscritto al M5s.
• Che cosa dobbiamo arguire da tutto questo?
C’è molto dilettantismo. Il M5s paga l’assenza di una classe dirigente sua. Poi sembrano spaccati al loro interno, pensano davvero che chi fa il sindaco sia poco più che una marionetta obbligata ad accettare gli ordini dei veri capi (Di Battista, Di Maio, Ruocco, oltre lo stesso Grillo o Casaleggio jr.). Paola Taverna, che detesta Raggi, ha detto che le dimissioni sono «una gigantesca perdita per la giunta». Di Maio cerca di far credere che il sisma politico sia un effetto delle forze oscure che vogliono impedire ai grillini di governare. «Tutti parlano di caos e di bufera,
ma questo è solo l’inizio. Ci siamo fatti tanti nemici, il
sistema dell’acqua, dei rifiuti, il No alle Olimpiadi,
rendiamoci conto che verremo combattuti da tutte le parti, ma noi ci siamo presi la responsabilità di governare Roma e
lo faremo».
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