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 2016  settembre 02 Venerdì calendario

«Non vado a cena con Hamilton». Intervista a Nico Rosberg

Quante gare deve vincere un pilota per diventare campione? Per Keke Rosberg la risposta è «una», se sei suo figlio Nico non ne bastano venti. È quello che succede ad avere la miglior macchina e il peggior compagno di squadra possibili. Monza è il prossimo capitolo di questa sfida continua e testarda. «Non importa quanto ci vorrà a battere Hamilton, io continuo a provarci» giura Nico. L’Italia è la sua seconda o terza patria: nato in Germania da padre finlandese, cresciuto a Montecarlo, ha trascorso la gioventù a Milano e dintorni, dove ha imparato un italiano perfetto. «Io sono di cultura italiana e ho amici qui da voi – racconta -. E poi mi piace correre qui per il tifo e il clima che si respirano». 
Può spiegare ai suoi amici italiani che cosa ha la Mercedes più della Ferrari?
«Organizzazione, forte leadership, budget, gente in gamba e affiatata, telaio e motori ottimi. È l’insieme che ci fa vincere».
Se è così, domenica non vale neanche la pena di correre, le pare?
«Non è detto. Senz’altro possiamo vincere, ma sarà una bella sfida. Noi, Ferrari e Red Bull eravamo molto vicini come prestazioni pochi giorni fa in Belgio».
Come sono i rapporti con Lewis Hamilton?
«Adesso buoni».
Quand’è l’ultima volta che siete andati a cena insieme?
«Non ceniamo insieme. Certo, abbiamo vissuto momenti tosti, ma anche periodi tranquilli tipo questo».
Lei ha vinto le prime quattro gare del Mondiale e ora in testa alla classifica c’è il suo compagno di squadra: se l’aspettava una rimonta del genere?
«Certo, perché Lewis va molto forte e la stagione è lunga».
Venti vittorie e zero titoli, mentre suo padre Keke è diventato campione vincendo cinque Gp in tutta la carriera. Ci pensa ogni tanto?
«Diventare campione è un sogno, però mi rendo conto che avere Lewis come compagno complica le cose. Negli ultimi due anni mi ha battuto. Io riesco a vincere solo per un periodo, sette gare o anche metà stagione, mentre su un intero campionato non sono ancora riuscito a sconfiggerlo. Continuerò a provarci».
Lui dice che siete come Senna e Prost: le piace questo parallelo?
«Mi sento onorato, perché parliamo di due grandissimi campioni. Però non mi sentirei di fare un paragone del genere».
Che idea si è fatta dell’incidente in Belgio tra Verstappen e le due Ferrari?
«Non l’ho visto bene. Di sicuro la nostra consueta riunione tra piloti sarà molto dura per l’amico Max. Soprattutto per quello che avranno da dire Raikkonen e Vettel. Non vedo l’ora di gustarmi la discussione».
Non è la prima volta che Verstappen viene messo sotto accusa.
«Direi che succede quasi ogni volta».
E lui come reagisce?
«Ah, non è mai colpa sua».
Pensa a un lungo futuro in Mercedes?
«Lo spero perché è una squadra leggendaria. Assieme alla Ferrari è il team di Formula 1 con il più grande valore storico, e io come tedesco trovo doppiamente bello essere qui. Inoltre abbiamo la migliore macchina. L’anno prossimo, con le nuove regole, la situazione potrà cambiare. Dobbiamo stare attenti».
Che impressione le fa la Ferrari? A inizio stagione sembrava avervi quasi raggiunti, poi è calata.
«Sono andati indietro. Hanno cominciato forte, ci hanno spaventato, poi chissà che è successo. Meglio così».
È vero che usa la musica per concentrarsi?
«La ascolto per caricarmi. Brani da discoteca. Mi mettono in forma prima di una gara».
Che canzone ascolta prima di indossare il casco?
«”Don’t you worry child” degli Swedish house mafia».
C’è un rituale a cui non rinuncia prima del via?
«Gioco a pallone».
Nel paddock?
«Sì, sì. Con meccanici e amici».
Allargare le gomme e cambiare la dimensione dei telai, come prevedono le norme del 2017, servirà a rendere le corse più divertenti?
«La cosa importante è fare un reset ogni tanto, per rimescolare la situazione. Anche per i tifosi è interessante, perché fa discutere. Tutti si chiedono già che cosa succederà, chi sarà avvantaggiato e chi ci rimetterà. È un modo positivo per far parlare di Formula 1».
Qual è il suo circuito preferito?
«Montecarlo. Lo so, come caratteristiche è l’opposto di Monza, ma lì corro davvero sulle strade di casa».