la Repubblica, 2 settembre 2016
Forse solo l’invasione della Polonia da parte di Hitler fu accolta peggio del Fertility Day
Difficile ricordare un’iniziativa politica che abbia ricevuto un’accoglienza più ostile del “Fertility Day” (forse l’invasione della Polonia da parte di Hitler). Basti dire che uno dei commenti più gelidi è quello del presidente del Consiglio: «Non conosco nessuno che abbia fatto figli dopo avere visto un cartellone pubblicitario». L’ impressione, anche se ricavata solo per via indiziaria, è che il governo paghi un costante pegno all’ambiguità identitaria (che è anche del Pd) del nuovo centrosinistra, la cui componente centrista-cattolica è molto influente, nonché determinante per la tenuta del governo stesso. Un governo saldamente laico non avrebbe mai partorito (siamo in argomento) un Fertility Day. Non, comunque, in quella forma e con quegli slogan. Concepire la maternità quasi come un “dovere” è ovviamente lecito, a patto che si applichi questo imperativo a se stessi e non ad altri; men che meno lo si estenda alla sfera pubblica, che deve occuparsi di assicurare le migliori condizioni possibili per fare figli a chi vuole farli, e non di altro. Nell’iniziativa ministeriale il sentore di “doverismo” rispetto a maternità e paternità è molto forte, e rimanda diritti alla incoercibile tendenza cattolica (o meglio di parte dei cattolici) a piegare l’etica pubblica ai propri convincimenti. Rivista in questo contesto, l’approvazione della legge Cirinnà sulle unioni civili va vista come un vero e proprio miracolo, da celebrare con commossa esultanza.