Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  settembre 02 Venerdì calendario

Il ritorno del muccinismo

Il ritorno di Gabriele Muccino con «L’estate addosso» autorizza definitivamente a ricorrere a un’etichetta apposita, che vale un’ideologia (molto postideologica ed emozionale), oppure, come si sarebbe detto un tempo, una poetica. La conquista dell’«ismo» c’è oggi, meritatamente, tutta – come già per il Sorrentinismo (da Paolo Sorrentino, per il quale dichiariamo qui una certa predilezione).
Il muccinismo è il cantico visivo della fine dell’adolescenza, del rito di passaggio (mai davvero compiuto) e della problematica condizione dello young adult, secondo canoni molto italiani. L’essere adultescenti è una prerogativa di origine tipicamente nazionale, in quello che non è certo un Paese per giovani, ma in cui in molti faticano a rassegnarsi a crescere e a diventare (più o meno) maturi. 
Degli «ismi» il muccinismo possiede il carattere unitario e conchiuso – quest’ultima sua commedia on the road trasferisce a San Francisco il nocciolo duro della sua poetica – e la dimensione internazionale (o globale), che ha fatto del regista romano un habitué di Hollywood. Espressione di un muscolare bipolarismo cinematografico – con legioni di fan e di detrattori (o lo si ama o lo si odia) – il muccinismo, come tutti gli «ismi», infine, mastica e rimastica la stessa idea-forza o, se si preferisce, pensa e ripensa sempre il medesimo pensiero: tu chiamale, se vuoi, nostalgie (di un ultimo bacio, e di parecchio altro ancora).