
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La domanda è questa: può una formazione politica che non è capace di presentare correttamente la sua lista di candidati alle elezioni ambire addirittura al governo di città complicatissime come Roma o Milano?
• Lo chiediamo a che proposito?
La cosa funziona così. Tu presenti la lista dei candidati al Comune, collegata all’elezione di un sindaco. Questa lista deve essere corredata di tutti i dati indispensabili, compresa soprattutto la certificazione antimafia, a un apposito ufficio della prefettura. Qui vagliano i documenti e se non sono a posto, non ti ammettono. C’è ogni volta qualcuno che si fa buttar fuori perché s’è dimenticato qualcosa (e nei casi peggiori, come accadde a suo tempo per le regionali piemontesi, per aver falsificato le firme), ma stavolta il caso è davvero clamoroso perché l’inghippo è avvenuto a Roma e quelle che si sono sbagliate sono le due formazioni che sostengono la candidatura a sindaco di Stefano Fassina, il politico tutto d’un pezzo che ha mollato il Pd a sostegno di un altro modo di far politica, e politica sociale.
• Non sa presentare le carte.
Hanno sbagliato tutte le liste: quelle per i Municipi (cioè le entità politiche, un tempo dette Circoscrizioni, in cui è suddivisa la Capitale), poi la lista civica, poi la lista politica che sarebbe quella Si-Sel, cioè Sinistra Italiana + Sinistra e Libertà. Sulla lista civica non sono state scritte le date in cui sono state raccolte le sottoscrizioni. Sulla lista politica le firme valide sono meno di quelle stabilite, cioè 1.300. Fassina ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Abbiamo appreso con stupore che la commissione elettorale ha respinto le nostre liste dalla competizione per Roma. Si tratta di una decisione che, se fosse confermata, alterebbe pesantemente l’esito delle elezioni amministrative nella capitale. Presentiamo subito ricorso e nelle prossime ore decideremo quali ulteriori iniziative intraprendere». Cioè Fassina crede che la decisione presa in Prefettura sia politica e non tecnica. La possibilità di ricorrere al Tar esiste, anche se non la capisco. Se la documentazione è sbagliata, è sbagliata. Non so come potrebbe diventar giusta una settimana dopo.
• È l’unico caso di queste amministrative?
No, e per avere un quadro completo bisognerà aspettare fino a domani. A Roma lavorano sulle liste che sostengono i 16 aspiranti candidati 250 dipendenti comunali, salutati ieri da una visita del prefetto Tronca che regge la città dopo le dimissioni di Marino. Hanno sbagliato a Milano Fratelli d’Italia e Fuxia People, a Cosenza la prefettura ha rimandato a casa gli alfaniani, a Torino invece è stata ammessa la formazione “No Euro-Lista del Grillo”. I grillini avevano presentato ricorso sostenendo che questa formazione confondeva gli elettori, la parola “Grillo” nel logo sarebbe potuta andare a discapito degli elettori cinquestelle. Senonché gli stessi cinquestelle hanno tolto il nome di Grillo dal loro simbolo, dunque la commissione elettorale ha facilmente replicato: con chi si dovrebbero confondere? Questa Lista del Grillo è stata creata da uno specialista delle liste furbe, che si chiama Renzo Rabellino e che alle ultime comunali tirò su l’1% dei voti. I grillini ricorreranno al Tar. A Torino corrono 38 liste per 18 aspiranti sindaco.
• L’eventuale uscita di Fassina, se confermata, chi aiuterà?
A Roma corre anche un Partito Comunista che candida a sindaco Alessandro Mustillo, un ragazzo di ventisei anni laureando in Giurisprudenza. Non so se qualche briciola del dissenso fassiniano potrà aiutare questa formazione. Per il resto, credo che l’uscita di scena di Sinistra Italiana e di Sel aumenterà il numero di astenuti. Escludo naturalmente che questo capitale elettorale possa andare in soccorso di Giachetti, l’uomo di Renzi. Anzi.
• Sento che Berlusconi, dopo le fratture romane, sta cominciando un lavoro di ricucitura.
Berlusconi ha presentato ieri la lista azzurra per le comunali di Milano. «Stiamo preparando una squadra di governo composta, per lo più, da persone che vengono dalla vita vera. L’accordo è per tre ministri a Forza Utalia, tre alla Lega, due a Fratelli d’Italia e altri dodici che vengono dalla vita vera». Tra le altre idee, già sentite però a ogni tornata elettorale, la famosa flat tax per chi guadagna più di dodicimila euro l’anno (quelli con un reddito inferiore non dovrebbero versare al fisco neanche un euro), la chiusura di Equitalia, l’introduzione (forse) di una moneta parallela all’euro, pratica non vietata. Sul referendum di ottobre Berlusconi ha detto: «Con il combinato disposto della legge elettorale, se passa non possiamo chiamarlo in altro modo se non regime». Salvini gli ha risposto che per i punti del programma, il discorso ci può stare. «Ma parlare di poltrone e ministeri è l’ultima delle mie preoccupazioni e non interessa al momento né alla Lega, né agli italiani».
(leggi)