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 2016  maggio 09 Lunedì calendario

L’Italia sta studiando i bond rimborsabili dopo cinquant’anni

Prestare denaro per mezzo secolo a un soggetto il cui debito supera stabilmente il reddito può sembrare una strana decisione. Forse però a essere anomala è soprattutto l’epoca apertasi dopo la peggiore crisi finanziaria degli ultimi 80 anni. Quasi metà dei titoli di Stato in euro rende meno di zero, eppure l’orizzonte delle spese certe da coprire per governi, fondi pensione o per i grandi assicuratori si allunga – in misura fino a poco fa impensabile – con la durata media della vita degli italiani.
È anche per questo che da qualche settimana il governo cerca il modo di iscriversi a un nuovo club: quello di coloro che emettono titoli di debito per una durata molto al di là del loro futuro prevedibile. Come minimo, cinquant’anni; preferibilmente un secolo. Su richiesta di un investitore il cui nome resta segreto, di recente l’Irlanda ha confezionato e venduto in privato un pacchetto di debito rimborsabile fra cent’anni. Volumi in gioco 100 milioni, rendimento all’emissione appena 2,35% l’anno: un tasso d’interesse più basso di quello dei titoli pubblici a 30 anni degli Stati Uniti, presumibilmente insensato oppure sintomo che il misterioso prestatore prevede inflazione più o meno zero più per sempre. Sembra passato un secolo da quando l’Irlanda versava nell’ala di terapia intensiva del Fondo monetario, ma sono meno di quattro anni.
Ora anche l’Italia vuole un posto nel club dei bond matusalemme. Per certi aspetti ci si prepara in modo più audace di Dublino: anziché piazzare pacchetti di debito in privato, il governo di Roma vuole rivolgersi pubblicamente al mercato dei capitali con titoli, Btp, in scadenza fra mezzo secolo. Lo ha appena fatto il Belgio, un altro Paese ad alto debito dell’area euro. «Anche noi stiamo esplorando questa possibilità – dice Maria Cannata, dirigente generale del Tesoro per il debito —. Certamente è molto interessante agli attuali livelli di tasso d’interesse».
Il lavoro preparatorio è partito, anche se la decisione finale non è presa: dipenderà da quanto appetito riesce a generare uno Stato indebitato e a bassa crescita come l’Italia con una proposta del genere. Spiega Cannata: «Dobbiamo essere sicuri che ci sia la massa critica per un’emissione di successo. Come fatto con altri titoli in passato, stiamo analizzando la profondità della domanda». Potrebbe non mancare. Già due anni fa all’Italia è riuscito di piazzare in privato a singoli investitori un pacchetto di debito a 50 anni e un altro a 40. Del resto questi anni di massicci interventi sul mercato da parte della Banca centrale europea stanno modificando in profondità la struttura del debito italiano. Gli acquisti di Francoforte sui titoli di Stato schiacciano i rendimenti e permettono al Tesoro di allungare sempre la vita media dei suoi oneri. Goldman Sachs stima che la scadenza delle emissioni fatte dall’Italia attraverso pool di banche d’affari sia esplosa da 8,3 anni del 2014 a 20,3 anni quest’anno. Sempre di più, il Tesoro punta a incamerare esposizioni a tassi sempre più bassi, sempre più a lungo. Le comprano soprattutto fondi pensione e assicurazioni disperatamente a caccia di rendimenti per orizzonti pari ai loro impegni sui prossimi decenni.
Può apparire rischioso dare fiducia a un Paese esposto a possibili nuovi choc futuri sul mercato; ma è ormai inevitabile per i grandi investitori chiamati a finanziare la trasformazione sociale in corso in Italia con investimenti a lungo termine: secondo le stime delle Nazioni Unite, fra 35 anni oltre un terzo degli italiani avrà oltre 65 anni e le loro spese assicurative e pensionistiche andranno coperte. Per il Tesoro, il momento di spalmare il debito potrebbe essere oggi o mai più. Fra sei mesi, ne mancheranno solo tre alla fine degli attuali interventi della Bce sui titoli di Stato. Dopo l’estate la psicologia del mercato e i tassi d’interesse a lungo termine potrebbero iniziare a cambiare. E non per il meglio.