Corriere della Sera, 9 maggio 2016
A Livorno il sindaco dei Cinque Stelle indagato per concorso in bancarotta fraudolenta dice di aver agito in buona fede
Livorno Le notti tranquille e la propria sopravvivenza politica valgon bene un avviso di garanzia. All’inizio dell’anno nuovo i precari dell’Azienda autonoma municipale pubblici servizi, da qui e in avanti Aamps, misero le tende davanti alla casa di Filippo Nogarin ad Antignano, poco distante dal mausoleo abbandonato di Galeazzo Ciano. Reclamavano il posto di lavoro a tempo indeterminato promesso loro dalla precedente gestione. Il 27 gennaio furono assunti tutti e trentatré. L’atto firmato dal nuovo consiglio di amministrazione descrive una specie di chiamata diretta, fatta «su precisa indicazione del sindaco», la stessa persona che il 26 novembre del 2015 aveva fatto votare alla sua giunta l’accesso al concordato, ovvero la procedura della legge fallimentare che prevede la possibilità di un accordo con i creditori in cambio di uno sconto sulle loro pretese. «A fronte della crisi aziendale l’appesantimento dell’organico rappresenta una scelta di obiettiva insostenibilità» scrisse il cassazionista Giancarlo Altavilla, al quale il cda uscente aveva chiesto un parere pro veritate perché, insomma, a ognuno le proprie responsabilità, non si sa mai.
«Se ho sbagliato, l’ho fatto in buona fede» ha detto ieri l’ingegner Nogarin all’uscita da un matrimonio appena celebrato. Concetto ribadito in serata nell’intervista rilasciata alla trasmissione In onda. «Siamo stati noi a chiedere alla magistratura di fare luce su Aamps, anche sui due anni scarsi del mio mandato. Ogni paragone tra me e il sindaco di Lodi non sta né in cielo né in terra. Al ministro Boschi che mi accusa di omertà, replico che l’omertà esiste quando sono in ballo interessi personali. E se dovesse essere dimostrato che ho prodotto un danno alla comunità, allora le mie dimissioni sarebbero sul tavolo. Ma sono certo che ciò non è accaduto, e questa vicenda ci farà crescere».
Il giudizio sulla buona fede spetta ai magistrati. Ma l’avviso di garanzia per concorso in bancarotta fraudolenta, annunciato da almeno un mese, da quando venne spedito all’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti, che aveva varato gli atti oggi contestati dalla Procura e controfirmati a suo tempo dal sindaco, lascia pensare che i peccati originali siano altri. In primo luogo l’ingenuità, seguita dalla consapevolezza della propria fragilità politica. Quando Nogarin decide di portare in tribunale i libri di Aamps, 300 dipendenti e un buco nero di 11 milioni di perdite certificate dall’ultimo bilancio, che risale al 2014, forse è al corrente dell’impossibilità di quelle assunzioni. I sindacati insistono, e soprattutto dopo cinque espulsioni di consiglieri comunali decise dai meet up dei 5 Stelle, i numeri della giunta sono appesi a un filo, 17 a 16. Quando il capogruppo M5S Alessio Batini annuncia che se i precari non fossero stati assunti si sarebbe dimesso, facendo venire giù tutto, la strada è segnata. Il vecchio cda viene cacciato il 7 gennaio. L’atto di revoca cade dal cielo, senza passare dal vaglio dell’avvocatura civica e dalla firma di alcun dirigente, diventando anch’esso materiale per l’inchiesta, insieme all’ultimo bilancio Aamps, approvato nonostante il parere sfavorevole del collegio dei revisori.
E così in una città con dieci punti percentuali di disoccupazione sopra alla media regionale, alle prese con una emergenza abitativa drammatica, con l’incognita sul destino del porto, può permettersi di ridere anche il Pd che nel 2014 riuscì a consegnare il governo ai meet up di Nogarin dopo quarant’anni di supremazia incontrastata, anche a causa della gestione allegra di Aamps. «L’avviso di garanzia è personale, non ascrivibile a situazioni del passato» attaccano i democratici ringalluzziti dalle sventure pentastellate. L’ex sindaco Alessandro Cosimi, anche lui indagato nella stessa inchiesta, è tornato a fare il medico, e può permettersi un certo distacco. «Sono preoccupato. Noi avremo fatto i nostri errori, ma almeno avevamo una programmazione. I 5 Stelle invece sembrano voler sospendere gli effetti di quel che accade nel mondo affidando ogni scelta all’emotività da social network».
Anche questo è un paradosso mica male. In una città da sempre orgogliosa della propria passione politica, il dibattito scorre solo in Rete, il resto è apatia. Ieri mattina, nella piazza del Municipio, alla manifestazione contro Nogarin indetta da un consigliere espulso dai 5 Stelle e passato all’opposizione c’erano più giornalisti che residenti. «Sento che molti cialtroni chiedono con vena sarcastica cosa succederà» scrive l’ortodosso Batini, naturalmente su Facebook. «Niet, nothing, nada». Forse è questo il problema. A Livorno non succede nulla, da troppo tempo.