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 2016  maggio 09 Lunedì calendario

Commento al campionato di Gianni Mura

Inizio con un omaggio al Frosinone. Se vediamo in tv una squadra retrocedere nel suo stadio, tra gli applausi, siamo sicuri che non si tratta di uno stadio italiano. Invece no, è accaduto a Frosinone. Una lezione di serietà, sportività e dignità. In una settimana di sogni in libera uscita, sull’onda del Leicester, naufragano sogni più piccoli, come quello di salvarsi al primo anno in A. Quello del Frosinone è crollato ieri e con tutta probabilità anche quello del Carpi. Non gli servirebbe nemmeno vincere a Udine, se il Palermo batterà il Verona, retrocesso da tempo. Come il Levante, che però ha affondato un altro sogno, quello dell’Atletico Madrid. Anche il cholismo, gol in contropiede di Pepito Rossi al 90’, ha i suoi alti e bassi. Vero che Simeone, squalificato, non era in panchina, e che forse ha privilegiato la finale di Champions, ma resta una discreta botta.
Qualcuno, in casa nostra, dirà che aveva ragione Lotito sulle squadre di provincia. Un anno e tolgono il disturbo. No, Lotito ha torto, perché Carpi e Frosinone hanno dimostrato di poterci stare, insieme ai ricchi e potenti. Cedono a una giornata dalla fine. Il Frosinone ha il torto di aver perso in casa col Palermo, che poi ha trovato avversarie molto comprensive in Samp e Fiorentina. E il Carpi paga i due rigori falliti da Mbakogu, ma anche, prima, il temporaneo siluramento di Castori. Il Frosinone non ha mai pensato di rimuovere Stellone, i giocatori hanno dato tutto quello avevano, i tifosi l’hanno capito. Nessun processo sotto la curva, nessuna aggressione ai giocatori, solo tifo a favore. Sotto questo aspetto, sarebbe bello se il calcio di provincia fosse imitato dal calcio metropolitano. È una speranza piccola, come piccolo ma vero e pulito è il calcio di provincia. Se c’era una squadra che meritava di pagare colpe non sue ma, tantissime, troppe, del suo presidente, era il Palermo, che si salverà battendo il Verona. Ma Stirpe è un presidente da cui si può imparare qualcosa, Zamparini no.
Avesse spostato qualcosa, era da riflettori la vittoria strameritata del Verona su una Juve balneare. Quattro squalificati, due infortunati, la pancia piena, ma ad Allegri non può essere piaciuta una Juve così svagata e turistica, mai in partita. Toni saluta il calcio con un cucchiaio su rigore e i tifosi lo salutano in piedi, alla fine, quando fa il giro di campo con gli occhi umidi. Giustissimo omaggio. Il Napoli domina il primo tempo con un Higuain fantastico, che raggiunge Angelillo a 33 gol, ma patisce più del dovuto il gol di Peres. Affanno e difesa coi denti, ma i tre punti Sarri li porta a casa. A margine: Insigne fa tutto quello che serve per non essere portato in Francia da Conte. Sul podio, ognuno sta al suo posto. La Roma è anche arbitra del destino europeo del Milan, scavalcato dal Sassuolo e appeso alla finale di Coppa Italia, dov’è sfavorito.
Sotto il podio, continua a far discutere il quarto posto dell’Inter: va preso come un traguardo decoroso o una bocciatura? Non è una bocciatura ma neanche una medaglia che Mancini può appuntarsi al petto. Credo che qualche dubbio sia venuto pure a lui. La squadra è crollata nel ritorno senza l’alibi di un impegno europeo. Idem il Milan, che ha cambiato allenatore ma non è servito a nulla. Che prospettive hanno le milanesi dopo questo campionato ai margini? Nebulose, e non solo per una non invidiabile situazione debitoria e per l’incertezza di cordate orientali che vanno e vengono. Difficile che lo scarto con le prime tre sia colmato in questi pochi mesi. L’Inter è da ripensare o rifare in misura minore, rispetto al Milan. Mancini è bravissimo nel farsi comprare giocatori di suo gradimento, salvo poi non impiegarli o impiegarli male. Miranda, Perisic e Kondogbia restano buoni acquisti, altri meno, ma un’ossatura s’intravvede. Il Milan è in larga parte da rifare, vai a sapere con quale programma. La soluzione è Gasperini. Un presidente con le abitudini di Preziosi lo obbliga ogni anno a ricostruire e lui ogni anno ci riesce, e in più migliora i giocatori. Due nomi freschi: Pavoletti e Suso, che a Milanello era considerato un elemento decorativo e nulla più.