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 2016  maggio 09 Lunedì calendario

I radicali ieri, oggi e domani. Intervista a Giovanni Negri

Prima di dedicarsi alle vigne di famiglia, Giovanni Negri è stato il segretario più giovane di uno dei partiti più antichi. Nel 1984, quando Marco Pannella lo scelse per dirigere i Radicali, aveva 27 anni. “Tutti credevano che fossimo il partito dell’amore, delle canne, dell’edonismo. Invece avevamo un’organizzazione leninista. È stata una stagione incredibile, la più bella della storia d’Italia”. Dieci anni dopo scappa dalla politica. Oggi produce un vino rosso di cui rivendica l’eccellenza e scrive romanzi che sembrano profezie (Il gioco delle caste ha anticipato di mesi la “Trivellopoli” della Basilicata, c’è tutto: il petrolio, il leader di un partito democristiano, un magistrato di Potenza). La vita precedente non gli manca: “Se penso che avrei passato altri 20 anni nelle stanze sature di fumo di Torre Argentina, a sviluppare solo milioni di parole, mi viene l’angoscia”. Ma non rinnega nulla: “Mi sento ancora un Radicale. Anche se del partito, da salvare, resta poco o nulla”.
Negli ultimi anni ha avuto parole dure per i suoi ex compagni.
È l’unica reazione possibile. Siamo alla scissione dell’atomo. Si ritirino e prendano un 20enne, un ragazzo con i jeans sporchi e tanta fame di politica vera.
I radicali hanno litigato sempre.
Nel nostro microcosmo ci siamo sempre divisi tra pannelliani e boniniani. Chi considerava Marco “un vecchio rincoglionito” e chi invece detestava “Emma la carrierista”. Il problema è che oggi scazzano Maurizio Turco e Riccardo Magi...
Com’è diventato Radicale?
Per una ragione personalissima: i miei genitori erano separati ma in Italia non c’era il divorzio. Avevo 17 anni, si avvicinava il referendum del ‘74. Ascoltai Fanfani: “Bisogna votare contro il divorzio perché dobbiamo pensare ai figli”. Mi infuriai. A Torino c’era una piccola sezione di attivisti. Un pugno di persone: obiettori di coscienza e militanti del primo movimento gay italiano di Angelo Pezzana. Iniziai così.
La prima battaglia.
Fu una stagione incredibile. Nessuna generazione ha più vissuto niente di simile. Prima del ‘74 in Italia praticamente non c’era neanche il bikini. Poi, tutti insieme: il divorzio, il voto ai diciottenni, il nuovo diritto di famiglia, l’aborto, i movimenti gay.
Quando arriva a Roma, a Torre Argentina?
Mi ci porta Adelaide Aglietta nel 1977, ma ero militante da tre anni. Mattina, giorno e notte, come militari. Altro che edonismo: eravamo un partito le-ni-ni-sta. Pannella diceva che l’unica differenza tra noi e le Br era questa: “Loro fanno violenza sui corpi altrui, noi sul nostro”.
Qualche esempio?
Si vada a vedere la mia foto al 67esimo giorno di digiuno... Oppure i 34 giorni di picchetto dei tribunali per essere i primi a depositare le liste e avere il primo posto sulla scheda elettorale, fregando il Pci. O le notti a notificare gli atti giudiziari per la difesa di Enzo Tortora e dei coimputati: 118 ricorsi entro 72 ore.
E poi c’era Pannella.
In quegli anni l’u omo forte era Gianfranco Spadaccia. Fu lui a decidere di presentarci alle elezioni nel ‘76: entrammo in Parlamento per 10 mila voti, un’altra notte insonne. Pannella era il capo della “Lega 13 maggio”. Era già leader carismatico ma non aveva incarichi.
Quand’è che Pannella si prende il partito?
La svolta mi pare sia nel l’88, con la fondazione del Partito Tra nsnazionale. Tortora, ironicame nte, lo chiamerà il “partito del cacao meravigliao”. Pannella cambia tutto: il Partito Radicale non è più un soggetto politico in Italia, ma diventa “t ransnazionale, europeo, mondiale, universale”. Marziano, insomma. In Italia, invece, sforna liste su liste: “Amnistia Giustizia Libertà”, “Lista Bonino” e via. Tutto –compresa Radio radicale – di proprietà degli stessi soggetti, e precipuamente di Marco.
È l’inizio del declino?
Soprattutto dopo il ‘92. Cento prediche al giorno, zero battaglie vincenti. Me ne vado perché assisto all’abdicazione di un leader: Marco rifiuta di sporcarsi le mani, si chiude nella torre d’avorio, nei discorsi sulla sedicente minoranza perseguitata. Cosa avrebbe dovuto fare? Alla vigilia della sua partenza per Hammamet, Craxi incontra Pannella e gli dice: “Ti lascio in eredità un’area laica e socialista del 20 per cento, ora tocca a te”. Marco non ha voluto misurarsi, ha preferito il piccolo e bello: meglio l’1% purché sia tutto suo. Voleva essere adorato. Le racconto un aneddoto che conoscono in pochi.
Dica pure.
Un incredibile viaggio in aereo: siamo andati da Sciascia, a Palermo, perché Marco voleva chiedergli se accettare o meno l’autocandidatura nelle liste Radicali di Licio Gelli. Non ricordo l’anno, ma era la fase del “Pannella redentore”, quello che candidava Cicciolina.
E Sciascia come reagì?
Fu straordinario. Diceva una parola ogni sei minuti, aveva queste dita gialle di nicotina. (Imita l’accento dello scrittore) “Secondo me... Marco... è una scelta avventata”. E Pannella: “Eeeeeh, caro Leonardo, proprio questo volevo sentirmi dire”. Se glielo diceva uno qualunque di noi ci mandava a fanculo. Gelli non fu candidato.
Il Pannella eccentrico non le piaceva.
Un genio, ma per me la politica è altro: una piccola cosa al momento giusto; il passo lungo quanto la gamba. Altrimenti fai il predicatore. Marco si è circondato di apostoli.
Però attorno a Pannella sono cresciuti sindaci, ministri, politici di successo.
Abbiamo creato una grande scuola politica e seminato Radicali in ogni dove, ma cosa sono diventati? La Bonino, da ministra non ha detto una parola su Vaticano e Imu. Quagliariello non ne parliamo. Capezzone è diventato berlusconiano ortodosso. Rutelli bacia pantofole Oltretevere.
Giachetti potrebbe diventare sindaco di Roma.
Giachetti non c’è, e se c’è dorme. Ha dormito nella Margherita quando Lusi gestiva le finanze del partito. Ha dormito con Veltroni, quando Odevaine si pappava tutto. L’unico candidato che propone una cosa radicalissima – cioè che il Vaticano paghi l’Imu – è la sora Virginia Raggi dei grillini... che tristezza.
Della storia dei Radicali non salva nulla?
Al contrario. Porto tutto con me. Non ho condiviso molte scelte, ma Marco è la persona più intelligente che abbia mai conosciuto. Il migliore Pannella aveva una parola capace di spaccare, di rompere. Una parola che creava intelligenza. La Bonino, che è perfetta per i salotti, i meeting internazionali e per accompagnare Lady Obama ad Expo, questo carisma non l’ha mai avuto.
 Ma il partito come si salva?
I partiti non sono eterni: iniziano e finiscono. Non c’è niente di peggio degli accanimenti terapeutici. Guardi il Pci: pur di eternarsi, è finito democristiano.