Corriere della Sera, 9 maggio 2016
Ma i migliori anni non dovrebbero essere quelli che ancora devono arrivare? Un paio di considerazioni sul programma di Carlo Conti
Il venerdì sera di Raiuno, con protagonista Carlo Conti alla guida dello show «I migliori anni», si basa tutto su un curioso paradosso: ma i «migliori anni» non dovrebbero essere quelli che ancora devono arrivare? Il compito dell’ammiraglia del Servizio Pubblico non dovrebbe essere quello di promuovere uno slancio verso il futuro, di incentivare la speranza per le giovani generazioni? E dire che Andrea Fabiano, classe 1976, è il più giovane direttore della storia della rete! Diciamo subito che il programma è un format di successo, che il meccanismo è ben concepito e la produzione è una macchina molto oliata anche nella gestione di tempi e ritmi. La questione è più di fondo. L’idea dello show è far rivivere i momenti musicali pop che più hanno lasciato il segno nel ricordo collettivo attraverso filmati ma soprattutto attraverso interviste ed esibizioni cantate in studio, centrate sulla logica dell’evergreen. Le logiche sono diverse: cullare il pubblico con l’effetto nostalgia, sfruttare il patrimonio d’immagini e video del passato, alimentare l’amarcord collettivo.
Ma quando si apre con i successi di Sanremo 1971 e con «Sarà quel che sarà» dei Ricchi e Poveri, si prosegue con un dibattito su Franco, che è uscito dal gruppo per dedicarsi alla famiglia, si passa per un medley dei successi di Al Bano, è chiaro che l’immaginario coltivato da «I migliori anni» è tutto rivolto a un passato nazionalpopolare ormai canonizzato dal racconto di programmi rievocativi di questo tipo. Con una trasmissione del genere si va sul sicuro, non manca nessuno del sancta sanctorum targato Raiuno (c’è persino un’imbarazzante Anna Tatangelo che accompagna la conduzione di Carlo Conti), il pubblico di riferimento è rassicurato, non si scontenta nessuno. Possibile però che non si possa sperimentare qualche formato di intrattenimento capace al contempo di essere «largo» e popolare ma anche innovativo e attrattivo per più generazioni?