Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 16 Sabato calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

Il petrolio sotto i 30 dollari, il mistero della debolezza cinese, l’ostinazione con cui l’Europa tedesca non vuole trasformarsi da venditrice in compratrice, le incertezze del mercato dell’auto, i brutti dati sulla produzione e le vendite al dettaglio che arrivano dagli Stati Uniti: tutto questo ha buttato giù un’altra volta le Borse del mondo, cominciando da Shanghai che ha aperto la giornata con uno scivolone di tre punti e mezzo e finendo con Milano che ha chiuso con un -3%. In mezzo ci sono Londra, sotto dell’1,8, Francoforte -2,5, Parigi -2,2 e Wall Street che mentre scriviamo perde il 2,4%. Non c’è stato un inizio d’anno così brutto dal 1999 e all’orizzonte non si vede nessun segnale che annunci almeno una speranza di bel tempo.

Da dove vogliamo cominciare?
Il buffo è che non si è sicuri di quali siano le cause e quali gli effetti, al punto che ci sono alcuni analisti che consigliano di comprare oro altri che insistono sulla bontà delle azioni e altri ancora che dicono di mantenersi liquidi in attesa di capir meglio quello che succederà. Per esempio, il prezzo del petrolio: è la causa del precipizio in cui stanno cadendo le piazze d’affari mondiali o è l’effetto della crisi che avviluppa sia la Cina che l’Europa?  

Io dico che è colpa degli arabi, che continuano a produrre a tutto spiano in un momento di domanda bassa.
Ci sarà presto una riunione dell’Opec (l’organizzazione dei paesi produttori), perché la politica dei sauditi sta facendo penare davvero tutti. Prendiamo un Paese a cui non pensiamo che raramente, cioè il Venezuela: Chávez, negli anni d’oro del barile a 100-120 dollari, non ha creato una struttura economica forte e adesso, col barile sotto i 30 dollari (quotazioni di ieri su tutte le piazze), è un Paese tecnicamente fallito. Pil sceso del 10%, deficit di bilancio del 24%, prezzi cresciuti negli ultimi sei mesi del 250%. Cioè siamo alle soglie di un’iperinflazione devastante, con le conseguenze ben note: la valuta ridotta a carta straccia, gli scaffali vuoti, la miseria diffusa. Chi potrebbe salvare il Venezuela? La Cina. Senonché anche la situazione economica cinese è tutt’altro che rosea. Nessuno crede ai dati forniti da Pechino sull’aumento del Pil nel 2016: certamente non il 7%, ma di sicuro neanche il 6. Forse il 5 o addirittura il 4%. A quei livelli sono incrementi troppo bassi e che si riflettono su tutto il Pianeta. La Cina non compra più.  

E non compra nemmeno l’Europa.
Qui cito Alberto Bagnai, l’economista gran nemico dell’Europa. Bagnai è sicuro che la vera causa della crisi mondiale sta nell’atteggiamento tedesco: non spendere, non svilupparsi, tagliare tagliare tagliare. Tradotto sullo scenario planetario significa questo: che l’Europa - cioè la Germania - non vuole rinunciare al suo ruolo di venditrice, immaginando che il resto del mondo sia pronto a comprare. Ma gli acquirenti principali dovrebbero essere, appunto, quei paesi fortemente importatori che ricavavano i denari per comprare all’estero - prima di tutto in Europa - dalle esportazioni di petrolio. Senonché ormai il petrolio non si esporta, si regala. E questo ha molte conseguenze. Ad esempio, per la Russia: un taglio del 10% della spesa pubblica (è il secondo anno consecutivo) con un aumento del deficit dal 3 al 7,5% e la caduta del rublo. Le previsioni di Mosca che fornivano agli investitori questi dati si basavano però su un prezzo del barile a 35 dollari: ma adesso sta a 29 e secondo molti analisti punta deciso a quota 20. Il bilancio 2016 dell’Iran è stato costruito col barile a 70, quello del Venezuela e della Nigeria col barile a 100.  

Forse qualcuno persuaderà gli arabi a tagliare la produzione.
Non sembrano intenzionati. All’obiettivo di colpire gli estrattori di shale gas americani, che stanno malamente in piedi col barile a 45 dollari (nove compagnie statunitensi sono infatti fallite, lasciando fatture non pagate per due miliardi), si è aggiunto adesso l’altro obiettivo: mettere all’angolo l’Iran e il suo grande alleato Putin, che vive quasi solo esportando greggio e importa tutto il resto.  

Quanto possono resistere i sauditi? Perché il prezzo basso, alla fin fine, colpisce pure loro.
I sauditi, a causa della loro politica, sono destinati a perdere 100 miliardi solo quest’anno. Ma hanno riserve valutarie per 700 miliardi e possono resistere. Il fatto è che quando si decideranno a tagliare l’offerta, il prezzo continuerà a star basso perché il mondo è sempre meno dipendente dal petrolio (per esempio, noi: negli anni Settanta il nostro rifornimento energetico era legato al petrolio per il 70%, oggi solo per il 30) e anche perché nei depositi di tutto il mondo ci sono riserve immense di greggio. Negli Stati Uniti, per esempio, sono stoccati nei depositi 120 milioni di barili in più rispetto alla media degli ultimi cinque anni. (leggi)

Dai giornali