Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 16 Sabato calendario

Maria Elena Boschi, un po’ cattolica, un po’ liberale

Per capire la trattativa tortuosa che porterà l’Italia ad avere le unioni civili, è utile tenere presente la storia di Maria Elena Boschi.
È lei la donna che dall’ufficio del ministero delle riforme costituzionali e dei rapporti con il parlamento, cerca di portare a sintesi il ventaglio scivoloso di proposte che, dall’estrema destra all’estrema sinistra, l’instancabile pendolo della politica nostrana ha rovesciato nelle aule parlamentari. A cominciare dalla stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner, che lei vorrebbe, ma che non avrà.
Devota di Matteo Renzi, e in ogni caso sua prima e inossidabile alleata, la ministra trentaquattrenne, avvocato di successo, discreta clarinettista, ex catechista di Laterina, figlia di Pier Luigi – già vicedirettore di Banca Etruria finito in una bufera nella quale si è inevitabilmente trovata anche lei – è una cattolica tendenza Francesco: gli uomini e le donne sono tutti uguali, anche se vanno a letto con persone dello stesso sesso. Del resto si può discutere.
Non una rivoluzionaria catto-comunista, al contrario, una cattolica liberale, gobettianamente parlando, che prima di iscriversi al Pd votava per i Popolari e per la Margherita e che deve il senso di quello che è a un punto di riferimento fondamentale: la famiglia. Padre, madre, fratello e cognata, nonna, ma soprattutto nonno Gloriano, che da qualche anno non c’è più. Tenace e bellissimo – occhi molto azzurri che le ha lasciato in eredità, profilo da Paul Newman, ha sostenuto lei – Gloriano era un contadino. Un uomo della terra chiamato a combattere nella seconda guerra mondiale. Dovendo partire passò dalla sua futura moglie e le disse: al mio ritorno ci sposeremo. Non erano le prime parole che le rivolgeva, ma quasi. Lei lo guardò con dolcezza: pregherò per capire se è giusto. Cercava l’ispirazione celeste. Finito in un campo di lavoro tedesco, Gloriano, che aveva fatto la quarta elementare, le scrisse con continuità. A guerra terminata tornò a Laterina. Lo fece a piedi, perché non aveva né soldi né altri mezzi, e lì replicò la proposta di matrimonio. Tenace, resistente e costante, era certo che anche il cielo sarebbe stato dalla sua parte. Così fu. Al momento di lasciare questo pianeta di fianco a lui c’erano i figli, la moglie e la nipote futuro ministro. La nipote gli chiuse gli occhi. La moglie disse: se n’è andato un cavaliere. Un piccolo film, che al ministro è rimasto in testa. È quando te ne vai che si capisce il tuo valore. C’è o non c’è la famiglia al tuo fianco?
È questo quello che conta. È questo quello che le ha fatto dire – forse in un irrealistico eccesso di autoanalisi – che non sarebbe per nulla a disagio se tra dieci anni invece che a guidare il Paese si trovasse a cullare un figlio o anche a insegnare francese in una scuola di provincia, naturalmente la sua. A Laterina non sei mai solo Maria Elena Boschi. Ma sei la figlia di, quella che andava a scuola con e prendeva il pane da. Insomma, rappresenti la comunità. Non sei una, sei tremilaecinquecento. Ed è stata questa idea che l’ha spinta in politica, trasformandola una macchina da guerra, entrata per la prima volta in azione quando nel 2012 organizzò le primarie di Renzi.
Bell’inizio. Ma è solo sotto l’urto della pluralità che scopriamo davvero chi siamo. E a lei è successo diventando ministro prima e col discusso decreto salva banche poi. Ha retto? Sta reggendo. Contando sul fatto che a poco a poco l’abitudine intacca la sofferenza. E convinta che se anche fra sei mesi dovesse essere costretta alle dimissioni (una ipotesi che in qualche angolo remoto della testa prevede) sarà poi il tempo a darle ragione. È la famiglia la sua unica, granitica, certezza. È quello il nucleo di ogni cosa. Tradizionale o mista che sia.
I suoi collaboratori la descrivono ossessionata dall’idea della meritocrazia. E se qualcuno le chiede se la base del suo evidente successo sia stata davvero quella – la meritocrazia – lei risponde sicura: è proprio per questo che sono qui, chi non crede alla meritocrazia si nasconde dietro agli alibi e non va da nessuna parte. Suggestivo, per quanto non una verità assoluta. Eppure al ministro, una di quelle persone per cui il linguaggio non è un abbellimento gratuito ma una qualità della visione, va riconosciuta per lo meno una grande passione politica. Che non è un requisito sufficiente per cambiare il mondo o per guidarlo, ma sicuramente è un requisito necessario.
In genere gli uomini e le donne che ottengono professionalmente tutto molto in fretta, gli overachiever li chiamano gli americani, sono soggetti a gravi momenti di depressione. Lei no. Non se li consente. «Non sono una di quelle che poi vanno in bagno a tirare pugni sul muro. Non li tiro e basta», ha raccontato al suo staff. E in effetti è quella la sensazione che dà. Resiste. Incassa. Soffre. E in definitiva neppure media. Cerca piuttosto il punto di caduta. Perchè nelle trattative solo i numeri contano.
Vale anche per questa storia delle unioni civili destinate ad arrivare al traguardo menomate e che la Boschi – con qualche ragione – vive invece come una piccola rivoluzione copernicana in una Europa che in larga parte questa rivoluzione l’ha già fatta al cubo. Siamo in fila. Però in cammino. E il prossimo passo magari sarà l’eutanasia, che pure a lei non piace. E poi, chissà, un premier donna. Lei, magari, in un Paese che oggi non le sembra pronto. Perché troppo maschilista. E ancora sbilanciato sul centrodestra. A meno che quel primo ministro donna non sia Renzi con la gonna.