Andrea Elefante, La Gazzetta dello Sport 16/1/2016, 16 gennaio 2016
PRANDELLI: «SUL FUTURO DI ANTONIO TUTTO QUESTO AVRA’ UN PESO»
Molto diversi e un po’ uguali. In questo ugualissimi. Il film che Antonio Conte probabilmente aveva già visto in anteprima - in cuor suo, le scene girate ieri le aveva immaginate da un po’ - è un sequel di quello che Cesare Prandelli si era già sciroppato quattro anni fa, prima dell’Europeo in Polonia e Ucraina. Stessi interpreti, stessi dialoghi - in particolare le parole del presidente della Lega Beretta - o non dialoghi, vista l’incomunicabilità finale. Unica differenza: allora era successo tutto un paio di mesi più tardi, a metà marzo. E Prandelli non aveva neanche avuto il beneficio d’inventario di accettare l’eredità di qualche giorno di stage, per poi rifiutarla: a lui i club avevano detto no senza distinzione di giocatori.
Prandelli, neanche un po’ sorpreso, vero?
«E invece sì: credevo che le parti si fossero almeno avvicinate. O meglio: credevo ci fosse da parte della Lega un po’ più di volontà di essere un po’ più vicina alla Nazionale. Un pochino di tutto, almeno».
Come se lo spiega?
«Tutto continua ad essere maledettamente complicato, anche se per due grandi forze così dovrebbe essere naturale trovarsi, parlarsi, capirsi di più. La premessa è indiscutibile: la priorità è per le esigenze dei club. Però la Nazionale rappresenta tutti quei club. E fino a prova contraria valorizza ancora di più i loro giocatori».
Da ex c.t.: cosa si prova in questi casi? Più rabbia o amarezza?
«Sa cosa mi dispiaceva e mi dispiace di più? Vedere quel che succede in casa d’altri: il rapporto con la nazionale viene gestito in modo diverso, con molta più collaborazione, voglia di fare un passo nella sua direzione, in particolare nella gestione dei calendari e nella scelta delle date. Per un c.t. l’amarezza sta nell’accorgersi che però poi, come d’incanto, senza aver avuto neanche il tempo per fare valutazioni, magari per sbagliarle, si vuole la Nazionale perfetta».
Soluzioni?
«Non so se una mia vecchia idea sia una soluzione, ma un c.t., se proprio non può ottenere gli stage, dovrebbe avere almeno la possibilità di fare un tour lavorativo nei club e vivere per 4-5 giorni “dentro” tutte le squadre. Ma ormai mi sembra tardino».
Per Conte pesa di più il mancato spostamento della finale di Coppa Italia o l’aborto dello stage di inizio febbraio?
«Non so cosa pesa di più, ma so che con un po’ di buona volontà una data diversa per la finale di Coppa Italia si potrebbe trovare, si sarebbe potuta trovare. E anche un po’ di spazio per tre giorni di stage senza condizioni».
Conoscendolo, quanto peserà tutto questo nelle scelte di Conte relative al suo futuro azzurro?
«Parecchio».
Ok, cominciamo a preparare il totoallenatore della Nazionale?
«Lei mi ha chiesto quanto peseranno le decisioni di ieri e io ho risposto alla sua domanda. Ribadisco: parecchio».
Non resta che augurare a Conte che i vostri film si assomiglino anche nel finale. Da vicecampioni d’Europa.
«Ah beh, ci mancherebbe: quello sicuro. Sempre forza Italia».