la Repubblica, 16 gennaio 2016
Elenco di tutte le bugie dette dai candidati alla Casa Bianca
Sigari per il Califfo e bombe per i pasdaran, nel mondo meraviglioso delle bugie e dello stupidario elettorale americano ogni dibattito e ogni comizio produce un nuovo copione di enormità e di menzogne. Se è vero che le bugie stanno alla politica come le pulci stanno ai cani, la muta di candidati alla Casa Bianca 2016, soprattutto dei Repubblicani, sembra avere urgente bisogno di una seria disinfestazione. Guidati da Donald Trump, l’indiscusso capo branco, tallonato da Marc Rubio, Ted Cruz e dal famoso chirurgo Ben Carson che sembra pericolosamente allergico ai fatti, i pretendenti all’investitura del partito che fu di Reagan e dei Bush stanno facendo saltare le lancette dei “Veritometri”, i misuratori di verità proclamate nei comizi e nei dibattiti. «Non ce la facciamo più a seguire tutto il bullshit – letteralmente lo sterco di toro – che questi stanno spargendo», geme Angie Drobnik Holan, che guida “Politi-Fact”, il gruppo di giornalisti insigniti dal Premio Pulitzer, che da anni si sono assunti lo straziante compito di inchiodare politicanti, senza distinzione di parte o di genere, alle loro pulci.
La gamma delle sciocchezze, o delle menzogne pronunciate nel canile della zuffa elettorale spazia dal ridicolo al tragico, con superba agilità retorica. Ben Carson, travolto dal giusto sdegno per la violenza dei sanguinari jihadisti, inorridisce al pensiero di lasciare i terroristi tranquilli «a fumarsi i loro sigari comodamente seduti ad Al Saqqa», dimenticando che il fumo di tabacco, nel Califfato nero, costerebbe loro la decapitazione sulla pubblica piazza. E Al Saqqa, da lui ovviamente confusa con Raqqa, località che ha prodotto seri imbarazzi anche a politici italiani ignari di geografia, semplicemente non esiste. Ted Cruz, il senatore che segue più da vicino Trump nei sondaggi per il voto dell’Iowa il primo febbraio è pronto a scatenare la potenza militare americana contro gli iraniani che hanno catturato e costretto a inginocchiarsi dieci marinai nel Golfo Persico. E ignora che, per ammissione del ministro della Difesa Carter, quelle unità americane entrarono, per errore, in acque iraniane, dunque furono legittimamente, e brevemente, arrestati dalle Guardie Rivoluzionarie, senza incidenti. Unanimi, tutti i candidati di testa, seguiti da quelli in coda come il languido Jeb Bush e il corpulento Chris Christie fustigano Barack Obama per avere «sbudellato» la potenza militare Usa, scordando che le riduzioni nel bilancio Usa per la Difesa sono state proposte, votate e approvate dai loro colleghi della maggioranza Repubblicana nel Congresso.
Ma nessuno, neppure Christie, governatore del New Jersey che promette di annullare i finanziamenti alle cliniche di Planned Parenthood dove si praticano non solo aborti legali, ma ginecologia e ostetricia per donne senza altra assistenza ma si vanta di inviare loro assegni personali, raggiunge le acrobazie dialettiche e le sfacciate contraddizioni del “Donald”, di quel Trump che non soltanto non respinge, ma esibisce la propria inattendibilità come conferma della diversità, saltando come un Uomo Ragno da una contraddizione a una smentita. E se viene pizzicato da “Veritometro” accusa i controllori di faziosità, come il paziente che rimproverasse al termometro la febbre, solleticando l’odio dell’americano più ruspante per quella stampa progressista. «Non ho mai detto che imporrò una tassa del 45% sulle importazioni cinesi», si è sdegnato nel dibattito di giovedì scorso il miliardario dai riporti arancioni, contando sul fatto che nessuno tra i suoi sostenitori legga il New York Times, al quale, cinque giorni prima, aveva dichiarato esattamente quello. L’intenzione di applicare un dazio del 45% sul made in China, suscitando la furibonda reazione dei suoi molti colleghi miliardari che sulle importazioni dalla Cina hanno costruito le proprie fortune.
I “Fact-Checkers”, i veterinari della verità che fanno le pulci alle sparate dei cani in corsa verso la grande salsiccia bianca, non si limitano certamente, né potrebbero per non perdere credibilità, limitarsi a setacciare le panzane di una parte. Hillary e Bernie, la strana coppia della quasi settantenne signora Clinton e dell’ultrasettantenne senatore del Vermont che duellano per la candidatura democratica offrono il proprio sostanzioso contributo al “Veritometro” dei giornali e dei blog. Gli spulciatori di PolitiFact hanno concluso che Hillary e Bernie, la regina un po’ “frozen” dei Democratici e il senatore sempre agitato e un po’ farfuglione come un vecchio zio rumoroso che ormai la tallona, mentono circa un terzo delle volte in cui aprono bocca, dedicando un altro terzo a piccoli aggiustamenti dei fatti per accomodare la propria retorica, una percentuale notevole, ma quasi degna del mitologico George Washington che, leggenda falsa vuole, non mentiva mai.
Ben Carson, sicuramente neurochirurgo pediatrico più affidabile di quanto sia come politico, spara baggianate bibliche al ritmo dell’84% delle volte, praticamente sempre. The Donald lo rincorre al 74%, ma lo supera nella categoria più scandalosa, quella delle “mutande in fiamme”, come vuole una filastrocca per bambini che canta “Liar, liar, pants on fire”, bugiardo bugiardo hai le braghine in fiamme. Una metaforica ustione dell’intimo al quale era invece molto esposto, anche storicamente, il marito della signora Clinton, oggi riapparso come gregario nella campagna elettorale di lei.
La conclusione di questo esame della attendibilità di uomini e donne fra i quali emergerà il prossimo presidente americano sarebbe deprimente, se la verità – o la menzogna – non fosse ancora più preoccupante. Gli elettori, i famosi “cittadini” tendono a preferire non colui che racconta più verità, essendo spesso la verità assai sgradevole, ma ad appoggiare il candidato che racconta le bugie più gradite, una dinamica negativa del consenso che spiega il tenace successo del superballista Trump. Tutti dimenticando il saggio consiglio di Bernard Baruch, uno dei massimi assistenti di Franklin Roosevelt: «Votate il candidato che vi promette di meno, perché sarà quello che vi deluderà di meno».