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 2016  gennaio 16 Sabato calendario

Occhio ai nuovi investimenti di Oscar Farinetti

Quando si pensa a Eataly, il progetto industriale per portare il concetto di slow food sugli scaffali di un supermercato e nei piatti del menù, non si può non fare riferimento sempre e solo a Natale, detto Oscar, Farinetti. In realtà l’imprenditore nato ad Alba, in provincia di Cuneo, nel settembre del 1964, da tre anni ha lasciato le redini del gruppo.
Non solo nel corso del 2013 ha passato la guida gestionale ai figli Francesco e Nicola – affiancati dal sodale socio della prima ora Luca Baffigo Filangieri e dall’1 ottobre scorso dal presidente esecutivo Andrea Guerra – ma è contestualmente uscito dal capitale di Eatinvest, la holding creata ad hoc al momento dell’avvio del progetto, datato 2004, ma nato formalmente nel 2007 con l’apertura del primo store a Torino. Il 60% detenuto da Farinetti è stato diviso in tre quote uguale assegnate agli eredi (il terzo fratello, Andrea, è consigliere di Eataly).
Ma è comunque sempre a lui che ci si riferisce e ci si rivolge ogni volta che c’è da affrontare il tema del business aziendale o delle dinamiche legate al cibo gourmet. Anche perché il legame con la sua creatura, nata grazie alla liquidità (1 miliardo) incamerata con la cessione avvenuta nel 2003 della catena di negozi di elettronica Unieuro all’inglese Dixon Retail, non si è mai dissolto del tutto.
Smessi i panni del deus-ex-machina e factotum, il vulcanico imprenditore piemontese ha conservato per sé alcune cariche in aziende partecipate e correlate dalla capogruppo. È presidente, nonché secondo azionista con il 17,87%, di Eataly Real Estate, di Eataly Distribuzione (la joint venture con Coop 3.0 e Coop Liguria), di Eataly Vini, di Eatinerari, amministratore unico di Eataly Piacenza Real Estate e presidente onorario di Eataly Word, oltre a cariche nei consigli di amministrazione di altre società che ruotano attorno al business del polo della grande distribuzione che ha chiuso il 2015 con un giro d’affari consolidato di 400 milioni e un margine operativo lordo di 35 milioni.
Ma a neppure 62 anni, non ha affatto voglia di battere in ritirata e godersi la pensione. Tirato più volte per la giacchetta dal centro-sinistra per una sua discesa in campo, magari a fianco del premier Matteo Renzi (tra i due il feeling è alto da tempo), per ora il fondatore di Eataly ha deciso di non giocarsi il jolly della politica. E così, mentre grazie alla sua potente rete di relazioni è riuscito a ottenere l’assegnazione della gestione dei 20 ristoranti tematici dell’Expo 2015 – incasso complessivo di quasi 30 milioni – facendo andare su tutte le furie il patron di Esselunga, Bernardo Caprotti anch’egli interessato al business, Farinetti ha continuato a gestire le sue attività agro-alimentari assieme ad alcuni dei soci della prima ora del progetto Eataly.
Se si analizza l’attività d’investimento dell’imprenditore di Alba, che prima di lanciarsi nell’avventura della grande distribuzione alimentare aveva rilevato, nel 2003, lo storico ma malandato Premiato Pastificio Afeltra di Gragnano (oggi controllato dalla catena retail), emergono in particolare le attività gestite dalla finanziaria Valori e Mestieri, partecipata da Farinetti al 19,61% che ne è pure l’amministratore unico. Con lui, come detto, alcuni dei fedelissimi che hanno lanciato Eataly. Nel portafoglio di Valori e Mestieri (39 milioni il controvalore delle partecipazioni alla fine del 2014), spicca in particolare la casa vitivinicola Fontanafredda (quota di partecipazione del 47,83%), storico marchio piemontese di vini e spumanti che viaggiava, sempre nel 2014 (ultimo bilancio disponibile) a un fatturato di 44,7 milioni e un utile di 1,73 milioni. L’altro asset di spicco è rappresentato dall’hotel a 4 stelle, nel Cuneese, Castello di Santa Vittoria che nel 2014 ha registrato ricavi per 927 mila ma una perdita di 205 mila euro. Altre partecipazioni detenute da Valori e Mestieri sono le società che hanno poi riaffittato due osterie a Pinerolo e Aosta.
Un ulteriore investimento importante correlato a Eataly è quello rappresentato dalla quota del 17,87% detenuta in Eataly Real Estate – fa riferimento, 30%, al fidato alleato Baffigo Filangieri e alla moglie Elisa Miroglio i quali attraverso la società semplice Carlo Alberto hanno anche il 20% di Eataly – che ha un patrimonio immobiliare di 60 milioni e un debito bancario di 24,3 milioni.
Da non trascurare, poi, la partecipazione del 10% detenuta da Farinetti nella casa vitivinicola bresciana Monte Rossa, pluripremiata cantina del Franciacorta da 70 ettari di vigneti e 500 mila bottiglie prodotte mediamente all’anno e da un giro d’affari di 5,2 milioni con 881 mila euro di profitti nel 2014. Si inserisce nello stesso ambito la quota del 16,67% nella piccola Distilleria Mario Montanaro di Cuneo, fondata nel 1885, dove tra gli altri soci figura la stessa Miroglio. Questa società, presieduta da Marco Giamello e gestita da Giulio Bongiovanni (azionista al 16,67% e amministratore delegato), nel 2014 ha generato un fatturato di 1,2 milioni con un utile di 17.254 euro. Nel settore, infine, Farinetti ha deciso di scommettere sul Birrificio Baladin di proprietà della famiglia Musso che nel 2014 ha fatturato mezzo milione di euro perdendo però 15.441 euro.
Mentre, in termini di diversificazione del business, l’inventore della catena di negozi gourmet detiene il 23,34% del veicolo immobiliare Beni Futuri: 7,3 milioni tra terreni ed edifici a Torino e Monticello d’Alba per un patrimonio netto di 15 milioni e debiti nei confronti del sistema creditizio di 8 milioni. Mentre è di tutt’altro natura l’investimento rappresentato dal 20% nel capitale del ristorante la Cascata di Verduno, in provincia di Cuneo, che fa riferimento all’imprenditore Francesco Carena. Il locale nel 2014 ha fatturato 1,8 milioni con una perdita di poco più di 23 mila euro. E sempre nel campo della ristorazione, Farinetti ha rilevato il 50%, del ristorante Piuma di Genova, dell’imprenditore Alessandro Alessandri, fornitore dello store del food del capoluogo ligure.
Con la liquidità di cui dispone dai tempi della vendita di Unieuro e con la consapevolezza che Eatinvest è in salute dopo aver incamerato 35,5 milioni di dividendi nel corso dell’esercizio 2014-2015. Farinetti può osservare da lontano i progetti di sviluppo del sua creatura sbarcata già a San Paolo, in Brasile, Seul, Dubai, Monaco ed è e pronta a mettere una bandierina a Mosca, Londra e Parigi. Non prima di aver raddoppiato la presenza a New York. Poi, si gusterà, lo sbarco in borsa.