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 2016  gennaio 16 Sabato calendario

L’Algeria sta per esplodere, proprio come la Libia

C’è una seconda Libia potenzialmente in grado di implodere sulla sponda meridionale del Mediterraneo: l’Algeria. Se ciò avvenisse, le conseguenze sarebbero gravissime per noi europei e italiani in particolare. Tradizionalmente il nostro Paese importa circa un terzo del suo fabbisogno energetico dai terminali algerini. Ma la minaccia maggiore restano il fondamentalismo islamico e le milizie di Isis pronte ad espandersi nella lunga serie di «Stati falliti» di cui è ormai cosparso il Medio Oriente.
La causa centrale della crisi si riassume in un nome: Abdelaziz Bouteflika, il 78enne presidente eletto nel 1999 e confermato nel 2014 per il quarto mandato. Un leader malato, ha sofferto almeno due infarti negli ultimi tempi, isolato, che non appare mai in pubblico, non riceve dignitari stranieri. Una sorta di imperatore ombra, di cui non è neppure possibile capire se sia in grado di governare. Il Financial Times riporta del recente fallito incontro con un gruppo di suoi fedelissimi, che in una lettera pubblica denunciano la presenza al palazzo presidenziale di personaggi oscuri dell’establishment, i quali in modo «illegale e illegittimo» starebbero gestendo gli affari dello Stato in nome di Bouteflika. Ma il problema è che adesso il Paese deve fronteggiare sfide vitali: la caduta del prezzo del greggio ha ridotto le entrate da 70 miliardi di dollari nel 2012 ai 26 previsti per il 2016. Ciò si traduce in aumento dei prezzi di beni e servizi pubblici, incapacità di pagare i salari statali e dunque crescita del malcontento popolare. Una mina che va subito disinnescata. Le micce della rivolta sono pronte. Nel 2011 la popolazione non si unì alle «primavere arabe» perché memore dei circa 250.000 morti nel caos degli anni Novanta e della minaccia islamica. Ma ora quel deterrente è debole. Bouteflika dovrebbe dunque dimettersi e promuovere al più presto la successione democratica in nome della stabilità. Non possiamo più attendere.