Lanfranco Vaccari, SportWeek 16/1/2016, 16 gennaio 2016
GRASSI E MALATI DI CUORE SONO I TIFOSI DELUSI
La striscia negativa dei Chicago Cubs dura da 107 anni (ultime World Series nel 1908) ed è leggendaria. Ma non è la sola. A San Diego non vincono un campionato da 52 anni: i Chargers (football) agguantarono il titolo della Afl nel 1963, ancora in epoca ante Super Bowl; i Padres (baseball) in 46 anni di storia non hanno mai messo le mani sulle World Series (come altre sette disgraziate franchigie). L’astinenza di Cleveland è appena di un anno più breve, ma è la sola città americana con almeno tre squadre che in mezzo secolo non sia riuscita a portarsi a casa niente: i Browns (football) hanno vinto il titolo della Nfl nel 1964, e sono una delle 10 franchigie a non aver conquistato il Super Bowl; gli Indians (baseball), le World Series nel 1948; i Cavaliers (basket) mai, come altre 12 squadre. La Stanley Cup (il titolo dell’hockey) manca a una dozzina di squadre.
Mezza America appartiene al club dei perenni perdenti – eppure i tifosi son sempre lì a sperare nel prossimo anno, e in quello dopo ancora. Lo fanno compromettendo la loro salute. Un paio d’anni fa, la rivista accademica Psychological Science ha pubblicato uno studio che documenta come, il giorno dopo la partita, i tifosi delle squadre che perdono si imbottiscano di cibo spazzatura. In particolare, il 16% in più di grassi saturi e il 10% in più di calorie rispetto alla loro dieta abituale. Al contrario, i tifosi delle squadre che vincono mangiano sano: il 9% in meno di grassi saturi e il 5% in meno di calorie. C’è di peggio. Richard Kloner, un cardiologo della University of Southern California, ha scoperto che, in Massachusetts, negli otto giorni successivi alla sconfitta dei New England Patriots nel Super Bowl 2008 è stato registrato un aumento del 20% nel numero dei morti per cause cardiache, rispetto alla media. Invece, la vittoria degli Steelers nel Super Bowl 2009 ha portato a una contrazione del 25% nell’area metropolitana di Pittsburgh.
E allora perché, nonostante tutto, i tifosi riaffermano la loro lealtà? Perché, come succede in tutte le relazioni turbolente che provocano infelicità, dolore e stress, semplicemente non decidono di tagliare il legame? Per cercare di dare una risposta, gli studiosi teorizzano e aggiornano modelli da una quindicina d’anni. Il primo si chiamava Modello del Continuum Psicologico e individuava quattro gradini nello sviluppo del tifoso: consapevolezza, attrazione, attaccamento e fedeltà. È stato perfezionato con il Modello dell’Ascensore, che tiene conto dei divesi tempi in cui il processo può avere luogo.
Poi un professore di psichiatria alla Mount Sinai University di New York ha individuato tre motivi di dipendenza: vicinanza geografica, vanità (saltare sul carro del vincitore) e desiderio d’evasione (entrare allo stadio e dimenticare i mali del mondo). Da lì è nato il Modello Transteorico, che propone sei passaggi per venirne fuori: i primi tre sono propedeutici (precontemplazione, contemplazione e preparazione), gli altri tre liberatori (azione, persistenza e distacco).
Però funziona solo quando il processo di identificazione del tifoso con la squadra perdente non è arrivato al BIR Fing, che sta per “crogiolarsi nonostante il fallimento riflesso”, ed è il contrario del BIR King, il “crogiolarsi nella gloria riflessa”, tipico di chi tifa per squadre vincenti. Naturalmente, tutti i veri tifosi “birfano” e per loro, quindi, il modello non è di nessuna utilità. Sono irrecuperabili. Go Cubs.