
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Dobbiamo riferire di due discorsi importanti pronunciati ieri. Il primo è di Emma Marcegaglia, il capo della Confindustria, cioè la persona che sta al sindacato degli industriali come Epifani sta alla Cgil. Marcegaglia ha detto che o il governo vara aiuti concreti per il mondo dell’industria oppure rischiamo di perdere un pezzo di sistema produttivo. «Alcuni segnali di miglioramento non vogliono dire che l’emergenza sia finita. Se non facciamo cose concrete, ci metteremo almeno 5 anni a tornare ai livelli pre crisi». I ragionamenti della Marcegaglia si basano sui dati sfornati dall’ufficio studi della Confindustria. Il Pil – cioè la quantità di cose che produciamo – scenderà rispetto all’anno scorso di quasi il 5%. Tra gennaio 2008 e gennaio 2010 risulteranno persi un milione di posti di lavoro. Il tasso di disoccupazione, che quest’anno dovrebbe attestarsi intorno all’8,6%, l’anno prossimo starà al 9,3%, un livello che non veniva toccato dal 2000. L’eventuale ripresa si annuncia «ripida ». Il governo deve, secondo la Marcegaglia: sburocratizzare, cioè semplificare tutte le procedure che rendono tanto faticoso in Italia il fare impresa; intervenire sulla scuola, giudicata «modesta » appena l’altroieri dall’Ocse; rinforzare le infrastrutture, cioè costruire o ammodernare ponti, strade, ferrovie; combattere la criminalità, specialmente al Sud; liberalizzare, cioè contrastare i cartelli e i monopoli, pubblici o privati, e le norme che li proteggono e favorire la libera concorrenza tra i soggetti che operano sul mercato.
• Risposte?
Per ora nessuna. Anche se in altre occasioni i politici si sono sbracciati a far promesse.
• E l’altro discorso?
L’ha pronunciato Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat e della Chrysler. Ieri c’è stato un incontro a Palazzo Chigi con i rappresentanti dei sindacati e delle Regioni e con Letta, Sacconi, Scajola e lo stesso Berlusconi che s’è complimentato con Marchionne per l’acquisto della Chrysler («un’operazione importantissima che cambierà le abitudini degli americani sul fronte delle auto ecologiche»)
• Ragione di questo incontro?
Il problema dei due stabilimenti Fiat a rischio, cioè Pomigliano d’Arco e Termini Imerese. Lei sa che da quando è partita l’offensiva su Chrysler e su Opel, il sindacato ha chiesto di sapere che fine avrebbero fatto questi due stabilimenti che lavorano a meno del 50% delle loro potenzialità perché la domanda di automobili è precipitata. Marchionne ha sempre risposto di star tranquilli e di lasciarlo lavorare. Adesso che Chrysler è conclusa, l’amministratore della Fiat ha fatto il punto parlando di «razionalizzazione aziendale per contrastare una sovracapacità produttiva cronica di fronte alla grave crisi del settore auto». Una frase un po’ complicata che significa: tagli. Le notizie più preoccupanti riguardano lo stabilimento di Termini Imerese, in provincia di Palermo. Fino al 2011 qui si continuerà a produrre la Lancia Y. Dopo, Marchionne ha garantito che qualcosa si farà, ma ha annunciato che non si tratterà di automobili.
• E che cosa può fabbricare la Fiat se non automobili?
E’ una domanda giusta, ma nessuno può rispondere. Non ha una risposta neanche Marchionne. Il problema di Termini è che l’indotto è scarso e i collegamenti via nave o via treno difficili. Si tratta delle famose infrastrutture di cui parla la Marcegaglia. Tutto il lavoro preparatorio della Lancia Y deve essere fatto a Melfi. In questo modo è praticamente impossibile rendere conveniente la produzione.
• E a Pomigliano?
Si pensava che Pomigliano fosse lo stabilimento più a rischio, perché l’unico modello di punta fabbricato qui è l’Alfa 159 (la Gt è una macchina di nicchia, la 149 sta per uscire di produzione). Marchionne ieri ha spiegato che fino al prossimo anno lo stabilimento continuerà con l’Alfa 159 berlina e con la 147 Gt, dopo di che si monteranno a Pomigliano nuove piattaforme e si fabbricheranno nuovi modelli. Epifani s’è lamentato che il discorso è un po’ vago e soprattutto concentrato sulle scadenze più ravvicinate. Marchionne ha risposto che le condizioni di mercato sono talmente nebulose che è impossibile fare previsioni a lunga scadenza. L’amministratore ha cercato di tranquillizzare tutti dicendo che non si può immaginare la Fiat senza forti radici in Italia. Ha poi ricordato che l’azienda sta «usando tutti gli ammortizzatori sociali possibili anche se per almeno 10 stabilimenti nell’ultimo quadrimestre 2009 finiranno le 52 settimane di cassa integrazione». Mentre parlava, fuori da palazzo Chigi un gruppo di operai inalberava cartelli con su scritto: «Pomigliano non si tocca». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/6/2009]
(leggi)