Giordano Stabile, La stampa 19/06/2009, 19 giugno 2009
MOUSAVI IN PIAZZA "LADRI E CORROTTI"
L’onda verde, listata a lutto per le vittime degli scontri, ha per il sesto giorno consecutivo invaso Teheran, fino alla centrale piazza dedicata a Khomeini. Il leader dei riformisti, il candidato sconfitto alle elezioni Hossein Mousavi, è ricomparso tra la folla, l’ha arringata e attaccato a testa bassa Ahmadinejad e i suoi, con l’accusa di aver rubato i ricchissimi proventi del petrolio.
La rabbia dei manifestanti non è stata minimamente placata dalle concessioni di ieri del Consiglio dei Guardiani, una sorta di Corte Costituzionale che vigila anche sulla regolarità del voto. I giudici hanno accolto in minima parte le richieste dell’opposizione, ma hanno riconosciuto che il 12 giugno ci sono state «646 irregolarità denunciate»: schede non consegnate, o contraffatte. Nei seggi coinvolti i voti saranno riconteggiati, ma difficilmente cambierà l’esito del voto. Il Consiglio ha anche invitato i tre candidati sconfitti a partecipare alla propria «sessione straordinaria» di domani, un tentativo di riconciliazione.
Mousavi non ha risposto all’invito e per ora cavalca la piazza. Non è chiaro però quanto le manifestazioni reggano alla repressione. L’altra notte i basiji, le ronde islamiche che picchiano senza pietà, avevano devastato i dormitori degli studenti all’Università, mentre continuano gli arresti mirati. Ieri è finito in manette Ebrahim Yadzi, già ministro degli Esteri nel 1979, subito dopo la rivoluzione khomeinista. cardiopatico: l’hanno prelevato all’ospedale, incarcerato, e poi riportato in corsia sotto stretta sorveglianza.
Ad ascoltare Mousavi, vestito completamente di nero, c’erano nel pomeriggio «tra i 70 e i 500 mila dimostranti», secondo un reporter in incognito della Bbc. Una stima che non dà l’idea della tenuta della protesta. Il discorso di Mousavi ha però aggirato il bando dei corrispondenti stranieri, ancora una volta attraverso il network on line Twitter. stato durissimo. «Ladri, dove sono finiti i 300 miliardi accumulati durante gli anni grassi del petrolio a 100 dollari al barile? - ha chiesto il leader della protesta -. Dov’è la ricchezza del Paese. Un’inflazione al 25 per cento significa ignoranza, furto e corruzione. Perché tutti i nostri giovani vogliono lasciare il Paese? Ma io e questo mare verde cambieremo le cose».
Mousavi, che ha citato Khomeini come esempio di moralità da seguire, è ancora deciso ad andare fino in fondo e punta anche all’appoggio di parte dell’Assemblea degli Esperti, l’organo che elegge la Guida Suprema e che è presieduto da Akbar Rafsanjani, suo alleato. Un terzo dell’Assemblea, secondo l’analista Patrick C. Doherty , sono fedeli all’attuale Guida Suprema Ali Khamenei, un terzo sono con Rafsanjani, e un altro terzo indipendenti e legati alla influente scuola teologica di Qom, dalla quale era arrivata nei giorni scorsi qualche velata critica alle repressione. Il consenso di Khamenei tra i religiosi non è dunque granitico, anche perché venne eletto nel 1989 in tutta fretta, quando non era ancora ayatollah, il massimo grado della sapienza teologica tra gli sciiti.
Ma neppure la posizione di Rafsanjani è sicura. Ieri sono stati presi di mira i suoi figli, Faezeh e Mehdi, che sembra volessero lasciare il Paese e sono stati bloccati. Faezeh era stata filmata, con un irreprensibile chador, tra i manifestanti ed è stata accusata di fomentare le violenze. Le parti insomma affilano i coltelli e si sono fatti vivi i pasdaran, il corpo militare più fedele ai conservatori, che hanno chiesto di partecipare alla preghiera di oggi a Teheran, condotta da Khamenei in persona. La presenza dei pasdaran, che hanno additato gli stranieri «nemici dell’Iran» come responsabili dei disordini, è un monito pesantissimo ai dimostranti.