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 2009  giugno 19 Venerdì calendario

MIO MARITO LO SCIA’ FECE MOLTI ERRORI MA ALL’IRAN ORA SERVE DEMOCRAZIA"


" importantissimo che il mondo libero capisca che deve dare appoggio al popolo iraniano"

PARIGI - Farah Diba Pahlevi, ex imperatrice persiana ricorda benissimo l´ultima volta che i giovani iraniani si sono riversati nelle strade di Teheran, scandendo slogan, lanciando pietre e chiedendo il cambiamento: fu l´inizio della rivoluzione contro suo marito, lo scià di Persia, che costrinse infine la coppia reale all´esilio nel 1979 e sconvolse la sua vita.
Durante il suo regno da imperatrice di Persia la Pahlevi, che ora vive a Parigi, era la Jackie O. iraniana - una donna graziosa, affascinante, nota per il suo impegno appassionato a favore delle arti. E persino quando il marito perse il consenso popolare a seguito del suo dominio autocratico e del duro trattamento riservato ai nemici politici, Farah Diba era ancora ammirata da molti per il suo fascino e per il suo calore umano.
Ovviamente guardando le dimostrazioni in tv e la repressione contro chi manifesta per la libertà qualcuno si chiederà che differenza c´è rispetto al regime di suo marito.
«Può essere, ma non ha senso fare paragoni. La cosa più importante oggi è sostenere gli iraniani all´interno del paese e la gente sa che non c´è paragone tra quello che ha fatto questo regime negli ultimi 30 anni e com´era lo scià».
Ripensando oggi al trattamento riservato al dissenso all´epoca si chiede mai se si sarebbe potuto avere un atteggiamento diverso?
«E´ sempre la stessa storia. Da trent´anni ci poniamo questa domanda, con tutti i vari se. I se sono tanti sia per noi che rivestivamo posizioni di responsabilità che per chi ha partecipato alla rivoluzione. Non ha senso fare paragoni o pensare al passato. Oggi dobbiamo davvero pensare al presente. Oggi tanti che sono stati contro il regime hanno il coraggio di dire che si rammaricano di aver fatto quello che hanno fatto».
Suo marito si è poi rammaricato per come aveva governato l´Iran?
«Di nuovo, bisogna tornare indietro di trent´anni, alla guerra fredda e ai problemi che avevamo laggiù. La speranza di mio marito era che suo figlio in futuro regnasse in maniera diversa… ma non possiamo diventare una democrazia dal giorno alla notte».
Cosa prova guardando queste incredibili immagini scorrere sullo schermo tv?
«Un senso di speranza. Mi sento vicina a questi giovani, ragazzi e ragazze, e a tutte le persone che sono in strada e subiscono la repressione. Ovviamente ho inviato un messaggio agli iraniani dicendo che sono con loro e ho esortato la polizia a considerare i dimostranti fratelli e sorelle e a non avere un atteggiamento repressivo».
Tutto questo non le ricorda altri momenti meno carichi di speranza?
«No, francamente non vivo nel passato, anche se alcune immagini vengono dal passato. Ma si vede che la gente in strada oggi a Teheran è diversa, nell´aspetto, nelle cose che vuole. E ho grande speranza che questo sia l´inizio della fine della teocrazia».
Suo figlio Reza da anni si esprime contro il regime e si dice addirittura che faccia parte di gruppi di esuli che auspicano un cambio di regime. E´ vero? Suo figlio ha forse in programma di tornare ora in Iran?
«Come la maggioranza degli esuli iraniani mio figlio ha espresso sostegno al popolo iraniano, per la disobbedienza civile, ed ha incoraggiato l´esercito e i guardiani della rivoluzione a non creare problemi, a non sparare ed imprigionare i manifestanti».
Secondo lei in che rapporti è ormai Ahmadinejad con la guida suprema? Si dice che sia molto ambizioso e voglia spingersi oltre, dopo tutto a quanto pare l´esercito è la base del suo potere.
«Sentiamo che esistono molte crepe anche all´interno dei gruppi più potenti in Iran. Non viene da fuori, viene da dentro, e non sono solo i giovani o la classe media - non esiste più la classe media. La maggioranza degli iraniani sono poveri e vivono in condizioni di povertà. Molti sono infelici in Iran, perché nonostante la ricchezza del paese - non solo le risorse naturali ma anche quelle umane - guardi quanti problemi abbiamo: povertà, tossicodipendenza, e, sfortunatamente, prostituzione, bimbi che chiedono l´elemosina in strada. E´ sconfortante».
Come pensa che l´Iran possa diventare una democrazia? Sarebbe opportuno un intervento esterno o la spinta deve venire dall´interno?
«Avrà luogo all´interno, non verrà da fuori, ma giudico importantissimo che il mondo libero capisca che deve dare appoggio al popolo iraniano».

(Tina Brown è fondatrice e direttrice del giornale on-line The Daily Beast. E stata direttrice di Tatler, Vanity Fair, The New Yorker e Talk) © 2009 RTST, Inc. Distributed by The New York Times Syndicate Traduzione di Emilia Benghi