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 2009  giugno 19 Venerdì calendario

SEPARAZIONE DELLE CARRIERE PUNTI DI VISTA A CONFRONTO




Per i non addetti ai lavori, può chiarire, in merito alle separazioni delle carriere tra i pm e giudici, perché i penalisti si dichiarano favorevoli mentre l’Associazione nazionale magistrati è contraria?
Pasquale Mirante
pasmir@alice.it

Caro Mirante,
Credo che l’Ordine degli avvocati sia preoccupa­to dal ruolo che i procu­ratori hanno assunto negli ul­timi decenni. Sono avvocati dell’accusa, ma anche magi­strati e quindi colleghi del giudice che dovrà decidere la sorte dell’imputato. Sono sog­getti a numerose supervisio­ni e al rispetto di molte proce­dure di garanzia. Ma durante i passaggi obbligati del per­corso giudiziario vi sono per­sone, dal giudice delle indagi­ni preliminari ai membri del Consiglio superiore della ma­gistratura, che appartengono prevalentemente alla loro fa­miglia o addirittura all’asso­ciazione di cui sono membri. Il principale motivo della po­sizione degli avvocati resta tuttavia l’importanza anoma­la e sproporzionata del procu­ratore nella società naziona­le. Le grandi piaghe italiane degli ultimi quarant’anni – terrorismo, mafia, corruzione – gli hanno conferito una di­mensione e una visibilità che hanno alterato il rapporto di forze, in seno al processo, tra accusa e difesa. Il punto di vista dei magi­strati è naturalmente diverso. Molti di essi sostengono che la separazione espone il Pae­se alla prospettiva di un siste­ma giudiziario in cui i procu­ratori saranno nuovamente soggetti al potere e alle diretti­ve del Guardasigilli. Oggi, se­condo l’Associazione naziona­le magistrati, il procuratore agisce nell’interesse della giu­stizia e ne dà la prova archi­viando un’indagine quando si convince dell’innocenza dell’inquisito. Domani po­trebbe essere costretto a sce­gliere le azioni penali in fun­zione degli interessi del go­verno. I costituenti hanno cer­cato di evitare questo ritorno al passato con un articolo del­la Carta (112) che dice: «Il pubblico ministero ha l’obbli­go di esercitare l’azione pena­le ». Che cosa accadrà di que­sta norma quando il procura­tore verrà separato dai suoi colleghi giudicanti?

 proprio questo articolo, tuttavia, il punto dolente del­l’intera questione. Il principio della obbligatorietà della azio­ne penale è lo scudo che pro­tegge il magistrato inquirente dalle interferenze dell’esecuti­vo. Ma non gli impedisce di scegliere, fra le molte possibi­li azioni penali che giungono sul suo tavolo, quelle che gli sembrano più importanti. E nel giudicare della loro impor­tanza può scegliere discrezio­nalmente secondo le proprie convinzioni politiche e moti­vazioni ideali. Se la magistra­tura ha buone ragioni per te­mere le interferenze dell’ese­cutivo, il cittadino ha ottime ragioni per desiderare che la scelta del procuratore non sia influenzata dalle tendenze ide­ologiche dell’associazione a cui appartiene.

Esistono certamente for­mule e soluzioni che permet­terebbero di contemperare queste diverse esigenze. Ma occorrerebbe un tavolo di consultazioni a cui siedano contemporaneamente il go­verno, l’opposizione e i magi­strati.