Varie, 19 giugno 2009
GUIDETTI SERRA Bianca
GUIDETTI SERRA Bianca Torino 19 agosto 1919. Avvocato. Antifascista, attiva nella Resistenza, impegnata in molte battaglie di civiltà, in cause di lavoro, nel campo del diritto di famiglia, per la parità, a tutela dei più deboli. Ha scritto Il paese dei Celestini (Einaudi), Compagne (Einaudi), Le schedature Fiat (Rosenberg & Sellier), Storie di giustizia, ingiustizia e galera (Linea d’Ombra) • «(...) ha vissuto il fascismo e la resistenza contribuendo alla nascita del movimento per le donne, la ricostruzione partecipando alle lotte (anche nelle aule dei tribunali) per la parità, per la salute nelle fabbriche, per i diritti dei lavoratori (anche in celebri processi: per l’Ipca di Ciriè, l’Eternit di Casale, le schedature Fiat) (...) ”(...) Mio padre era avvocato, ma si era laureato prima in lettere e preferiva i libri ai processi. Leggeva poesie a me e a mia sorella, più piccola. La mamma e lui ci spronavano a studiare e noi studiammo, io giurisprudenza, la sorella arte fino all’Accademia con Casorati. Papà morì nel ”38, e la storia per la famiglia cambiò. Mi madre fu un esempio. Era una donna pratica e una bravissima sarta. Non si perse d’animo: andava nei negozio chiedendo se qualcuno avesse bisogno di una sarta. Così trovava i clienti. Noi l’aiutavamo nelle commissioni. E studiavamo. Cercai di anticipare di un anno la maturità ma fui bocciata. Fu allora che conobbi Alberto, che sarebbe diventato mio marito, ed altri giovani come Franco Momigliano, Silvio Ortona, Ada Della Torre, Luciana Nissim, Vanda Maestro e Primo Levi (...) Mi ero iscritta a giurisprudenza, la guerra era cominciata. Mi madre decise di presentarsi all’Unione industriali. Si mise il cappellino. Si presentò al direttore: sono la vedova dell’avvocato Guidetti Serra, ho una figlia che studia legge e cerca un lavoro. Il direttore chiese quale lavoro. Lei rispose: qualsiasi lavoro. Così fui assunta, impiegata all’unione industriali, con compiti di assistenza sociale. Dovevo andare nelle fabbriche, aiutare i lavoratori, moltissime donne, a compilare domande, a scrivere lettere, a chiedere sussidi (in caso ad esempio di morte presunta del coniuge militare). Ho visto allora quanto dura fosse la vita nelle fabbriche. Quell’esperienza è stata per me come l’inizio della vita, un inizio che ha spinto in una certa direzione il mio modo di pensare. Ho preso una certa strada (...) Tra il dicembre del ”43 e il gennaio del ”44 creammo i ”Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà’, insieme con altre militanti del partiti del Cln e con altre donne senza partito. I Gruppi di difesa si estesero poi a tutto il Nord d’Italia, impegnarono fino a settantamila donne secondo i dati ufficiali. Anche questo ”titolo’ mi lasciò perplessa: avrei messo in testa l’assistenza ai combattenti. Ma era importante legare libertà e diritti della donna: si dovevano conquistare insieme. Dopo la guerra l’unità che era stata la premessa dei Gruppi di difesa si ruppe. Le donne comuniste fondarono l’Udi. Io andai a lavorare alla Camera del lavoro, all’Ufficio vertenze... Mi ero laureata (...)”» (Oreste Pivetta, ”l’Unità” 19/6/2009).