
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Tra poche ore conosceremo l’esito della corsa per la Casa Bianca. Il nuovo presidente degli Stati Uniti potrebbe essere Hillary Clinton, 68 anni, ancora l’ipotesi più probabile. Oppure potrebbe essere Donald Trump, 70 anni, la cui rimonta, pare, si è fermata.
• Tertium non datur.
No, c’è una terza ipotesi: pareggiano, oppure nessuno dei due mette insieme i 270 delegati necessari a ottenere la maggioranza assoluta. In questo caso il Senato voterà per il vicepresidente, e la Camera per il presidente. Questa terza soluzione significa sconfitta secca per Hillary, dato che nelle due assemblee i repubblicani sono maggioranza. In teoria la Camera sarebbe il campo giusto per una vittoria di Trump, ma avrebbe una possibilità anche Evan McCullin che è stato messo in gara proprio dai repubblicani che non vogliono sentir parlare di Trump (#NeverTrump). McCullin, del tutto ignoto fino ad ora, è un ex funzionario quarantenne di Langley, la sede della Cia, dove ha lavorato per 11 anni. I sondaggi lo dànno possibile vincitore in Utah: si piglierebbe i sei delegati di quello Stato e questo potrebbe bastare a rompere tutto l’ingranaggio.
• A che ora si saprà come è finita?
Domattina alle sei nostrane. Gli americani non votano tutti alla stessa ora. Si comincia alle sette di stasera (ora italiana) sulla costa atlantica, dove stanno Ohio e Georgia. Poi via via, spostandosi verso Ovest. Durante lo spoglio di Florida e Pennsylvania, per esempio, starà ancora votando il Nevada. E così via via. Ci sono anche 38 milioni di americani che hanno già votato. Poiché si procede stato per stato, e quello che conta è in quali Stati si vince, cioè quanti delegati si portano a casa, potremmo farci un’idea dell’esito finale molto presto o anche molto tardi. Sempre se saremo disposti a restar svegli. Ma voglio avvertirla anche del fatto che, mentre noi siamo tutti spasmodicamente concentrati sul match tra i due, gli americani sono chiamati a esprimersi su un mucchio di altre cose, alcune delle quali importanti quasi quanto l’inquilino della Casa Bianca. Per esempio si rinnova per intero la Camera (435 deputati, mandato di due anni) e per un terzo il Senato (34 parlamentari su 100, mandato di sei anni). Si scelgono anche alcuni governatori, parecchi giudici, parecchi sceriffi (nella contea di Maricopa in Arizona corre Joe Arpaio, fanatico di Trump e nemico degli immigrati) e si votano una trentina di referendum, uno dei quali attiene alla liberalizzazione della marijuana. Adesso la si può fumare come farmaco in California, Maine, Nevada, Arizona, Massachusetts e questi Stati vorrebbero invece - ecco il referendum - una liberalizzazione completa. In Arkansas, Florida, Montana e North Dakota si chiede invece la possibilità di usare la marijuana per scopo terapeutico.
• Come mai la rimonta di Hillary s’è fermata?
La causa sarebbe l’elettorato ispanico. Le grida contro gli immigrati dell’America Latina, il muro da costruire in Messico - tutta materia elettorale di Trump - avrebbero causato una mobilitazione di questo elettorato che ha fermato, almeno nei sondaggi, la rimonta di Trump e dà al momento 3-4 punti di vantaggio a Hillary. Si tratta però sempre di voto nazionale, e il voto nazionale, ai fini pratici, non conta: bisogna portarsi a casa i delegati di ciascuno Stato e i delegati di ciascuno Stato si conquistano - tutti - battendo anche di un solo voto l’avversario in quello Stato. L’Fbi ha poi annunciato che nelle famose mail di Hillary non ci sono elementi tanto gravi da far ipotizzare una incriminazione. Questo proiettile della vigilia è stato quindi in qualche modo disinnescato.
• Che cosa dicono gli ultimi sondaggi?
Secondo Real Clear Politics (Rcp) Hillary avrebbe 203 delegati sicuri, Trump 164. Per arrivare a 270, la Clinton dovrebbe conquistare almeno Florida, Pennsylvania, Michigan e New Hampshire. Sono quattro stati in bilico (swing States), dove Hillary ha un leggero vantaggio, a parte il New Hampshire, dove al momento sembra in vantaggio il suo avversario. Non è un caso che nel suo tour finale Trump vada a parlare proprio in New Hampshire, Florida, North Carolina, Pennsylvania e Michigan, dove terrà il comizio finale, col suo vice Mike Pence. Il Michigan è uno stato operaio, la promessa di Trump di moltiplicare i posti di lavoro qui potrebbe funzionare.
• Che calcoli si fanno a proposito degli Stati da vincere relativamente a Trump?
La lotta è talmente sul filo del rasoio che lo staff di Donald gli ha tolto twitter: trascinato come al solito dalla sua foga il candidato repubblicano potrebbe spararne qualcuna grossa, capace di togliergli qualche manciata di voti. Il calcolo degli Stati da vincere in questo caso è più complicato: dovrebbe risultare primo in tutti gli Stati vinti da Romney nel 2012 e aggiungere a questi Colorado, Florida, Iowa, Ohio e New Hampshire. Se perdesse in North Carolina, sarebbe obbligato a vincere anche in Nevada e Wisconsin. È strano, ma non la vedo semplice per nessuno dei due. Hillary, nel comizio finale, si presenterà con Springsteen. Trump, che da ultimo ha avuto l’endorsemente di Mike Tyson (ma non quello del nostro Giuseppe Rossi, azzurro del New Jersey) le ha risposto: «Io non ho bisogno di Beyoncé» (che infatti vota Clinton
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