Corriere della Sera, 8 novembre 2016
Profeti armati e disarmati intellettuali in guerra
Il 20 maggio del 1937 a Huesca, in Aragona, George Orwell veniva ferito alla gola dal proiettile di un cecchino, combattendo per i Repubblicani. Sceso in Spagna per scrivere di guerra civile, il futuro autore di La fattoria degli animali e 1984 fece della scrittura impegno militante. Con lui tanti altri scrittori: W.H. Auden e Federico García Lorca (fucilato l’agosto dell’anno prima); e poi John Dos Passos, André Malraux, Pablo Neruda, Arthur Koestler. Come avrebbe fatto Beppe Fenoglio
in Italia, pochi anni dopo. Come certi giornalisti coraggiosi e inviati di guerra che, oggi, senza impugnare il fucile fanno dello scrivere vero impegno civile.
Teresio Asola
Caro Asola,
Forse l’espressione che meglio descrive la maggior parte degli intellettuali ricordati nella sua lettera è «profeta armato». Fu coniata per una grande biografia di Trotskij da uno scrittore di origine polacca, Isaac Deutscher, che non aveva dimenticato un passaggio del Principe, dove Machiavelli divide i riformatori ambiziosi in due grandi categorie: i profeti armati e i profeti disarmati. I primi, secondo il segretario fiorentino, hanno buone speranze di vincere; i secondi sono condannati a fallire. Gli intellettuali armati del Novecento non furono tutti riformatori di vecchi Stati o fondatori di nuovi principati, ma erano ambiziosi, impegnati politicamente, schierati ideologicamente e pronti a prendere le armi per la creazione di un mondo nuovo.
Nella sua lista tuttavia, caro Asola, manca il nome indispensabile di Gabriele D’Annunzio. Nel suo protagonismo militare vi furono atteggiamenti teatrali e molta retorica. Ma nelle sue imprese, dal volo su Vienna alla Beffa di Buccari, vi furono anche coraggio e audacia. La spedizione di Fiume fu una dissennata avventura politica, ma D’Annunzio, con le sue quotidiane arringhe dal balcone di un palazzo, riuscì a fare della città un palcoscenico mondiale. Molti intellettuali, pur senza ammetterlo, cercarono di imitarlo. Il caso più esemplare, fra gli esempi ricordati nella sua lettera, fu quello di André Malraux. Quando andò in Spagna per combattere con i Repubblicani e creò con vecchi aerei francesi una squadriglia di combattimento, lo scrittore che sarebbe divenuto ministro della Cultura dopo il ritorno di De Gaulle al potere, pensava probabilmente alle imprese aeree di D’Annunzio.
Aggiungo che D’Annunzio e Malraux avevano uno stesso predecessore: era un poeta, Lord Byron, che morì a Missolungi in Grecia nel 1824 quando sperava di mettersi alla testa della rivolta dei greci contro l’Impero ottomano.