Il Messaggero, 8 novembre 2016
Corona, sequestrata la casa da 2,5 milioni. «Pagata con soldi di provenienza illecita»
MILANO Fabrizio Corona, un appartamento da due milioni e mezzo di euro e lo strano legame con Vincenzo Gallo, pregiudicato di origine calabrese parente di Domenico, l’imprenditore arrestato a ottobre nell’inchiesta sulle grandi opere. Dopo il milione e 700 mila euro nascosto nel controsoffitto del salotto della sua socia Francesca Persi e i due conti correnti in una banca austriaca, tocca alla casa del fotografo dei vip: acquistata nel 2008 con «denaro di provenienza illecita» e ora sequestrata dalla guardia di finanza. Un appartamento nel mondano quartiere di corso Como che, secondo l’accusa, non solo è stato comprato da un prestanome del paparazzo ma sulla cui operazione di vendita «grava altrettanta opacità».
CRIMINALITÀ ORGANIZZATA
Accusato di intestazione fittizia di beni, frode fiscale e violazione delle norme patrimoniali in relazione alle misure di prevenzione, Corona è da un mese in una cella di San Vittore. Prima abitava «stabilmente» nel bel palazzo di via de Cristoforis, rilevato con un’operazione che, oltre «all’interposizione fittizia di Marco Bonato», ex collaboratore che figurava come l’acquirente ufficiale, ha «aspetti ulteriori di presumibile illiceità». A cominciare dal fatto che, rilevano i giudici, il rogito viene effettuato a Reggio Calabria, a «oltre mille chilometri dal luogo ove si trova l’appartamento», e che anche dalla parte del venditore emerga una «verosimile interposizione fittizia». A cedere formalmente la casa sono i coniugi Pasquale Ceravolo e Carmela Gallo, ma i contratti preliminari «individuano costantemente la parte alienante in Luca De Filippo». Ovvero il commercialista pentito di Stefano Ricucci, coinvolto nell’inchiesta di luglio sulle false fatturazioni dell’immobiliarista. E a ciò, sottolineano i giudici, si aggiungono «ulteriori ragioni di singolarità», perché «buona parte delle somme» per la vendita dell’immobile sono state girate nel giro di pochi giorni dal conto cointestato dei coniugi Ceravolo a Vincenzo Gallo, «che appare così il beneficiario finale del pagamento». Quest’ultimo, oltre a essere pregiudicato, è imparentato con l’imprenditore calabrese Domenico Gallo, che il gip dell’inchiesta sul «cemento che sembra colla» descrive come personaggio che «risulta avere contatti con soggetti legati alla criminalità organizzata».
PERICOLOSITÀ SOCIALE
Insomma, una girandola di intermediari, conti correnti, assegni scoperti e denaro contante che, secondo i magistrati, sfuggirebbe a qualsiasi criterio di legalità. In quegli anni, come dimostrano diverse sentenze tra cui quella di condanna a tre anni e dieci mesi per il fallimento della Corona’s, «Fabrizio Corona era persona che viveva, almeno in parte, di un flusso costante di somme provenienti dagli illeciti tributari e dalle condotte di bancarotta ai danni» della sua società. In un interrogatorio del 2009 il fotografo ammette che quell’appartamento era intestato solo «fittiziamente» a Bonato – come ha affermato anche l’ex moglie Nina Moric – ed è stato acquistato «con denaro della Fenice». A partire, annotano i giudici, «dagli 1,1 milioni di euro suddivisi in 22 assegni circolari di 50 mila euro ciascuno emessi il 26 febbraio 2008». Insomma, già allora «la pericolosità sociale di Corona si era compiutamente e reiteratamente manifestata». I reati economici commessi, «senza soluzione di continuità», dal 2005 sono per la corte significativi «di un contesto perdurante di pericolosità sociale che, all’epoca dell’acquisto dell’appartamento, si era già consolidato in quell’abitualità criminosa fonte di redditi illeciti ingenti».