Eugenio Occorsio, la Repubblica 8/11/2016, 8 novembre 2016
«NUVOLA, COSI’ HO VINTPO LA SFIDA DEL LEGNO»
Claudio Devoto è un po’ orgoglioso e un po’ arrabbiato. «Siamo riusciti a fare un lavoro mai visto prima per l’auditorium della Nuvola di Fuksas: ottomila pannelli di legno, metà scuri per l’esterno e metà, cruvati e lavorati in un modo difficilissimo e del tutto inedito, per l’interno in ciliegio. E poi ogni pannello andava incastrato nel supporto di metallo, che abbiamo fatto pure noi e a sua volta ha una forma mai vista. Cinque anni, centomila ore di lavoro, una squadra di decine di tecnici mobilitata. È stata una faticaccia, e una sfida. L’abbiamo vinta: su ottomila pannelli, hanno avuto qualche difetto, nel senso che non siamo riusciti a modellarli efficamente o hanno avuto problemi nell’inserimento al supporto, non più di un centinaio. È stato fondamentale l’aiuto che ci ha dato Stefano Converso, professore di architettura a Roma 3 che ha uno staff in grado di gestire le geometrie complesse». E perchè è arrabbiato? «Perché non ci ho guadagnato una lira, anzi. La sub-commessa ce l’ha affidata la Condotte, che lavorava per l’Ente Eur. Valeva cinque milioni, una bella cifra direte, ma in realtà nessuno aveva un’idea di quale e quanto lavoro avrebbe comportato. Intendiamoci, sono felice di aver partecipato a un’opera così monumentale, l’avevo intesa come il trionfo finale di tanti anni di carriera. Però resta che a conti fatti siamo per mezzo milione in rosso». Però a questo punto chiunque in Italia vorrà fare qualcosa del genere verrà da voi...«Dice? Mah, speriamo. Per ora non si è fatto vivo nessuno».
Claudio ha 64 anni, e la passione per il legno ce l’ha dentro fin da bambino. «Chissà perché», sorride. «Mi piace l’idea di creare qualcosa con le mani, mi piace l’odore del legno, lo sento quasi come un amico. La laurea in giurisprudenza l’ho messa in un cassetto. Lo sa qual è il mio rammarico? Che ormai, visto che l’impresa è cresciuta e ci sono decine di artigiani, architetti, tecnici da coordinare, su 300 giorni di lavoro l’anno faccio il falegname per non più di 5-6. Il resto organizzo, pago le fatture, coordino le persone, me la vedo con le amministrazioni committenti». Già, perché la piccola bottega di falegnameria che Claudio mise su a Cisterna di Latina partendo da una vechia stalla riadattata, con la moglie che a sua volta ripose la laurea in lettere antiche («condividiamo ancora lo stesso amore reciproco e per quello che facciamo »), è diventata un’azienda di arredamento e supporti in legno con 60 dipendenti e lavori in tutto il mondo, da San Pietroburgo dove ha curato il quartier generale del colosso Gazprom, fino al Golfo Arabo dove sta completando gli interni della “Rosa del deserto”, il museo nazionale del Qatar. «Nello stesso Paese siamo in gara per i controsoffitti in legno della metropolitana di Doha, una bellissima commessa».
L’espansione internazionale, per un’azienda nata nel 1979 e cresciuta via via sulla scorta del passaparola, evidentemente alimentato dalla qualità dei lavori, è un momento di crescita ma anche di necessità. «Fatturavamo 10 milioni l’anno finché è arrivata la crisi del 2009 che ha bloccato il mercato nazionale. Ancora non ci siamo ripresi del tutto, il nostro fatturato è sceso intorno ai 6 milioni». In questa fase è cruciale il contributo delle due figlie di Claudio, la sociologa Cecilia che ha 29 anni e coordina le finanze e le risorse umane, e Marianna che di anni ne ha 34, è architetto e si occupa della promozione commerciale. «Sono l’unica cosa - dice Claudio - che amo più del legno».