Stefano Scacchi, Avvenire 8/11/2016, 8 novembre 2016
SQUADRE B NON PERVENUTE
Non pervenute n ogni vuoto legislativo si inserisce sempre l’iniziativa dei privati. Il concetto vale anche nel calcio. Un esempio è rappresentato dal modo in cui alcuni club si stanno muovendo a livello di squadre B o seconde squadre. Un’innovazione che da anni viene caldeggiata da alcuni settori del nostro pallone come una soluzione in grado di favorire la crescita dei giovani italiani sul modello di quello che succede in Spagna o Germania dove questo strumento produce risultati da tempo. Ma il mancato accordo tra Leghe professionistiche, la volontà non unanime di tutte le società ha e le difficoltà di trovare spazio per un’azione comune della Figc hanno sempre allontanato questa riforma. Nei mesi scorsi una commissione tecnica della Lega Serie A ha approvato l’introduzione delle squadre B a stragrande maggioranza (18 su 20) ma poi non se ne è fatto nulla. Anzi, è stato difficile addirittura approvare la modifica del campionato Primavera diviso tra prima e seconda categoria. Così presidenti e dirigenti si muovono in ordine sparso. L’ultimo è stato il Cagliari che di fatto ha trasformato l’Olbia nella sua squadra B in Lega Pro: molti dirigenti transitati dai rossoblù, dieci prestiti più cinque ex della squadra del capoluogo sardo. Era stata ancora più esplicita l’Inter annunciando nel 2014 una collaborazione strettissima con il Prato nell’ex Serie C: con quell’accordo triennale i toscani diventavano la destinazione naturale di molti giovani del vivaio nerazzurro in prestito. Una scelta precisa da parte del club di Corso Vittorio Emanuele, stanco di aspettare svolte di politica calcistica in tema di squadre B. Curiosamente Inter e Cagliari sono società che hanno molto in comune: il presidente dei sardi Tommaso Giulini è stato componente del Cda nerazzurro, il vicepresidente Stefano Filucchi vice dg e stretto collaboratore di Massimo Moratti. Una storia di rapporti che nasce con la presenza della raffineria della Saras a Sarroch. Anche Moratti padre, dopo aver lasciato la presidenza dell’Inter, si avvicinò molto al Cagliari nell’epoca d’oro dello scudetto di Gigi Riva.
La Juventus, club schierato con decisione a favore delle squadre B, intrattiene una collaborazione stretta con il Sassuolo come dimostrano i numerosi affari di mercato delle ultime stagioni tra bianconeri e neroverdi: su tutti il passaggio di Zaza e la vicenda Berardi. Altri patron hanno intrapreso strade diverse per creare sinergie con club differenti: è il caso della Salernitana che appartiene a Lotito. Non a caso il presidente della Lazio difende il modello delle multi-proprietà che però non ha molti sostenitori: forse non lo sono neanche quei tifosi biancocelesti che vivono con fasti- dio questo connubio con la formazione campana. In passato era stato il presidente della Roma, Franco Sensi, a controllare contemporaneamente club differenti con Foggia, Palermo e Nizza. Preziosi è stato proprietario del Lugano contemporaneamente al Genoa. La famiglia Pozzo ha valicato addirittura tre confini: Udinese in Italia, Watford in Inghilterra e Granada in Spagna (ora ceduto a un gruppo cinese). Decisamente meno oculata la gestione di una partnership con l’estero nel caso del Parma di Ghirardi con gli sloveni del Nova Gorica dove finivano tanti calciatori in prestito nell’ambito di un parco giocatori diventato sterminato. È sempre esistito il fenomeno delle squadre satellite in Serie C: recentemente uno dei casi più evidenti è stato quello della Sampdoria col Portogruaro.
Ma la tendenza ormai è intercontinentale. Emblematico l’assetto del City Football Group, holding calcistico della proprietà di Abu Dhabi che ha fatto ricca la rivale cittadina del Manchester United: a questa struttura fanno capo anche New York City Fc, Melbourne City e Yokohama Marinos: Inghilterra, Stati Uniti, Australia e Giappone, il calcio di quattro continenti unito in un unico club. Succederà sempre più spesso con lo sbarco dei cinesi nel calcio europeo. Entra in gioco ancora una volta l’Inter con Suning che è proprietaria dello Jiangsu nel campionato del Paese asiatico. Oppure lo stesso Thohir con Inter e Dc United nella Major League Soccer. Ormai anche agenti/intermediari/fondi privati hanno bisogno di società calcistiche dove parcheggiare i propri assistiti. Ma qui entrano in gioco interessi diversissimi rispetto a quelli affrontati finora. Nessun tipo di sinergia economica o possibilità di far crescere i giovani calciatori in categorie inferiori. Si tratta di mero affarismo di mercato. Ha cominciato Kia Joorabchian con il Corinthians, controllato dalla sua società Msi a metà dello scorso decennio. La Traffic brasiliana, uno dei primi gruppi privati a fare affari con i cartellini dei calciatori, aveva alcune società satellite nel Paese sudamericano. In Uruguay il Deportivo Maldonado è di fatto un deposito di calciatori in attesa di passare in Europa, molto vicino all’agenzia inglese Stellar Group. In passato erano società calcistiche svizzere (spesso del Canton Ticino) a fungere da approdo per giocatori sudamericani da girare a grandi club europei. Senza dimenticare l’influenza fortissima di manager come Jorge Mendes o il fondo Doyen su una serie di club europei: Siviglia, Atletico Madrid, Sporting Gijon, Valencia, Monaco, Twente (retrocessa nella Serie B olandese per gli accordi con Doyen) e società portoghesi di vertice. Ma qui le squadre B sono davvero lontanissime.