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 2016  novembre 08 Martedì calendario

Banche, mina da 1.300 miliardi

Prima che sia troppo tardi, le banche alzano le barricate per evitare una nuova, pesante ondata di aumenti di capitale in tutt’Europa: 1.300 miliardi di euro in pochi anni. Una mina che l’Abi guidata da Antonio Patuelli chiede di disinnescare. Sarebbe la conseguenza del nuovo gruppo di regole – un nuovo giro di vite per rafforzare il presidio dei rischi – studiato dal comitato di Basilea. Non importa se, con tre anni di anticipo rispetto al 2019, gli istituti dell’Eurozona hanno già raggiunto, con 1.574 miliardi di capitalizzazione, gli obiettivi di «Basilea III». Con «Basilea IV» il conto dovrebbe salire a 2.433 miliardi, 860 miliardi in più. Poi ci sono altri 455 miliardi come ricaduta del nuovo principio contabile Ifrs 9 e le normative sulla liquidità Tlac e Mrel.

Un’escalation che metterebbe in ginocchio il settore e, secondo l’Abi, condurrebbe una nuova stretta del credito. «Chiedere tutto insieme quando non ci sono ancora le condizioni di ciclo economico che garantiscono una ripresa consolidata può generare effetti controproducenti», osserva il direttore generale dell’associazione, Giovanni Sabatini nel corso di un convegno a Ravenna. Anche nella Federazione bancaria europea la posizione «è assolutamente compatta nella critica al nuovo set di regole», così come a Bruxelles. Le banche italiane inoltre lamentano «l’eccessiva pressione» sulla vendita dei crediti deteriorati (Npl) da parte della Vigilanza Bce: «Ogni costrizione temporale alla vendita entro un termine svaluta l’oggetto – afferma il presidente Patuelli – ed è sbagliato. Noto inoltre nuovi germogli di recupero. Sono convinto che chi gestisce tali crediti può avere possibilità di avere riprese di valore anche importanti». Le banche si preparano poi ad un’altra doccia fredda con la vendita delle quattro «good bank», Etruria e le altre, tre delle quali destinate a Ubi. «Ritengo che le burocrazie dell’Ue abbiano delle fortissime responsabilità» nella vicenda, dice il presidente dell’Abi. Perché «nelle normative c’è un termine di 2 anni per vendere», i tempi ravvicinati «imposti all’Italia hanno prodotto dei forti danni» al Paese e al settore. «Mi aspetto che le banche non risolute presto ricevano la fattura di conguaglio». Servirà a coprire la differenza tra il prezzo di vendita dei quattro i istituti e il loro valore di libro, pari a 1,8 miliardi. Facile che il conto sia vicino a tale cifra. Il problema è che è stato richiesto lo stralcio dell’articolo 76 della legge di Bilancio, che consentiva di spalmare fino a 5 anni l’onere supplementare. «Se l’esborso fosse concentrato in un anno ne risentirebbero i conti economici delle banche, il gettito dello Stato e i saldi della finanza pubblica», avverte Patuelli. Per questo le banche chiedono di riprendere la norma in un decreto legge per «rendere la situazione meno pesante» per tutti. Patuelli all’Europa chiede poi di «ripensare» il «meccanismo estremizzante» degli stress test «che non sono vincolanti ma appena vengono fuori fanno impazzire tutti e tutto». Sul «bail-in», ricorda che l’eccezione di incostituzionalità «non ha un termine» e resta un’arma a disposizione del risparmiatore. «Siamo un paese che rimette tutto in discussione – dice Patuelli -, possibile che le norme europee siano considerate come le tavole di Mosè?».