Mattia Bazzoni, La Gazzetta dello Sport 8/11/2016, 8 novembre 2016
IL NUOVO PIEPOLI: «ECCO COME ALLENO GAMBE E TESTA» – «La serenità mi ha abbandonato otto anni fa, il cuore leggero non mi appartiene più»
IL NUOVO PIEPOLI: «ECCO COME ALLENO GAMBE E TESTA» – «La serenità mi ha abbandonato otto anni fa, il cuore leggero non mi appartiene più». Leonardo Piepoli ha cambiato vita, ma non ha smesso di lottare con i fantasmi. Tour de France 2008, lo scalatore pugliese si macchia dello stesso indelebile «peccato» del compagno di stanza Riccardo Riccò: positivo al Cera, l’epo di terza generazione. La squalifica di due anni è la fine di una carriera condita di vittorie di tappa al Giro e alla Vuelta, ma al tempo stesso la nascita di qualcosa di nuovo. Oggi, a 45 anni, Piepoli tiene conferenze contro il doping, è responsabile tecnico del comitato pugliese, aiuta i team giovanili della regione, ma soprattutto allena professionisti (anche di livello). Nel settembre 2014 ha potuto iscriversi ai corsi per tecnici della Federciclismo, in precedenza vietati per chi aveva maturato più di sei mesi di squalifica. Ottenuto il patentino di primo livello (per i ragazzi da G1 a G6), in febbraio punta al certificato di secondo livello (categorie Esordienti ed Allievi) per poi completare l’iter in giugno. Piepoli, perché questa trafila? «Il mio sogno è stato sempre quello di allenare. Che poi è quello che sto facendo, non di nascosto e riconosciuto dai team: una consulenza sportiva». Un ex dopato che allena: non suscita perplessità? «Le squadre all’inizio non hanno fatto i salti di gioia: “Proprio lui?”. Però, chi prima ha mostrato perplessità, adesso si è ricreduto». Quando ha cominciato ad allenare? «Quando correvo mi accorgevo che apprendevo tante cose in ritardo. Ho pensato a una figura che potesse affrettare questi meccanismi. Così, a carriera finita, ho iniziato a dare consigli ai corridori in maniera amichevole. Il passaparola ha fatto il resto». E cosa insegna? «Cerco di indagare sui metodi degli altri sport per trasferirli nel ciclismo: una ripetuta, il modo di gestire la settimana. Tutto poi va adattato all’atleta, non esiste uno standard: c’è chi ha una mentalità militare e fa quello che gli si dice e altri che hanno bisogno di stimoli. La testa è fondamentale: quando un corridore sbuffa in allenamento, bisogna cambiare. Metà del lavoro delle persone che ruotano attorno a un ciclista è di tipo psicologico». Quanto ha influito la squalifica nella sua «nuova vita»? «I freni più grossi me li sono posti da solo. “Pensi davvero di poter dare consigli agli altri dopo quello che è successo?”, mi chiedevo. Ai convegni sul doping ripeto che la vera condanna è quella che uno si porta dentro: non puoi sfuggire al tuo stesso sguardo». Parla di doping con i suoi atleti? «Temono di disturbare, ma poi chiedono e spiego quanto sia negativo. Adesso però il ciclismo è cambiato: prima si parlava di analisi e valori, ora di mal di gambe e stanchezza. Ci sono più controlli, ma soprattutto è cambiata la cultura. Ho visto un video di un bambino di fronte a un vecchio telefono con la cornetta: non sapeva nemmeno come comporre il numero. Ecco, l’atteggiamento dei giovani nei confronti del doping è lo stesso: prendono le distanze, ne hanno il terrore». Anche Alex Schwazer, squalificato, si è dato al personal training: come lo vede? «Ci sono persone che di una squalifica per doping non gliene è importato niente, altre che hanno sbattuto contro un muro. Schwazer mi sembra della seconda specie. Faccio fatica a credere alla nuova positività, lo vedo come una vittima. Moralmente è una buona persona, non potrà insegnare nulla di male». © RIPRODUZIONE RISERVATA Pagina Corrente Pag. 33 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 13 14 15 16 17 18 19 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 Visualizza : Data Contenuti Pubblicazioni Opzioni Zoom