Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  novembre 08 Martedì calendario

DI CANIO RICUCE: «LE LEGGI RAZZIALI FURONO UN’INFAMIA»

Di Canio punto e a capo. A due mesi dalla sospensione della collaborazione con Sky a causa del tatuaggio con la scritta Dux che esibiva in alcune foto pubblicate dai social dell’emittente, l’ex giocatore della Lazio torna sull’argomento. Lo fa con una lettera inviata alla Ucei (Unione delle comunità ebraiche italiane), con cui prende le distanze da razzismo e antisemitismo. «Non ho e non voglio avere niente a che spartire con idee antisemite, razziste, discriminatorie, violente - scrive Di Canio -. Ritengo, senza se e senza ma, che le leggi razziali volute da Mussolini siano state una terribile infamia per la storia del nostro Paese. Un’infamia che causò un’immane tragedia per migliaia di ebrei in Italia. Questa è la mia posizione convinta e determinata». Di Canio aggiunge: «Qualche anno fa ho chinato la testa di fronte al dolore di alcuni superstiti di Auschwitz che ho incontrato a Roma». Per poi chiudere: «Dopo quello che, mio malgrado e contrariamente alla mia volontà, è recentemente accaduto, voglio ribadire questi miei convincimenti».

L’ORIGINE I fatti risalgono allo scorso settembre, quando sui social Sky apparvero foto di Di Canio con la scritta Dux sul braccio. Ne seguirono polemiche feroci, in seguito alle quali Sky sospese la collaborazione con l’ex giocatore. La sua nuova uscita viene registrata positivamente dalla presidente dell’Ucei Noemi Di Segni: «I tempi che viviamo impongono grande attenzione alle parole che usiamo, ai gesti che compiamo e ai simboli che accompagnano la nostra vita privata e in pubblico. Un senso di responsabilità, nell’arginare ogni forma di odio, che grava ancor più a chi si rivolge al grande pubblico e che ricoprendo un preciso ruolo ha una chiara riconoscibilità mediatica».