Libero, 8 novembre 2016
Mitterrand: «Gheddafi mi chiese di diventare la sua principessa del deserto»
PARIGI Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 Frédéric Mitterrand è un giovane e apprezzato giornalista a Parigi, quando decide di partire per la Libia per intervistare Muammar Gheddafi. Tutti sapevano che il presidente libico era un leader autoritario, nessuno invece sapeva che era anche «bisessuale» e a «geometria variabile». Nel suo memoir appena uscito per le edizioni Rober Laffont, Mes regrets sont des remords, l’ex ministro della Cultura francese racconta che al termine dell’intervista con Gheddafi, quest’ultimo lo avrebbe invitato nella sua tenda per passare la notte assieme. «Avrei potuto diventare la sua principessa del deserto», dice oggi il nipote dell’ex presidente della Repubblica, François Mitterrand. La proposta del colonnello, ucciso nel 2011, andava oltre la semplice ospitalità. «Me l’hanno confermato. Era a geometria variabile», ha dichiarato ai microfoni di Europe1, riferendosi all’orientamento sessuale di Gheddafi.
Il 69enne Mitterand, che all’epoca dei fatti aveva una trentina d’anni, parla di un piège, di una trappola tesa dal raìs libico, per farlo entrare nella sua tenda. «Ero completamente in balia di lui, è stato difficile scappare», racconta, precisando di aver declinato la proposta del colonnello non per delle ragioni politche, ma estetiche. Il «processo di deterioramento fisico» era già «molto marcato» in lui, dice Mitterand, anche se oggi lascia intendere che avrebbe potuto cedere, e che da un certo punto di vista è stato un rimpianto.
«Non era più il Gheddafi dei primi anni, quando assomigliava a Rodolfo Valentino. Se così fosse stato, forse ci avrei fatto un pensierino», racconta Mitterand.
Un regret, invece, è stato quel film porno trash girato con l’attore François Wimille, figlio del celebre pilota automobilistico francese Jean-Pierre Wimille. «Mi pento di questo film pornografico trash, à la Warhol, che ho girato in una notte con François Wimille e che ha ferito molto la sua compagna, Catherine Breillat, che all’epoca era incinta. Non ho mai voluto rivederlo, ma so che è deplorevole».
Nelle pagine di Mes regrets sont des remords Mitterand ritorna anche sulla polemica sollevata dalla pubblicazione, nel 2009, della sua autobiografia, La Mauvaise Vie, dove raccontava la sua frequentazione dei bordelli di Bangkok e i suoi rapporti con i giovani thailandesi. «Contrariamente a ciò che è stato detto, non ho abusato delle persone. Ci sono stati dei casi di prostituzione, è chiaro, ma non facevo del male», si difende oggi. Frédéric Mitterand non è nuovo a queste genere di rivelazioni. Di episodi saporiti che offrono materiale da chiacchera nei salotti del Tout-Paris, era piena anche la sua opera precedente, Récreation (Robert Laffont), un viaggio dietro le quinte dell’era Sarkozy.
Da ministro della Cultura, scrisse di essere rimasto «colpito dalla bellezza fisica» di François Fillon, all’epoca inquilino di Matignon, oggi candidato alle primarie dei Républicains. Lo incontrava ogni mercoledì durante l’abituale Consiglio dei ministri e si chiedeva come mai nessun giornalista avesse sottolineato le sue doti estetiche, oltre alle capacità politiche mostrate da capo di governo.
Mitterand non ha mai nascosto la sua omosessualità, né avuto peli sulla lingua quando si trattava di attaccare le persone che non gli piacevano, e durante il suo mandato a rue de Valois si ricorda con amarezza della «totale assenza di vita amorosa». Ma si ricorda anche di Laurent Wauquiez, ex portavoce dell’esecutivo neogollista e attuale presidente ad interim dei Républicains. Durante le riunioni, racconta Mitterand in Récréation che del suo ultimo libro è stato un sugoso antipasto, Wauquiez avrebbe «testato il suo potere di seduzione per distrarlo». «Questo seduttore di Laurent Wauquiez mi ha fatto pervenire un piccolo biglietto durante un Consiglio dei ministri. E si è seduto di fronte a me. Mi ha scritto: “Perché mi guardi con quell’aria languida?”. Si stava annoiando», riporta Mitterand, prima di aggiungere: «È effettivamente un bel ragazzo, di quelli a cui si parla di ragazze nello spogliatoio dopo una partita di calcio, pensando eventualmente a un’altra cosa».
In quel concentrato di impressioni raccolte tra il 2009 e il 2012, si ritrova anche un breve ritratto del presidente siriano Bashar el-Assad, conosciuto durante un viaggio istituzionale nel 2010. «Era un tipo alto, simpatico, aperto, incuriosito da tutto (...). Non ci vorrebbe molto per farlo diventare anche gay friendly». Come quel Gheddafi che voleva fare di Mitterand la sua «principessa del deserto».