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 2015  settembre 17 Giovedì calendario

In Italia

Il Presidente della Repubblica è Sergio Mattarella
Il Presidente del Senato è Pietro Grasso
Il Presidente della Camera è Laura Boldrini
Il Presidente del Consiglio è Matteo Renzi
Il Ministro dell’ Interno è Angelino Alfano
Il Ministro degli Affari Esteri è Paolo Gentiloni
Il Ministro della Giustizia è Andrea Orlando
Il Ministro dell’ Economia e delle Finanze è Pier Carlo Padoan
Il Ministro di Istruzione, università e ricerca è Stefania Giannini
Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali è Giuliano Poletti
Il Ministro della Difesa è Roberta Pinotti
Il Ministro dello Sviluppo economico è Federica Guidi
Il Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali è Maurizio Martina
Il Ministro di Infrastrutture e trasporti è Graziano Delrio
Il Ministro della Salute è Beatrice Lorenzin
Il Ministro di Beni e attività culturali e turismo è Dario Franceschini
Il Ministro dell’ Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare è Gian Luca Galletti
Il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione è Marianna Madia (senza portafoglio)
Il Ministro per le Riforme Costituzionali e i rapporti con il Parlamento è Maria Elena Boschi (senza portafoglio)
Il Governatore della Banca d’Italia è Ignazio Visco
Il Presidente di Fca è John Elkann
L’ Amministratore delegato di Fca è Sergio Marchionne

Nel mondo

Il Papa è Francesco I
Il Presidente degli Stati Uniti d’America è Barack Obama
Il Presidente del Federal Reserve System è Janet Yellen
Il Presidente della BCE è Mario Draghi
Il Presidente della Federazione russa è Vladimir Putin
Il Presidente del Governo della Federazione russa è Dmitrij Medvedev
Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese è Xi Jinping
La Regina del Regno Unito è Elisabetta II
Il Premier del Regno Unito è David Cameron
La Cancelliera Federale di Germania è Angela Merkel
Il Presidente della Repubblica francese è François Hollande
Il Primo Ministro della Repubblica francese è Manuel Valls
Il Re di Spagna è Felipe VI di Borbone
Il Presidente del Governo di Spagna è Mariano Rajoy Brey
Il Presidente dell’ Egitto è Abd al-Fattah al-Sisi
Il Primo Ministro di Israele è Benjamin Netanyahu
Il Presidente della Repubblica Turca è Recep Tayyip Erdogan
Il Presidente della Repubblica Indiana è Pranab Mukherjee
Il Primo Ministro della Repubblica Indiana è Damodardas Narendra Modi
La Guida Suprema dell’ Iran è Ali Khamenei
Il Presidente dell’ Iran è Hassan Rohani

La riforma del Senato va in aula già oggi e si comincerà a votare la settimana prossima, con un’accelerazione impressionante sui tempi che gli oppositori, presentando migliaia di emendamenti e intestardendosi sull’articolo 2, avrebbero voluto infiniti.

Sono argomenti molto tecnici, c’è invece questo film con la Ferilli e la Buy che fanno le lesbiche, non potremmo occuparci di quello?
No, perché a forza di cavillare sul disegno di legge e sul regolamento del Senato rischiamo di andare a votare, non proprio l’ideale con quel minimo di ripresa che c’è. Inoltre i nostri partner europei ci consentiranno forse un rapporto deficit/pil prossimo al 3%, il che sbloccherebbe una decina di utilissimi miliardi. Ma a patto di vedere un sistema politico minimamente stabile e forte. Le elezioni anticipate sarebbe un messaggio di segno opposto.  

Che cosa significa esattamente che la riforma del Senato va direttamente in aula? Non è in aula che si votano le leggi?
Per qualunque legge, l’iter normale è un esame preventivo nelle commissioni, dove si valutano coperture, costituzionalità, si mettono insieme gli emendamenti e insomma si prepara per dir così il testo all’esame finale. Ma per quanto riguarda il ddl Boschi, o riforma del Senato o riforma costituzionale (si adoperano indifferentemente questi tre titoli), in commissione s’era accumulato materiale per una resistenza a oltranza, centinaia di migliaia di emendamenti, che avrebbero reso impossibile il passaggio in aula e l’approvazione entro il 15 ottobre. Dal 15 ottobre il Parlamento deve occuparsi dei conti dello Stato, delle spese e dei risparmi nel 2016, e quindi, scavalcando quella data, con la riforma del Senato si sarebbe finiti al 2016. Di conseguenza Renzi ha obbligato il presidente di Palazzo Madama, Pietro Grasso, seccatissimo per questa forzatura, a convocare la cosiddetta conferenza dei capigruppo per modificare il calendario e portare la riforma in aula già oggi. Il presidente del Senato, benché abbia con tutta evidenza i renziani sulle scatole, ha dovuto piegarsi. E adesso dovrà decidere se gli emendamenti all’articolo 2 - circa tremila, dato che tutti gli altri sono stati ritirati - sono ammissibili o no. Mi spiego. L’articolo 2 è quello che stabilisce il modo dell’elezione: i senatori verranno eletti tra i sindaci e i consiglieri regionali e saranno gli stessi consiglieri regionali a sceglierli. La minoranza Pd vuole invece che siano eletti dal popolo. La formula attuale è stata votata una prima volta sia dalla Camera che dal Senato, quindi in teoria i senatori non potrebbero che prendere o lasciare il testo così com’è (stiamo parlando della particolare procedura che riguarda le leggi costituzionali). Ma nel passaggio da un’aula all’altra un “nei” del quinto comma è diventato un “dai”, e quindi: si può sostenere che l’articolo 2 è stato modificato e quindi può essere modificato ancora; oppure si può sostenere che l’articolo 2 è stato modificato solo nel quinto comma e quindi l’unico modificabile è il quinto comma; oppure si può sostenere che il “nei-dai” è una modifica insignificante e quindi l’intero articolo 2 in sostanza non è mai stato modificato e va approvato o respinto così com’è. In commissione la presidente Anna Finocchiaro ha sostenuto quest’ultima tesi, il che rende più difficile a Grasso sentenziare diversamente. Ieri, alla conferenza dei capigruppo, il presidente del Senato ha voluto che la sua conterranea ripetesse i suoi ragionamenti. Finocchiaro era un’avvocato, Grasso faceva il giudice. Si saranno capiti.  

Perché se Grasso dichiara emendabile l’articolo 2, per il governo è un guaio?
Gli emendamenti sono tremila, i tempi saltano. Poi è pressoché certo che su parecchi di questi emendamenti il governo andrebbe sotto. Renzi lo ha già detto: se il governo va sotto mi dimetto e si vota.  

Se si va a votare non sarà possibile adottare l’Italicum, approvato ma non in vigore fino a metà dell’anno prossimo. La legge elettorale ancora in vigore impone soglie di sbarramento molto alte, al Senato addirittura l’8 per cento. Dove sta la convenienza di sciogliere le camere per questi oppositori?
Il ragionamento di tutti costoro - compreso Berlusconi, compresi gli alfaniani - è questo: per non votare con la legge attuale (detta Consultellum), Renzi sarà costretto a presentare un disegno di legge che anticipi l’entrata in vigore dell’Italicum e lo estenda anche al Senato. Per far passare questa legge dovrà scendere a patti con gli altri gruppi. E gli altri gruppi a quel punto gli imporranno il premio di coalizione.  

Che significa?
L’Italicum prevede un premio al partito che arriva primo: gli saranno assegnati, di diritto, il 53% dei seggi. Dicono quelli dell’Ncd, ma anche la minoranza del Pd e anche Berlusconi: invece di dare il premio al partito dàllo alla coalizione. In questo modo continueranno a vivere i partiti e i partitini che ci tormentano da mezzo secolo ma permettono ogni sorta di manovre sottobanco. Renzi, pensano, non potrà che piegarsi. (leggi)

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