Il Messaggero, 17 settembre 2015
Quota 167: ecco il numero magico per l’approvazione della riforma del Senato. Gli emissari del premier - Lotti & Verdini anzitutto - stanno esercitando un pressing asfissiante su tutti i possibili neo-responsabili. Più che un mercato delle vacche è una corsa verso l’orizzonte 2018, cioè la voglia di restare in carica per l’intera legislatura
Quota 167: la salvezza del governo ha questa cifra. E da Palazzo Madama è arrivato a Palazzo Chigi un foglietto in cui ci sono scritti questi due numeri magici. Che non sono ovviamente frutto di chissà quale prodigio, ma di un pressing asfissiante che gli emissari del premier – Lotti & Verdini anzitutto – stanno esercitando su tutti i possibili neo-responsabili. Che s’offrono senza grossi problemi. Esempio: uno dei più pressati in queste ore è un senatore grillino, Lello Ciampolillo. Ha tre radio in Puglia, il movimento M5S lo vorrebbe cacciare perche carico di conflitti di interesse, e a lui si rivolgono democrat con queste parole: «Se voti per la riforma insieme a noi, sarai dei nostri e i conflitti d’interesse che vuoi che siano....». Intanto Miguel Gotor, alla buvette, mostra l’elenco dei 28 suoi compagni del dissenso Pd e assicura: «A parte Martini, l’ex governatore toscano che ci sta ripensando, tutti gli altri non mollano». Chissà. Una decina di gotoristi, assicurano i renziani, sono in via di ritorno all’ovile. Maurizio Gasparri racconta: «Immagino che Giorgio Napolitano, Capo dello Stato non ex e segretario del Pd almeno quanto Renzi, stia chiamando uno a uno i 28 della minoranza per riportarne all’ordine un bel po’». Quanti? Tutti quelli per cui non sarà facile difendere la scelta di aver fatto cadere il governo in nome di un articolo – il numero 2 – di cui gli italiani si infischiano?
EROI
Calderoli incrocia uno di loro, Corradino Mineo, alla buvette e gli fa i complimenti: «State resistendo benissimo alle pressioni più tremende». E Mineo: «Anche tu sei un eroe». Calderoli: «Ci saranno 18 voti segreti e scateneremo l’inferno. Tutti quelli che hanno un parente che non è stato assunto ad qualche parte daranno la colpa a Renzi e lo impallineranno. Ci sarà da divertirsi». Però i neo-responsabili – tra le proteste del berlusconiano Scilipoti che detiene l’originale marchio di fabbrica: «Non fanno una operazione politica come facemmo noi ma soltanto trasformismo» – sono pronti al salto della quaglia. Ed è bastato l’incontro di ieri dell’ex leghista Tosi con Renzi, per comprendere nella torta dei 167 la sua fidanzata – senatrice Bisinella – e Bellot e Munerato che fanno gruppo con lei. Più tre! E poi? S’offrono e non soffrono i due grillini ex, Bencini e Romani, che hanno resuscitato l’Idv e ciò significa: più due! E il berlusconiano Bernabò Bocca, fiorentino amico di Renzi e con Matteo si è appena incontrato, avrebbe assicurato il suo sostegno.
POSTI
A Ciro Falanga, fittiano, Verdini ha assicurato un posto da sottosegretario ed è passato con l’acchiappatutto Denis. A Eva Longo, ex cosentiniana, brillano gli occhi per il posto di presidente della commissione Infrastrutture e via così. I 23 del Gruppo Fritto (in realtà si chiama Misto) sono bocconcini particolarmente pregiati per il renzismo a caccia. «Ma è sbagliato ridurre tutto a mercato delle vacche», spiega il saggio Naccarato (dei Gal): «Gli stabilizzatori agiscono perche vogliono vedere l’orizzonte. Quello del 2018, e non di una fine prematura della legislatura». E il soccorso azzurro? Minzolini: «Amoruso lo abbiamo perso. È passato alla maggioranza». E Ruvolo sarebbe in cammino, così come Milo, Pagnoncelli, Auricchio, Cardiello. Per non dire di Villari, che ha ottimi rapporti con gli avversari. «Più che altro – dice Enzo D’Anna, verdiniano di Campania – credo che al momento del voto cruciale svariati forzisti diranno di avere un improvviso male ’e panza e non si presenteranno in aula». Il dissenso, a parte quello di Giovanardi o poco più, parrebbe per lo più rientrato. Chi ha partecipato alla riunione dei capigruppo ieri da Renzi racconta una scenetta, chissà se vera o romanzata. Il premier si rivolge ad Alfano: «Angelino, i tuoi lo sanno che se la riforma non passa si va al voto? Se invece si va avanti, nel 2017 potremmo modificare la legge elettorale». Ma ammesso che sia così, da qui al 2017 manca un secolo e in mezzo, da stamane in aula, scorrerà molto sangue.