VARIE 17/9/2015, 17 settembre 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - LA FEDERAL RESERVE NON ALZA IL TASSO DI SCONTO
REPUBBLICA.IT
MILANO - La Federal Reserve ha lasciato invariato il costo del denaro. Dopo giorni di aspettativa, il Fomc, il braccio operativo della banca centrale, ha sciolto la tensione creata dall’aspettativa sui tassi d’interesse Usa fermi dal 2006. Era il 18 settembre 2007, in piena crisi causata dai mutui-subprime, quando il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, iniziò il taglio del costo del denaro con un abbassamento di mezzo punto percentuale, erano al 6,25%. Dopo essere arrivati a zero a fine 2008, la Fed ha deciso di non iniziare ancora a risalire la china. Restano tra lo 0 e lo 0,25%. Wall Street, all’annuncio, ha virato in negativo per poi risalire.
I tassi Usa dal 2000 a oggi
In una nota la Fed ha spiegato i motivi per cui è rimasta ferma. L’attività economica negli Stati Uniti si espande a ritmo moderato e, anche se si registra un solido rafforzamento del mercato del lavoro con una flessione della disoccupazione, non è ancora giunto il momento di tornare ad alzare il costo del denaro. L’economia globale e gli eventi finanziari potrebbero frenare l’attività dell’economia. Spaventa la crisi cinese. L’inflazione , invece, resterà nel breve termine ai minimi e continuerà a salire gradualmente verso il 2% nel medio termine. La Fed comunque crede in una ripresa degli Usa, tanto da aver rialzato le stime sul Pil e da aver abbassato quelle sulla disoccupazione. Per il 2015, la banca centrale americana attende ora una crescita del prodotto interno lordo al 2,1%, mentre a giugno aveva indicato un +1,9%. Quest’anno il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi al 5%, meno del 5,3% ipotizzato tre mesi fa.
LE BORSE
MILANO - L’attesa per le decisioni della Federal Reserve, che si appresta ad annunciare se verrà alzato il costo del denaro, viene vissuta con cautela dai mercati globali: alla giornata di rialzi registrata a Tokyo fa seguito l’andamento incerto delle Borse europee, che comunque chiudono con uno spunto positivo. Milano termina in rialzo dello 0,18%. Timide anche le altre: Parigi cresce dello 0,2%, Londra arretra dello 0,46% e Francoforte resta invariata (+0,02%). Wall Street, reduce da una seconda giornata di rialzi ma con volumi modesti, tratta poco mossa: quando in Europa terminano gli scambi, lo S&P500 oscilla sulla parità, mentre Dow Jones e Nasdaq salgono dello 0,15% circa. Resta invece critica la situazione di Shanghai, che dopo il recupero della vigilia torna in pesante ribasso fino a chiudere in calo del 2,1%.
La Fed cambia le piume, ma la muta sarà lenta
I dati economici in chiaroscuro "e il rallentamento dell’economia globale impediranno alla Fed di alzare i tassi in maniera aggressiva", ha commentato da Bangkok Jintana Mekintharanggur all’agenzia Bloomberg. "Questo dovrebbe dar manforte alle valutazioni degli asset al di fuori degli Stati Uniti, in particolar modo nei mercati emergenti che hanno visto grandi deflussi di capitali in scia ai timori di un rafforzamento del dollaro". Chi scommette sullo status quo ricorda le turbolenze finanziarie cinesi. Resta pur vero, sostengono altri analisti ad esempio dalla Cassa Lombarda, che la Fed non deve farsi guidare dall’andamento dei mercati finanziari, piuttosto dai dati reali che mostrano per gli Usa un ottimo mercato del lavoro e una ripresa dei prezzi.
Rialzo dei tassi: cosa tenere d’occhio e chi vince
L’euro tratta stabile sopra quota 1,13 dollari in attesa della decisione di Janet Yellen e degli altri banchieri centrali: i mercati sono pronti a scommettere che la Banca centrale Usa lascerà i tassi invariati, come d’altra parte mostra l’analisi dei future sui Fed Funds, che anticipano i movimenti della politica monetaria e accreditano il 32% di possibilità di un innalzamento dei tassi questa sera, in area 0,25-0,5% dall’attuale banda 0-0,25%. Per salire oltre il 50% bisogna attendere il meeting di dicembre. Gli economisti sono divisi: nel panel di 113 analisti di Bloomberg, 54 prevedono un rialzo dei tassi. La moneta unica passa di mano a 1,132 dollari e si avvicina a 137 yen. Lo spread tra Btp decennali e corrispettivi Bund tedeschi rimane in area 114 punti, in linea con i livelli di ieri, mentre il rendimento dei titoli di Stato italiani è all’1,92%. La Bce ha pubblicato il bollettino economico, sottolineando i rischi sulla ripresa derivanti dalla crisi dei mercati emergenti, mentre in Italia la bilancia commerciale di luglio ha segnato 8 miliardi di attivo a luglio. Le vendite al dettaglio in Gran Bretagna sono aumentate dello 0,2% in agosto rispetto a luglio e del 3,7% su base annua, poco sotto le attese.
Negli Usa, prima del verdetto Fed si registra un nuovo segnale di forza del mercato del lavoro: le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono calate di 11mila unità a quota 264mila nella settimana al 12 settembre, oltre le attese. Nettamente meglio delle aspettative anche il deficit delle partite correnti: è sceso nel secondo trimestre a 109,68 miliardi di dollari. In calo, invece, i nuovi cantieri: -3% ad agosto. Male anche l’indice Philadelphia Fed, che crolla a -6 a settembre, sotto le attese.
Come accennato, in mattinata la Borsa di Tokyo ha chiuso a +1,43%, a ridosso dei massimi intraday: l’indice Nikkei è salito di 260,67 punti, a 18.432,27, con l’indebolimento dello yen, mentre non ha registrato effetti negativi il taglio del rating sul Giappone da parte di S&P’s (da AA- ad A+,outlook stabile). Incerti anche i dati macroeconomici: le esportazioni giapponesi di agosto hanno mostrato un progresso del 3,1% rispetto al +7,6% messo a segno nel mese precedente e hanno deluso le attese.
Dopo il recupero di ieri, a seguito del calo delle scorte Usa oltre le attese, i prezzi del petrolio si stabilizzano: alla chiusura dei mercati europei il Wti è poco sopra la soglia di 47 dollari al barile, mentre il Brent lima quasi un punto percentuale in area 49,3 dollari. Anche per quanto riguarda le materie prime c’è attesa per le parole di Janet Yellen; intanto, le quotazioni dell’oro si mantengono vicini ai livelli raggiunti ieri, quando il metallo prezioso aveva registrato il più forte aumento da un mese: il lingotto con consegna immediata viene scambiato a 1.118 dollari l’oncia.
REP
Da valutare anche il grado di dissenso nel board: Jeffrey Lacker della Fed di Richmond ha da poco firmato un discorso fortemente contro ulteriori procastinamenti dei rialzi dei tassi, mentre Charles Evans della Fed di Chicago auspica tassi prossimi allo zero almeno fino a metà 2016. Sarà difficile far convivere queste posizioni. Da ultimo, sono attese le indicazioni sul mondo del lavoro: il Fomc dovrebbe annotare i progressi verso l’obiettivo della piena occupazione, dopo che il tasso di senza lavoro è sceso al 5,1% in agosto e l’economia ha accelerato del 3,7% nel secondo trimestre. Ma ciò potrebbe esser controbilanciato da preoccupazioni sull’outlook, e in questo punto si potrebbero intrecciare i discorsi con il calo dei prezzi energetici, le turbolenze nei mercati emergenti, e l’instabilità dei listini che possono minare la crescita. Secondo Hanson, proprio nella conferenza stampa Yellen potrebbe dettagliare meglio il punto. Il board potrebbe annotare un peggioramento dell’outlook rivedendo la stima sul tasso di senza lavoro di lungo periodo, registrando come in passato una scarsa dinamica al rialzo dei salari.
SOLE24ORE
Il rialzo tanto atteso non è arrivato. La Federal Reserve ha deciso di lasciare invariato il costo del denaro al minimo storico dello 0-0,25 per cento. I Fed Funds, i tassi di riferimento fissati dalla Banca centrale americana, sono inchiodati a questo livello da oltre sei anni. L’ultimo rialzo dei tassi risale al 29 giugno 2006, quando il costo del denaro fu portato dal 5 al 5,25%: sembra un’altra era geologica.
Il Fomc, il Comitato che decide sulla politica monetaria, precisa nel comunicato che «sarà appropriato alzare i tassi quando si saranno visti ulteriori progressi nel mercato del lavoro e quando l’inflazione sarà tornata verso il suo obiettivo di medio termine del 2%». Una formula già usata nei mesi scorsi per lasciare intendere che la Fed non ha fretta di alzare il costo del denaro. Le prospettive economiche, afferma il comunicato, sono «bilanciate» ma il Comitato «sta monitorando gli sviluppi all’estero», un chiaro riferimento ai timori di rallentamento dell’economia mondiale e in particolare dei Paesi emergenti.
La decisione è stata presa a larghissima maggioranza, con 9 voti a favore e solo uno contrario: quello di Jeffrey M. Lacker, che avrebbe preferito alzare il costo del denaro di 25 punti base. Prima di oggi, per cinque volte di fila le riunioni della Fed avevano visto tutti d’accordo. Le colombe, guidate dalla presidente Janet Yellen, hanno comunque vinto nettamente.
Immediata la reazione del mercato dei cambi, con l’euro che punta verso quota 1,14 sul dollaro, in rialzo di quasi un punto percentuale. Positive anche le Borse. Alla vigilia della riunione, i future sui tassi Usa indicavano solo un 23% di probabilità di un rialzo odierno, in netto calo rispetto al 45% di un mese fa. Hanno avuto ragione.
La Fed ha anche diffuso le nuove previsioni economiche: ha ritoccato al rialzo le stime sulla crescita dell’anno in corso ma tagliato quelle per il 2016. Ha rivisto anche le previsioni sulla disoccupazione, che sarà più bassa di quanto anticipato lo scorso giugno. Per il 2015, la Banca centrale americana attende ora una crescita del prodotto interno lordo al 2,1% (a giugno aveva indicato un +1,9%). Quest’anno il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi al 5%, meno del 5,3% previsto a giugno. Per quanto riguarda il 2016, la Fed ha tagliato le stime sul Pil al 2,3%, ma ha migliorato quelle sulla disoccupazione al 4,8 per cento. Il tasso di inflazione è invece visto all’1,4% quest’anno, all’1,7% nel 2016 e all’1,9% nel 2017, con una revisione al rialzo dello 0,1% per il 2015 e al ribasso dello 0,1% per i due anni successivi. Per altri due anni insomma non toccherà quel 2% fissato come obiettivo.
Il governatore Janet Yellen, nella conferenza stampa iniziata alle 20.30, spiega come la Fed sia preoccupata dagli ultimi sviluppi dell’economia globale: la Cina non viene citata esplicitamente ma è chiaro il riferimento alla situazione di Pechino e degli altri Paesi emergenti. La grande maggioranza degli esponenti della Banca centrale americana si aspetta comunque un rialzo dei tassi entro la fine dell’anno, ha aggiunto Yellen, sottolineando, come già aveva fatto a luglio, che «l’importanza del primo aumento dei tassi di interesse non deve essere esagerata» perché «la politica monetaria dovrebbe restare molto accomodante per un certo periodo di tempo dopo il primo rialzo». Un aumento alla prossima riunione del 27-28 ottobre (che non è seguita da conferenza stampa), «resta una possibilità», ha concluso la Yellen.