Simona Coppa, Grazia 17/9/2015, 17 settembre 2015
SEDURRE È IL MIO MESTIERE
[Alessandro Preziosi]
«Sono a Venezia, nella suite del Baglioni Hotel Luna con Alessandro Preziosi». Lo ammetto, se in questo momento, ore nove del mattino, mi chiamasse un’amica al cellulare le risponderei proprio così, facendo una lunga pausa e godendomi la sua reazione, prima di aggiungere, mettendo un freno a ogni sua fantasia: «Devo solo intervistarlo».
Nella stanza non siamo soli, c’è infatti un discreto movimento di gente che posiziona luci, mette in fila abiti, porta panini e caffè. Ci stiamo preparando per scattare con lui le foto esclusive per Grazia che vedete in queste pagine. Situazione ideale per conoscere da vicino uno degli attori più desiderati d’Italia. Che in questo momento, però, mi sembra decisamente nervoso, un po’ scombussolato.
Il motivo c’è. Per uno di quegli equivoci e contrattempi di cui è disseminato il nostro lavoro, il parrucchiere del nostro servizio fotografico non ci ha aspettato nella hall dell’albergo, come da accordi, ma si è presentato direttamente in camera di Alessandro. «All’alba», precisa scherzando l’attore, mentre il parrucchiere arrossisce e non sa più come scusarsi.
Ieri sera Preziosi ha vissuto una serata particolare. «Molto bella, piacevolmente inaspettata», come mi dice lui per primo, giocando d’anticipo su ogni mia domanda. È stato, infatti, il cavaliere di Caterina Cantini, la lettrice di Grazia che ha realizzato un sogno: assistere all’inaugurazione della Mostra del Cinema di Venezia, sfilare sul red carpet in abito da sera e partecipare sulla spiaggia dell’hotel Excelsior alla cena di gala con l’attore che per lei incarna il cinema italiano. Un sogno condiviso con centinaia di altre ragazze che ci avevano scritto, rispondendo all’iniziativa lanciata dal nostro giornale in collaborazione con Jaeger-LeCoultre, la maison di alta orologeria da dieci anni sponsor principale del festival.«Mi hanno colpito molto le lettere che hanno inviato le lettrici di Grazia. Non sono mai banali», dice l’attore. «E Caterina Cantini, la vincitrice, mi ha sorpreso perché ha fatto di me un’analisi azzeccata. Tempo fa aveva assistito al mio spettacolo teatrale, il Cyrano de Bergerac. E ha capito il tipo di percorso che avevo fatto per entrare in quel personaggio. Non è cosa da tutti».
Alessandro si accende una sigaretta e aggiunge: «Le donne hanno una sensibilità che riesce sempre a prendermi in contropiede». Poi, da buon napoletano, ordina un caffè. Intanto guarda gli abiti che deve indossare. Gli piace il fatto che abbiamo scelto capi in tutte le sfumature del grigio. Non gli piace, invece, l’idea di posare appoggiato a un muro, con la giacca sulla spalle «Mi sembra un po’ innaturale». Finge poi di farsi un selfie con il telefonino davanti ai vestiti sparpagliati sul divano. «Non sopporto questa mania di postare ogni cosa sui social», dice. Anche se qualcuno della troupe azzarda che Alessandro potrebbe lanciare un video tutorial su come allacciarsi la cravatta, visto che ha un metodo tutto suo e non vuole essere aiutato da nessuno. Dopo tre caffè me lo ritrovo davanti con la camicia bianca slacciata: «Le dispiace se cominciamo l’intervista mentre scattano? Mi sentirei più a mio agio, più rilassato». Il fotografo Julian Hargreaves non se lo fa ripetere. E io mi posiziono accanto a lui.
Qual è il suo segreto di seduzione?
«Ho imparato a ragionare come le donne. E ho capito che muscoli e bella faccia servono solo fino a un certo punto. Bisogna fare leva sulla complicità. La donna è sempre al centro del rapporto di coppia e un uomo deve riconoscerle questa predominanza, se vuole entrare in sintonia con lei. Ma senza che lei se ne accorga».
Scusi, ma sembra la tattica di un seduttore un po’ bugiardo.
«Tutt’altro. Sono un uomo che si mette in gioco, anche se questo comporta dei rischi: essere giudicati e giudicare troppo velocemente, trarre conclusioni affrettate o inutilmente approfondite, perdere tempo nel cercare di capire gli altri. E io sono soprattutto un tipo istintivo: posso peccare sia di eccessiva confidenza, sia di eccessiva distanza. Se con me si fermano all’apparenza, sono spacciato».
Sta per portare a teatro il Don Giovanni di Molière (il27 ottobre riparte la tournée al Goldoni di Livorno). Pensa di assomigliare a questo personaggio?
«No, è un mito, nessuno si può identificare davvero con Don Giovanni. Però è un uomo che usa la seduzione della parola, la più efficace delle persuasioni. E questo è l’aspetto che mi intrigava di più perché, a ben vedere, è un po’ quello di cui tutti abbiamo bisogno. Noi italiani vogliamo essere sedotti e i nostri leader, al di là dei contenuti, stanno imparando molto bene la forza e la seduzione della parola».
Ma come uomo che cosa le ha insegnato Don Giovanni?
«La seduzione disincantata, l’ironia, la leggerezza. In ogni rapporto, incontro o relazione, e non necessariamente tra uomo e donna, è inutile arrovellarsi per capire ogni passaggio, ogni reazione dell’altro, prendere tutto sul serio. Non sto parlando di diventare superficiali. Bisogna lasciare un margine d’imprevisto, di incalcolabile. Perché solo così possiamo capire come lasciarci andare».
In un’intervista ha dichiarato: «C’è più amore tra due uomini che tra un uomo e una donna». Perché?
«Si parlava del mio personaggio in Mine Vaganti di Ferzan Ozpetek, un omosessuale che fatica a fare coming out. Non si può dire che l’amore tra due uomini duri di più, è un’affermazione troppo generica. Però posso parlare sulla base di quello che ho visto, di amici miei che hanno scoperto la loro omosessualità e l’hanno dichiarata. Mi sembra che il loro sia un amore meno strutturato e meno legato alle convenienze, alle opportunità, alla progettualità. Un amore che è più istintivo e più vicino al mio modo di vivere i sentimenti, senza farsi per forza troppe domande. A volte nelle relazioni tra un uomo e una donna ci si perde di più. E l’ho sperimentato anche sulla mia pelle. Ma non penso che l’amore gay vada difeso. Questo proclamare, affermare, mettersi in prima linea non dovrebbe essere necessario. Dire “sono a favore”, oppure “sono contrario” è già discriminatorio. È amore a basta».
Che tipo di padre è? (Preziosi ha due figli da due donne diverse: Elena, 7 anni, avuta dall’attrice Vittoria Puccini, e Andrea Eduardo, 20, nato da una precedente relazione, ndr).
«Premessa: fare il padre è il lavoro più bello che esista al mondo. Ma dovrebbe chiederlo ai miei figli come sono. Io non mi sento di dire se ci so fare o no. Un genitore è sempre sul filo del rasoio: devi fermarti, farti delle domande, saper fare dei passi indietro. E, quando serve, chiedere scusa. Non sai mai se stai agendo bene: si tirano le somme quando diventeranno grandi, adulti, con una loro famiglia. Se avessi dovuto giudicare i miei genitori quando ero piccolo, li avrei denunciati per maltrattamenti: erano severi, a volte duri, ma a loro oggi devo la mia sicurezza e autodeterminazione».
Quali sono i suoi rapporti con le madri dei suoi figli?
«Nei legami con i ragazzi, i padri arrivano come educatori quando le madri hanno già assunto il loro ruolo di moderatori. Io sono fortunato: tra me e le mamme di Elena e Andrea Eduardo esiste una grande complicità e cerchiamo, di comune accordo, di non eccedere né con i no né con i sì».
È sempre presente quando si tratta di prendere decisioni importanti?
«Certo, credo sia fondamentale essere disposti e disponibili a modellare il “codice di comportamento” via via che loro crescono. Perché, con loro, diventi grande anche tu».
Attore di teatro, di cinema e di tv. Molti, però, non sanno che lei è anche musicista.
«Ho sempre lavorato con la musica, per me è un elemento di grande ispirazione, che si lega strettamente al mio lavoro di attore. Prima di recitare suonavo blues nei locali di Napoli, mi sono trovato con un amico a incidere dischi di musica elettronica e sudamericana. Ho conosciuto il produttore della Sugar (l’etichetta discografica di Caterina Caselli, ndr), che mi ha proposto di comporre una parte della colonna sonora del film di Pupi Avati La seconda notte dì nozze. Mi sono trovato in sala d’incisione e ho improvvisato le ballate. È stato un onore, ogni volta che qualcuno se ne ricorda e me ne parla, mi sento orgoglioso come se avessi vinto un Oscar».
Ha mai qualche rimpianto, professionale o privato?
«A parte questo servizio fotografico e questa intervista?».
Sì, Grazia a parte.
«Scherzo, naturalmente. Non rimpiango mai quello che ho fatto, ma come l’ho fatto. A volte sono stato troppo frettoloso. Non superficiale, ma troppo veloce».
Lasciamo la suite e scendiamo per prendere il motoscafo che da Venezia ci ricondurrà al Lido. Alessandro Preziosi attraversa la hall dell’hotel e sul viso delle donne, ragazze e signore di ogni età, compare un sorriso. Lui ricambia, saluta, firma qualche autografo, butta lì un complimento giusto. Lo osservo in disparte. E poi gli faccio notare che un po’ piacione però lo è. Lui ride. E io capisco perché un uomo così seduce le donne. Sì, è bello, ma ha soprattutto quell’intelligenza che soddisfa la nostra vanità.