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 2015  settembre 17 Giovedì calendario

SONO FUORI DAL TUNNEL

[intervista ad Luca
Argentero] –
«Quest’anno mi è successa una cosa strana. Complici momenti belli e brutti, affaticamento e acciacchi fisici, sono andato in affanno. Ho frenato di colpo e, per la prima volta, mi sono chiesto: che cosa è successo in questi dieci anni? Come sono finito qua? Sono felice?».
Ci ho messo un po’ a individuarlo, seduto a un tavolino nel dehors del bar dove mi aveva dato appuntamento. Perché Luca Argentero è cambiato anche fisicamente: il viso più affilato, coperto per metà dalla barba, i riccioli neri tagliati corti. Ma a essere diverso è soprattutto qualcosa di più indefinibile, dentro gli occhi.
Un quarto d’ora prima l’avevo visto in anteprima in Poli opposti nei panni di Stefano, consulente matrimoniale tenero e un po’ impacciato che si innamora suo malgrado della vicina di casa Claudia (Sarah Felberbaum), avvocatessa divorzista iena, praticamente la sua antitesi. La forza del film, opera prima di Max Croci, sta nella coppia di attori: belli di una bellezza sofisticata da commedia romantica anglosassone, affiatati, molto credibili. La loro, del resto, è una vecchia conoscenza: dodici anni fa conducevano insieme Sky Cine News, prima rubrica di cinema del canale satellitare.
Nel frattempo Sarah, due anni fa, ha avuto un figlio dal calciatore della Roma Daniele De Rossi, suo compagno da tre. Luca ha alle spalle sei anni di matrimonio, più cinque di fidanzamento, con l’attrice e doppiatrice Myriam Catania. Torinese riservato lui, romana esuberante lei, un amore cresciuto attraverso una conflittualità che non hanno mai nascosto, e che il gossip più superficiale ha interpretato come segnale di crisi.
La trovo cambiato.
«Invecchio».
A 37 anni?
«Per la prima volta mi ha fatto effetto la mia età. Sui social leggevo commenti tipo “Ti sono spuntati i capelli bianchi ma sei sempre bello”, “Anche se sei vecchio mi piaci”, firmato da ragazzine nate magari nel Duemila, che mi conoscono per i film e neanche sanno che ho fatto Il Grande Fratello. Da una parte è bello sapere che ho scavallato una generazione, dall’altra ho avuto per la prima volta consapevolezza del tempo che passa. Ho visto che erano 37 e ho pensato: cazzo».
Quest’anno, diceva, ha attraversato una crisi: perché?
«A gennaio ho girato Poli opposti, a febbraio ho fatto la promozione di Noi e la Giulia, un film che tra l’altro è andato benissimo. Lì, dopo 18 mesi consecutivi di lavoro, mi sono fermato. Ma quando ti fermi ti ammali. E infatti sono crollato».
In che senso?
«Ho vissuto gli ultimi dieci anni in un tunnel. Tutti – parenti, amici, collaboratori – sempre a dirmi: non puoi perdere questo treno, devi assolutamente fare quel progetto. E io ho corso a testa bassa, senza mai fermarmi a guardare. All’improvviso mi sono ricoperto di dermatiti e psoriasi: il mio tallone di Achille è sempre stato la pelle, il che per un attore, abituato a contare sul suo aspetto, è significativo. Un giorno in cui stavo particolarmente male, a maggio, sono entrato nell’agenzia di viaggi sotto casa e ho comprato, d’impulso, un biglietto per l’India. Venti giorni da solo: trekking sull’Himalaya – camminare in montagna da solo è la cosa più bella del mondo –, e poi yoga, terapia in una clinica ayurvedica nella foresta. Quando sono tornato ero un altro».
Fisicamente o psicologicamente?
«Entrambe le cose. Arrivato in clinica, un medico mi ha osservato: unghie, occhi, pelle, battito cardiaco. “Amico mio”, mi ha subito detto, “tu non stai respirando, se continui così ti ammali”. In una frase aveva riassunto gli ultimi due anni della mia vita».
Che cosa ha riportato a casa dal viaggio?
«La consapevolezza di quanto è importante tirare il fiato. Non mi stavo più godendo le cose che ho costruito: casa, lavoro, progetti. Sono molto fortunato, la mia vita è al limite della perfezione, ma devo imparare a guardarmi dentro, a chiedermi che cosa ci faccio qui. La risposta la puoi cercare dove vuoi – dal prete, dallo psicologo – ma la domanda te la devi fare da solo. Io mi sono accorto che non sorridevo più: che senso ha lavorare se sei sempre incazzato? Al ritorno ho rallentato moltissimo, alcune cose le ho proprio chiuse, e cerco di ritagliarmi più tempo per me».
Vedendola partire da solo, sua moglie come ha reagito?
«Ha detto: “Beato te”. In India ci siamo già stati tre volte insieme, l’abbiamo girata in lungo e in largo in macchina. Quest’anno, purtroppo, siamo stati costretti a fare vacanze separate: io, tornato dall’India, ho ripreso a lavorare il 5 agosto, lei ha smesso l’8».
Che effetto ha avuto, il viaggio, sul vostro rapporto?
«La fase più delicata è stata il rientro, perché ho fatto il punto anche su di noi, sui nostri veri problemi, quelli nascosti sotto le sovrastrutture che quotidianamente costruiamo. Nel bene e nel male, quando stai insieme da tanti anni si creano dinamiche incancrenite. Abbiamo discusso ferocemente. L’ideale sarebbe stato condividere quell’esperienza, invece io ero centrato e lucido, lei nel bel mezzo del lavoro, con l’adrenalina alle stelle. Ma credo che anche Myriam, alla fine, ne abbia beneficiato. Spero che riesca a staccare presto, a novembre dovremmo riuscire a prenderci una pausa insieme. Sto persino cercando di convincerla a vivere per un po’ all’estero, magari a Londra, per fare un’esperienza che apra la mente. È dura perché lei, come tutti i romani, è molto legata alla sua città e al suo ambiente, ma sono a buon punto».
Il vostro rapporto, a dar retta ai giornali, sarebbe per l’ennesima volta in crisi.
«Prima dell’ultima paparazzata, Myriam mi aveva avvisato: “Sto andando a cena con un amico che ho conosciuto l’altro giorno, ho i paparazzi alle costole, usciranno delle foto, ti avviso così non ti incazzi”. Ci siamo abituati, di qualcosa i giornali devono scrivere, ma sono anche gli ultimi a sapere le cose vere. Myriam sa di chi essere gelosa, io so di chi potrei esserlo, e non sono i nomi che circolano».
Le donne impazziscono per lei, eppure è sua moglie a scatenare di più il gossip.
«Se fossi geloso di natura, non potrei stare con Myriam. Lei è molto fisica, flirta bacia e salta addosso ai suoi amici, è così da quando la conosco. Tra l’altro, andando più d’accordo con gli uomini che con le donne, ha molti amici maschi, quindi è normale che esca con loro. Io, al contrario, faccio fatica ad avere amiche donne, si instaura subito una dinamica di seduzione che preferisco evitare».
Non pensa che ci possa essere la stessa dinamica tra Myriam e i suoi amici?
«Myriam è seduttiva, è femmina. Questa è la sua natura, inutile cercare di cambiarla. Il mio amico indiano direbbe: non puoi far stare il Gange in un bicchiere. Ma io l’ho scelta anche per questo. E se penso alle altre mie fidanzate importanti, due in tutto prima di lei, mi accorgo che erano molto simili, quindi evidentemente la donna controllata non fa per me».
Luogo comune vuole, per un uomo, l’amante femmina e la moglie – spesso anche madre dei figli – castigata.
«Infatti ho i capelli bianchi (ride, ndr). Ma è una scelta stare con una persona che per certi versi è il mio esatto opposto, io tranquillo, lei così vivace. Gli amici mi sfottono perché la lascio andare in discoteca da sola. A me però fa più paura la casalinga con due figli che si fa la storia con l’insegnante di Pilates, o quello che succede nelle corsie degli ospedali tra medici e infermiere. Lei invece magari va a cena fuori, o a far festa, poi però torna sempre a casa».
Chi è più geloso tra voi due?
«Lei, ma è normale, io sono “venduto” come un prodotto sexy, devo acchiappare il pubblico femminile. Nella realtà ho già dato tutto, ma veramente tutto, prima dei 26 anni, quando facevo il barman in discoteca. Non ho più sfizi né curiosità da togliermi. E poi, come dico sempre a mia moglie, una caduta di virtù, in una vita insieme, può succedere, ma non potrei mai avere una relazione parallela. Non saprei come fare, andrei in crisi, mi verrebbe subito l’eritema dopo».
Certo con la Felberbaum, nel film, siete credibili.
«Per fare l’innamorato, e farlo bene, l’attrice ti deve piacere. E capisco che un partner possa essere geloso: non tanto dei baci o delle scene di sesso, quanto di certi sguardi, che nella vita sono solo suoi».
De Rossi lo era?
«Sarah dice di sì. Ma io sono sempre correttissimo sul set: tranquillo, Daniele».
Lei ha spesso detto di voler diventare padre.
«Quello è un progetto che ci ha sempre legati, Myriam e me: quando Dio vorrà, arriveranno. Un po’ di tempo fa lo sentivo come un’urgenza, oggi lo vivo in modo più rilassato, anche perché ho capito che pensarci troppo è controproducente. Myriam, come me, tiene molto alla sua affermazione personale, al lavoro, all’indipendenza, e l’aver corso in questi anni come due schegge impazzite, forse, non ha aiutato a creare le condizioni giuste per un figlio. Ma se riusciamo entrambi a essere meno aggressivi nei confronti della vita, a distenderci, sono convinto che arriverà».
Anche proprio per l’assenza di figli, un legame duraturo come il vostro, per una coppia di attori, è una rarità.
«È vero che i figli sono un collante in più, ma per me il matrimonio è un valore in sé, e non solo perché sono cattolico: ho sempre pensato che affrontare il mondo in due sia più semplice che da solo. Dopo tanti anni, poi, il sé diventa quasi indistinguibile dal noi, è come se ci fosse uno scambio di organi, una compenetrazione vera. È una scelta radicale, e capisco chi non riesce ad arrivarci, perché non è solo questione di sentimenti, è un fatto quasi biologico: prendi il suo Dna e lo fai tuo. Diventa difficile anche solo immaginarsi una vita senza l’altro».
Allora al cinema non ci fa: è romantico davvero.
«Come puoi pensare che ci credano gli spettatori, se non ci credi tu?».