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 2015  settembre 17 Giovedì calendario

IL BRASILE CADE GIA’ NEL CIRCOLO VIZIOSO RATING-AUSTERITA’ - 

Le recenti vicende economiche del Brasile dovrebbero far fischiare le orecchie a molti italiani, spagnoli o greci. Il Paese sudamericano è infatti entrato nello stesso circolo vizioso in cui si trovavano i Paesi del Sud Europa pochi anni fa: dopo essere stato declassato da Standard & Poor’s (che ha portato il rating al livello «spazzatura» settimana scorsa), il Governo brasiliano ha deciso di varare pesanti misure di austerità. Nei giorni scorsi ha infatti annunciato una manovra da 66 miliardi di real (composti per 40 miliardi da nuove tasse e per 26 da tagli alla spesa), con l’obiettivo di riportare il bilancio primario del Paese da un deficit dello 0,3% a un avanzo dello 0,7%.
A chi non fossero fischiate le orecchie, è utile ricapitolare la vicenda del Brasile, che è simile a quella di molti altri Paesi emergenti. Il Paese era, fino a non molto tempo fa, un miracolo economico. Era la «B» dell’acronimo Brics, che indicava i Paesi (in compagnia di Cina, India, Russia e Sud Africa) più promettenti. In realtà dietro il boom economico, favorito anche dalla politica monetaria ultra-espansiva della Fed Usa che faceva affluire immense quantità di capitali nel Paese, si celavano giganteschi squilibri. Ma, a quei tempi, nessuno se ne accorgeva: la Fed stampava moneta, i grandi fondi investivano i soldi freschi di stampa sugli alti rendimenti che il Brasile offriva e l’economia cresceva.
Purtroppo la festa ora è finita. La Fed ha smesso di stampare moneta e presto (forse già oggi) rialzerà i tassi d’interesse: questo ha causato negli ultimi mesi il rincaro del dollaro sul real e su molte valute emergenti, mettendo in affanno le tante imprese brasiliane indebitate in dollari. Si pensi al caso di Petrobras, gruppo petrolifero brasiliano, che ha circa il 50% del debito denominato in dollari o euro: più il real perde quota, più questo debito diventa grande. Poi i prezzi delle materie prime (che costituiscono il 48% dell’export brasiliano) sono tracollati: questo ha pesato sull’intero Paese. Infine la Cina, grande partner del Brasile, è entrata in affanno. Ha iniziato a rallentare, oltre le previsioni. Morale: il Paese è diventato agli occhi di tutti un colosso dai piedi d’argilla. Così i capitali hanno iniziato a fuggire e l’economia è piombata in recessione.
Settimana scorsa è arrivata Standard & Poor’s, con la mannaia del rating, a certificare la crisi. Tagliando il giudizio al livello «spazzatura» (BB+), S&P condanna il Paese a pagare tassi d’interesse sempre più alti sul suo debito. Se oggi la Fed dovesse decidere di alzare i tassi, la situazione potrebbe ulteriormente peggiorare. È per questo che il Governo brasiliano ha deciso di correre ai ripari, riproponendo la stessa ricetta che l’Europa ha sperimentato per anni: l’austerità. Più tasse e meno spesa, nella speranza che i mercati e le agenzie di rating tornino clementi. Ma l’austerità, si sa, ha molti effetti collaterali: rischia di peggiorare la recessione e di creare quella spirale viziosa che l’Europa conosce bene. Ora, chiudete gli occhi: non vi fischiano un po’ le orecchie?