
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Di Nazur Dadayev c’è in internet una bella foto, barba lunga, espressione disperata prossima al pianto, bocca semi aperta nell’affanno, capelli scarmigliati sulla fronte, tre sbarre bianche davanti alla faccia. È lui l’uomo che l’altro venerdì ha sparato a Nemtsov sul lungofiume Jauza?
• Perché l’avrebbe fatto?
La polizia crede alla pista islamica. Nemtsov aveva preso ufficialmente posizione per quelli di Charlie Hebdo, attaccando gli assassini di Parigi e, secondo gli inquirenti, questo sarebbe bastato a farne un nemico da sopprimere per la jihad locale. Con Dadayev è stato arrestato anche un Anzor Gubashev. Sono tutti e due ceceni, li hanno messi in carcere in Inguscezia, poi li hanno trasferiti nel distretto moscovita di Basmanny e qui il tribunale li ha incriminati formalmente per l’omicidio. Il giudice Natalia Mushnikova ha detto che Dadayev ha confessato, mentre Gubashev nega. Ci sono altri tre fermati, si proclamano innocenti, ma per ora restano in carcere. Un sesto membro del clan che avrebbe fatto fuori Nemtsov s’è fatto saltare in aria al momento dell’arresto dopo aver tirato una granata contro i poliziotti. Gubashev, 32 anni, e Dadayev, 33, sarebbero cugini. Gubashev era residente a Mosca dove faceva il sorvegliante in un ipermercato. Dadayev è stato per dieci anni membro del battaglione Sever, unità di polizia del ministero dell’Interno ceceno. Una complicazione di questo scenario è l’esistenza di un Zaur Dadayev, appartenente alla 46a brigata stanziata in Cecenia, decorato da Putin della medaglia al merito nel 2010. Ma se in quel periodo, come dicono le stesse fonti, il Dudayev arrestato in Inguscezia stava nel battaglione Sever?
• Come hanno fatto, in meno di una settimana, a metter le mani su costoro?
Sarebbero arrivati a questo gruppo partendo dalle telecamere che hanno ripreso la scena del delitto. Identificate tutte le macchine passate di lì in quei minuti, gli investigatori sono andati a chiedere a ciascun automobilista se non avesse a sua volta una qualche telecamera in funzione sul cruscotto. Da queste ulteriori registrazioni sono risaliti ai due. Stiamo riferendo le informazioni che provengono direttamente dalla polizia e non c’è al momento nessun altro tipo di notizia, se non prese di posizione di questo o di quello che battono però sul solito tasto di Putin mandante, abbastanza poco credibile data l’insignificanza politica dell’ultimo Nemtsov.
• Si dice però che fosse al lavoro su un dossier esplosivo riguardante le milizie russe in Ucraina.
Un altro oppositore di Putin, che si chiama Ilya Yashin, ha 32 anni e guida un movimento che si chiama “Solidarietà”, sostiene di essere in possesso di almeno una parte degli appunti di Nemtsov. «Parte del materiale di Boris è stata conservata dai suoi assistenti. Pezzo per pezzo, siamo riusciti a ricostruire il suo archivio. Questo materiale costituirà la base del dossier che pubblicheremo con il titolo che Boris aveva scelto: Putin e la guerra
. Nostro compito è confutare le bugie di Putin e aprire gli occhi della società russa sul fatto che i nostri soldati stanno morendo sul territorio amico dell’Ucraina». Yashin immagina che, rivelando ai compatrioti la presenza di soldati russi travestiti nell’Ucraina orientale, i russi si indignino e cessino di amare il loro zar. Ma è una pia illusione.
• Perché?
Un recente sondaggio, realizzato dall’Istituto Levada, mostra che solo il 13% dei russi considera utile al Paese una democrazia di stile occidentale. Il 16% preferisce una democrazia di tipo sovietico, e il 55% sostiene che l’unico governo democratico accettabile è quello che corrisponde alle «specifiche tradizioni nazionali russe». Vale a dire, il sistema Putin.
• Cioè, la dittatura.
Non proprio la dittatura, ma la «democratura», termine inventato da Predrag Matvejevic, cioè un misto di democrazia e dittatura, capace di tenere insieme «un impero multietnico grande quasi sessanta volte l’Italia con una popolazione pari appena alla somma di italiani e tedeschi, concentrata per i tre quarti nelle province europee, con l’immensa Siberia quasi disabitata a ridosso dell’iperpopolato colosso cinese» (Lucio Caracciolo). In altri termini, una realtà geopolitica con queste caratteristiche andrebbe in pezzi se dal centro non fosse governata con mano di ferro. Non è solo questione di Putin, lo dice tutta la storia russa. Quali sconquassi nel resto del mondo porterebbe lo sfaldamento di quel gigante? Dopo aver scritto e recitato tanta cattiva letteratura sulla tomba di Gheddafi, meglio non saperlo.
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