Il Messaggero, 9 marzo 2015
Un’altra terra è davvero possibile. Nella nostra galassia c’è un lontano cugino del mondo: si chiama Gliese 581 d, venne focalizzato nello spazio otto anni fa dal telescopio Kepler. Ora è arrivata la conferma degli scienziati. A vent’anni luce da noi su questo pianeta la temperatura dovrebbe essere costante e sarebbero presenti acqua e idrogeno. Dunque la vita
La Terra ha un pianeta lontano cugino nella nostra galassia, il cui nome è Gliese 581 d. Non ci siamo mai visti in faccia, né siamo sicuri che il rapporto di parentela sia così stretto come suppongono gli scienziati. Di fatto l’unico, labile segnale della sua esistenza è poco più di un singhiozzo sulla lunghezza d’onda di emissione della nano stella che gli dà luce.
Il primo annuncio della scoperta del pianeta fu dato otto anni fa dall’astronomo Stephane Udry, dell’Università di Ginevra. Il suo team aveva registrato con l’utilizzo di uno spettrometro una nuova interferenza nel segnale luminoso che proviene dalla stella al centro del sistema, intorno alla quale sapevamo già che ruotano tre altre masse celesti. Negli anni successivi la sua esistenza era stata messa in dubbio dallo studioso americano Pat Robertson, con il sospetto che l’interferenza fosse in realtà un sussulto magnetico della nano stella. Qualche giorno fa infine, una nuova ricerca condotta presso la Queen Mary University di Londra ha concluso che la tecnologia usata da Robertson è efficace solo per il rilevamento di pianeti di dimensioni ben più grandi, ed ha quindi riaperto il dibattito intorno alle caratteristiche fisiche di quello che potrebbe essere il primo esopianeta (fuori dal nostro sistema solare) a vantare una parentela stretta con il nostro.
IL VIAGGIO
La caccia di pianeti nella galassia è un impresa di dimensioni ingrate, nella quale uno dei più piccoli frammenti di masse conosciute: la Terra, sta cercando di orientarsi in uno spazio che misura 100.000 anni luce. Per cominciare a capire la vastità di questa ricerca, c’è da considerare che un anno luce è pari a 9.461 miliardi di chilometri, ovvero 63.000 volte la distanza che ci separa dal sole. Il sogno dell’esplorazione, che è antico quanto le pagine dell’Ulisse dantesco, ha ripreso vita nel 2009 con il lancio di Kepler, il primo telescopio spaziale inviato in orbita solare, con un ciclo di 372,5 giorni, appena più lento di quello della Terra, e operato dal centro spaziale di Boulder in Colorado.
Dall’inizio della sua missione, Kepler ha già identificato 1.700 pianeti, leggendo la luce in arrivo dalle stelle che sono al centro dei sistemi. Per la gran parte dei casi, i pianeti scoperti orbitano ad una distanza troppo vicina o troppo lontana alle rispettive stelle per essere considerati abitabili, ma per 13 tra loro, incluso Gliese 581 d, la distanza è quasi ottimale, tanto da far sperare la presenza abbondante di acqua, e di idrogeno nell’atmosfera.
CARATTERISTICHE
Gli astronomi sono ora a caccia di dettagli: hanno scoperto che la superficie è munita di rocce di vario profilo orografico (lo sappiamo perché la loro massa provoca perturbazioni magnetiche sull’orbita della stella). Hanno poi concluso che la circonferenza del pianeta è due volte più grande di quella del nostro, e che la sua massa è sette volte più densa, tanto da assicurare una protezione di miliardi di anni alla sua atmosfera. I modelli sviluppati per congetturare le condizioni ambientali di superficie parlano di una temperatura pressoché costante, e di una luce rossa che penetra l’atmosfera ricca di carbonio.
Elementi che suggeriscono l’esistenza di oceani, nuvole e piogge, in altre parole della possibilità concreta di vita. Se si aggiunge che queste prospettive fantastiche esistono alla distanza di ’appena’ venti anni luce da noi (47.000 volte la distanza che ci separa da Marte), la prospettiva di un incontro ravvicinato prossimo futuro diventa all’improvviso meno utopistico.
LE RADICI
È il sogno mai tramontato di Star Trek: un futuro nel quale l’uomo viaggerà per conoscere la Via Lattea e i suoi eventuali abitanti. La settimana appena conclusa ci ha fatto varcare una tappa fondamentale di questa epopea, quando la sonda Dawn dopo sette anni e mezzo e un viaggio di quasi 5 miliardi di chilometri è entrata nell’orbita del pianeta nano Cerere, un “fossile” del sistema solare. Se su Gliese 581 d cerchiamo il futuro dell’umanità, la possibilità di colonizzare altri pianeti, su Cerere cerchiamo invece le radici della nostra storia.
La sua massa è per composizione simile a quella che compone la Terra, Venere e Marte, cosa che gli permetterebbe di conquistare un’orbita stabile intorno al sole, ma le dimensioni ridotte non gli permettono ancora di affermarsi come una presenza dominante nella sua orbita. In questo ricorda il nostro sforzo di conoscenza dell’universo: in bilico tra la fragilità innata, e la forza del desiderio.