Corriere della Sera, 9 marzo 2015
Il brodo di Pavarotti, la delusione di Allevi e le chitarre di Lou Reed. Saturnino, il bassista di Jovanotti, si racconta: «Ho iniziato a suonare il rock con l’idea di rimorchiare»
«Ho iniziato a suonare il rock con l’idea di rimorchiare». È riuscito a fare entrambe le cose Saturnino Celani (anche se, assicura, da quando ha incontrato la sua fidanzata Vanna con la seconda attività ha chiuso) e lo racconta in un libro, Testa di basso scritto insieme al giornalista Massimo Poggini, in uscita il 12 marzo per Salani. Una playlist di ricordi, pensieri, confessioni.
Classe 1969, infanzia e adolescenza ad Ascoli, studi di violino all’Istituto Spontini, la scuola abbandonata dopo un brutto incidente e l’incontro casuale con lo strumento che gli ha cambiato la vita, il basso. Grazie a cui, racconta, ha rischiato di farsi picchiare da Sting («Ci fece incontrare il mio amico artista Robert Gligorov. Avevo 19 anni, non parlavo inglese e quando mi fece toccare il suo basso per l’emozione lo feci cadere a terra»), ha passato un pomeriggio da sogno a Lambrate con Lou Reed a ordinare chitarre da un leggendario liutaio, una serata al fianco di Wayne Shorter a New York ospiti della Verve, si è fatto imboccare da Pavarotti («La più grande rockstar di sempre, mi avevano tolto due denti del giudizio e lui mi faceva mangiare il brodino. Un’altra volta mi attaccò una delle sue parrucche di scena in testa»). E molte altre cose. Tenute insieme dal connubio ultraventennale con Lorenzo Cherubini con cui sta per iniziare le prove del tour che segue l’uscita di Lorenzo 2015 CC.
Poca voglia di citarsi addosso nel libro («Mi piace l’idea che esca esattamente vent’anni dopo il mio album solista che ha lo stesso titolo e la stessa copertina»), frutto di lunghe conversazioni con Poggini e una buona dose di sincerità. Sulla scelta del basso («Da adolescente il sogno era suonare con una band di ragazzi più grandi, gli Spit Fires. Cercavano un bassista. Ma se avessero avuto bisogno di un batterista sarebbe stato lo stesso»). Sull’amicizia e rottura con Giovanni Allevi. Insieme da bambini, ad Ascoli, poi insieme a Milano quando gli fece da produttore per il primo album 13 dita. Poi la rottura. «Nel suo libro parla di nonnismo riferendosi a me. È sempre stato convinto che tutti volessero fregarlo. Sono stato indeciso fino all’ultimo se raccontare la mia versione, per me è stata una grande delusione». «Amore a prima vista», invece, quello con Jovanotti. Che sulla fascetta del libro non misura le parole. «Saturnino è il più grande bassista dopo il Big Bang». Lui ricambia: «Come un fratello maggiore. Per sempre».
Pochi giorni fa si sono ritrovati insieme nei camerini della Rai per quattro ore, in attesa del loro turno a Che tempo che fa dopo Madonna. «La guardia del corpo mi ha sgridato perché cantavo. Ma se hai bisogno di tutto quel mistero e di 50 persone al seguito forse hai qualche problema...».