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 2015  marzo 09 Lunedì calendario

Ma la cura di Francoforte sarà efficace in tempi lunghi. La Bce è arrivata al Qe po’ in ritardo, per mille motivi, ma le sole aspettative hanno già prodotto effetti: l’euro è calato, i tassi pure, la fiducia è aumentata. I mercati, insomma, stanno dando una mano

Acquistare titoli di Stato per rivitalizzare l’economia. Non c’è altro dietro l’arcana formula del quantitative easing della Banca centrale europea, che inizierà oggi per finire a settembre 2016: è un’operazione da più di mille miliardi di euro, più di due terzi di quanto l’Italia produca in un anno.
L’obiettivo è far tornare l’inflazione al 2% annuo. Un livello considerato non troppo alto da mettere in difficoltà i lavoratori dipendenti, che altrimenti vedrebbero calare il loro potere d’acquisto; né i risparmiatori, che vedrebbero erodere il valore dei loro patrimoni. Neanche troppo basso, però, da mettere in difficoltà i debitori, che – se non hanno previsto la frenata dei prezzi – sarebbero costretti a produrre tanto di più per far fronte ai loro impegni. Il giusto, insomma, almeno nelle intenzioni. Oggi l’inflazione scende dello 0,3% annuo: è in parte l’effetto del calo del petrolio, ma è comunque troppo poco. Tra lo strumento, gli acquisti di titoli, e l’obiettivo, un’inflazione più alta, c’è tutta Eurolandia che deve mettersi in movimento: banche, imprese, lavoratori. Oggi è bloccata: i debiti hanno fermato molte iniziative. Per esempio gli investimenti privati, che tengono vivace l’economia e creano posti di lavoro; e quelli pubblici, che avrebbero potuto dare una mano.
A risolvere il problema non è rimasta che la Bce. Quando si tratta di stimolare l’attività, il suo compito è sempre ingrato. È un po’ come spingere un nastro, nel tentativo di farlo andare avanti: in realtà si piega, si solleva. In genere una Banca centrale abbassa i tassi “ufficiali”, applicati ai prestiti a sette giorni: l’obiettivo è incentivare gli investimenti. Quando, però, questi tassi arrivano a zero – e in Eurolandia sono ormai a zero – occorre inventarsi qualcos’altro.
Il quantitative easing serve a questo. Comprare titoli di Stato abbassa i tassi per le durate più lunghe, dai due ai 30 anni, più rilevanti per gli investimenti. Non è questo, però, l’unico effetto, né il più importante. Oggi i debiti bloccano l’attività economica. Occorre che il denaro torni a circolare. Come? A vendere i titoli di Stato saranno le banche, che ne posseggono in grandi quantità perché sono più sicuri. La Bce darà loro denaro liquido: si spera, allora, che non acquistino altri titoli di Stato, perché i tassi saranno calati, e che prestino soldi alle aziende. Creare tanto denaro fresco, inoltre, farà perdere valore all’euro: i prodotti esportati diventeranno meno cari, quelli importati più costosi. È un aiuto, anche se non duraturo. Come saliranno i prezzi? Daranno una mano le importazioni più care. Poi gli investimenti aumenteranno la domanda di beni, di servizi, di lavoro e questo spingerà al rialzo prezzi e salari. Ci vorrà tempo: in una situazione normale, le iniziative della Bce hanno effetto sull’attività economica dopo sei mesi e sull’inflazione dopo due anni. Oggi, dopo la grande recessione, i tempi sono più lunghi. In gioco ci sono anche le aspettative. Sembrano una cosa impalpabile, ma il loro ruolo è molto concreto. Nei contratti di lunga durata (mutui, prestiti, commesse, anche il lavoro) si tiene sempre conto dell’inflazione attesa, e non di quella attuale. Il futuro, almeno quello previsto, ha effetto oggi. La Bce ha notato che quando crea denaro fresco le aspettative salgono.
Funzionerà? Negli Usa e in Gran Bretagna ha funzionato. La Bce è arrivata al Qeun po’ in ritardo, per mille motivi, ma le sole aspettative hanno già prodotto effetti: l’euro è calato, i tassi pure, la fiducia è aumentata. I mercati, insomma, stanno dando una mano. I tempi non saranno rapidissimi, ma la strada della politica monetaria è questa.